Decreto di archiviazione, assenza di autorizzazione alla riapertura delle indagini ed imputazione coatta

AutoreAlessio Bellocchi
Pagine620-622

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  1. In sede di chiusura delle indagini preliminari, l'organo di controllo non può ordinare al pubblico ministero di formulare l'imputazione su un fatto già oggetto di pregresso provvedimento archiviativo reso dalla stessa autorità nei confronti della medesima persona, pena l'abnormità dell'atto. Tale principio è stato affermato dalla Corte di cassazione, sulla scia dell'insegnamento espresso dalla Corte costituzionale 1 e dalle Sezioni unite 2 che inibisce l'instaurazione di un nuovo procedimento qualora difetti l'autorizzazione alla riapertura di indagini oramai concluse.

  2. Per dare ordine ai passaggi motivazionali della decisione in commento è opportuno prendere le mosse dalla lettura dell'art. 414 c.p.p. In base alla disposizione codicistica, «dopo il provvedimento di archiviazione... il giudice autorizza con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico ministero motivata dall'esigenza di nuove investigazioni» (art. 414, primo comma, c.p.p.) 3; concessa l'autorizzazione, l'organo dell'accusa «procede a nuova iscrizione a norma dell'art. 335 c.p.p.» (art. 414, secondo comma, c.p.p.), sicché da tale momento iniziano a decorrere i termini indicati dall'art. 405 c.p.p. 4.

    Fin dall'entrata in vigore del codice, parte della dottrina ha sottolineato come l'art. 414 c.p.p. avesse attribuito, per la prima volta 5, efficacia preclusiva 6 al provvedimento di archiviazione, subordinando la possibile riapertura delle indagini preliminari alla ricorrenza di un presupposto oggettivo quale «l'esigenza di nuove investigazioni», da verificare in apposito procedimento 7.

    Tale esegesi ha trova successivamente l'avallo della Corte costituzionale la quale ha assimilato alle condizioni di procedibilità 8 l'autorizzazione alla riapertura delle indagini preliminari, rilevando come l'attuale codice di rito «assegna una efficacia (limitatamente) preclusiva al provvedimento di archiviazione» 9. Secondo la Consulta, «in carenza di autorizzazione del giudice a riaprire le indagini», è «da ritenersi precluso l'esercizio dell'azione penale... riguardante il medesimo fatto già oggetto di un provvedimento di archiviazione», cosicché essendo impedita la procedibilità è compito del giudice dichiarare con sentenza «che l'azione penale non doveva essere iniziata» 10.

    Nel solco della ricostruzione teorica operata dalla Corte costituzionale 11, si sono espresse successivamente le Sezioni unite che hanno ribadito come il provvedimento di archiviazione costituisca «una preclusione endoprocedimentale a qualsiasi iniziativa del pubblico ministero» per lo stesso fatto ascritto alla medesima persona, superabile con l'autorizzazione alla riapertura delle indagini prevista dall'art. 414 c.p.p. 12. La Corte di cassazione, inoltre, nell'affermare l'esistenza di tale preclusione endoprocedimentale ne ha precisato l'ambito di operatività in relazione allo «stesso fatto», intendendo con tale locuzione la notitia criminis che presenta il medesimo contenuto «sia sotto il profilo delle componenti oggettive dell'addebito (condotta, evento, nesso di condizionamento eziologico)» sia con riguardo a quelle soggettive, da identificarsi nel medesimo ufficio del pubblico ministero che ha sollecitato l'archiviazione nonché nello stesso giudice per le indagini preliminari che l'ha accolta 13.

    Secondo tale esegesi l'efficacia preclusiva del decreto di archiviazione - o dell'ordinanza non più soggetta ad impugnazione 14 - si riflette su un duplice piano: sull'esercizio dell'azione penale e sulle indagini. Sotto il primo profilo, la mancata autorizzazione alla riapertura delle indagini paralizza qualsiasi attività per il pubblico ministero come definita dagli artt. 326 ss. c.p.p., non solo impedendo l'esercizio dell'azione penale 15 ma anche ogni iniziativa cautelare 16. Sotto il secondo profilo, le indagini in assenza di autorizzazione sono da ritenersi inutilizzabili, colpendo la sanzione solo quegli atti che riguardano la medesima notitia criminis per la quale è stata in precedenza disposta l'archiviazione 17.

  3. In dottrina i contrasti relativi al rapporto di archiviazione-riapertura delle indagini si sono incentrate su due questioni: da un lato, richiamando il principio di obbligatorietà dell'azione penale, si è criticata la soluzione interpretativa proposta dalla giurisprudenza che ha riconosciuto efficacia ostativa al provvedimento di archiviazione; dall'altro lato, si è discusso sulle condizioni in base alle quali l'organo di controllo può autorizzare il pubblico ministero alla riapertura delle indagini secondo lo schema previsto dall'art. 414 c.p.p.

    A ben vedere le questioni sono strettamente connesse in quanto un'elastica interpretazione dei presup-Page 621posti per la riapertura delle indagini riduce conseguentemente l'efficacia preclusiva del provvedimento di archiviazione. Tutto ciò è reso ancor più difficoltoso dalla ambiguità semantica 18 della locuzione «nuove investigazioni» di cui all'art. 414, primo comma, c.p.p. che costituisce, ad un tempo, condizione normativa per la riapertura delle indagini, consentendo la rimozione dell'efficacia preclusiva dell'archiviazione, nonché criterio valutativo per il giudice investito della richiesta 19.

    Due sono le tesi al riguardo: l'una estensiva che, sulla scorta della Relazione al progetto preliminare al c.p.p. 20, ritiene sufficiente per la richiesta e l'autorizzazione un diverso apprezzamento in chiave accusatoria di quanto già conosciuto 21; l'altra restrittiva che ravvisa la legittimità della riapertura solo in presenza di un quid novi non valutabile al momento dell'emanazione del provvedimento archiviativo 22.

    L'opinione dottrinale da ultimo riportata sembra più conforme alla ratio della disciplina contenuta nell'art. 414 c.p.p. Ed infatti, l'istituto della riapertura delle indagini preliminari risponde ad una pluralità di esigenze: per un verso, il meccanismo va letto in stretto rapporto con le norme relative alla durata delle indagini penali, configurando uno sbarramento nei confronti di eventuali impieghi elusivi dell'archiviazione volti a liberare il pubblico ministero dal vincolo temporale e consentirgli sine die l'attività di ricerca 23; per altro verso, l'istituto conferisce stabilità agli esiti investigativi, prescrivendo le condizioni in base alle quali sia consentito al pubblico ministero esercitare l'azione penale dopo che il giudice per le indagini preliminari ha già considerato legittima la rinuncia ad agire per il medesimo fatto 24. Il fatto, poi, che il diritto dell'inquisito alla stabilità delle risultanze investigative sia garantito dal controllo da parte di un organo terzo sull'opportunità di riprendere l'attività inquirente 25, appare strumento in grado di arginare eventuali imputazioni azzardate dell'organo di accusa 26.

    Così al fine di non rendere il procedimento di cui all'art. 414 c.p.p. un «gratuito ossequio formale» 27, assicurando contemporaneamente al pubblico ministero la concreta possibilità di riaprire le indagini per lo stesso fatto, in virtù del principio di obbligatorietà dell'azione penale, e al giudice della fase investigativa di svolgere un effettivo potere di controllo (e se del caso di diniego) nei confronti della richiesta del pubblico ministero, è più ragionevole sostenere che il quid novi deve tendere ad una rivisitazione complessiva degli atti già presenti nel fascicolo del pubblico ministero 28. Un elemento di novità che, pur non assurgendo necessariamente a fonte di prova, sia in grado di modificare il quadro indiziario cristallizzato dal provvedimento di archiviazione 29.

  4. Ulteriore questione, che attiene proprio alla pronuncia in commercio, riguarda gli effetti sul piano processuale dell'azione penale esercitata in mancanza della prescritta autorizzazione alla riapertura delle indagini. Il problema trova la sua ragion d'essere nella particolare sinteticità dell'art. 414 c.p.p. che nulla dispone sul punto.

    Per una parte della dottrina, la mancanza di autorizzazione determina l'invalidità dell'azione esercitata dal pubblico ministero in quanto inficiata da nullità assoluta ex art. 179, primo comma, c.p.p. 30; viceversa, la tesi che nega l'efficacia preclusiva del provvedimento di archiviazione ritiene la piena validità dell'atto di esercizio dell'azione penale, pur essendo inutilizzabili gli atti d'indagine acquisiti in mancanza di autorizzazione 31.

    Sulla scia dei principi espressi dalla Corte costituzionale e dalle Sezioni unite, si è formata una linea interpretativa secondo cui in assenza di autorizzazione giudiziale sarebbe precluso l'esercizio dell'azione penale e quindi impedita la stessa instaurabilità di un nuovo processo, comportando la mancata autorizzazione della riapertura delle indagini l'inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero in ordine alla medesima notitia criminis per la quale è stata in precedenza disposta l'archiviazione 32. Secondo tale esegesi, condivisa dalla decisione in commento, siamo al cospetto di una condizione di procedibilità «innominata» di cui all'art. 345, secondo comma, c.p.p. pertanto in mancanza dell'autorizzazione a riaprire le indagini il giudice deve orientarsi verso un atto che dichiari il difetto di detta condizione 33.

    Ora, che il provvedimento di archiviazione abbia una limitata efficacia preclusiva è confermato dal dato normativo e in particolar modo dall'art. 414, secondo comma, c.p.p. La disposizione codicistica, prevedendo una «nuova iscrizione» a seguito della riapertura delle indagini, presuppone l'identità dell'ufficio del pubblico ministero procedente il quale a seguito dell'autorizzazione iscrive nuovamente nel registro la notizia di reato riguardante il medesimo fatto già attribuito alla stessa persona 34. In questa prospettiva sarebbe del tutto contraddittoria una richiesta di rinvio a giudizio relativa ad un procedimento inesistente poiché archiviato dalla procura ed in quanto tale non pendente nell'ufficio giudiziario 35...

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