Aspetti problematici del secondo comma dell'art. 328 C.P.

AutoreTania Ceccarini
Pagine661-663

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Con la sentenza che si annota il Tribunale della Spezia ha affrontato un delicato caso di rapporti tra il cittadino e la P.A.

La fattispecie in esame scaturisce dall'asserita mancata risposta ad un'istanza alla P.A. in materia edilizia, alla quale il pubblico ufficiale, trovandosi di fronte ad una richiesta priva di espressa diffida ad adempiere, aveva fornito soltanto risposta verbale.

Il giudice a quo si è posto in primo luogo il problema di identificare concretamente il comportamento da qualificare, ai sensi dell'art. 328 comma 2 c.p., anche alla luce della legge 86/90 1, come «non compimento dell'atto del suo ufficio e non risposta per esporre le ragioni del ritardo».

Sotto questo profilo il Tribunale della Spezia ritenne pregiudiziale stabilire se «la fattispecie penale di disamina non richied[esse] necessariamente una risposta scritta da parte del pubblico ufficiale o incaricato di P.S.».

In altri termini, la domanda che si pose fu se i connotati dell'art. 328 comma 2 c.p. si risolvessero nella «mancata attivazione o risposta del p.u. a seguito delle lettere racco- mandate inviate dal legale dell'interessato» e se «la risposta verbale del p.u. [fosse] da considerare valida ed idonea ad escludere nel caso l'integrazione dell'art. 328 (omessa risposta nei 30 giorni)» 2.

A questo proposito è opportuno sottolineare il carattere residuale del secondo comma dell'art. 328 c.p. rispetto all'omissione di atti d'ufficio prevista primo comma, anche se entrambe le ipotesi rientrano latu sensu sotto il denominatore comune del «mancato assolvimento di un atto del proprio ufficio».

In particolare, secondo la dottrina prevalente, l'omissione di per sè non consiste in una mera «inerzia» e neppure in un aliud facere, ma piuttosto nel «non compiere l'azione possibile che il soggetto ha il dovere di compiere» 3.

La citata dottrina attribuisce in particolare natura di «omissione propria» a tutti i casi in cui il soggetto investito di una richiesta, non si attivi per compiere l'azione coman- data.

Nel caso in esame si tratta di stabilire se la condotta del p.u. che si attivi prontamente, ma con una risposta verbale, integri il quod debeatur previsto dalla norma o, al contrario, se la forma scritta sia elemento indispensabile, perché possa considerarsi adempiuto l'obbligo.

Se è vero che anche nel caso dell'art. 328 comma 2 c.p. si riscontrano le caratteristiche tipiche dei reati di pura omissione o reati omissivi propri (tali sono appunto: il presupposto dell'obbligo di rispondere, la condotta omissiva di fronte a tale obbligo, il termine perentorio di 30 giorni entro il quale adempiere) 4 ed è altresì vero che, sotto il profilo soggettivo, si tratta di un tipico reato doloso 5, è vero nondimeno che il caso posto all'attenzione del Giudice della Spezia presenta una particolarità che permette di escludere a priori il dolo, in quanto addirittura il p.u., convinto di soddisfare il proprio dovere, tenne una condotta attiva rispondendo all'istanza del cittadino, ma solo verbalmente.

In sintesi, è da valutare se il comportamento della P.A. debba necessariamente essere circoscritta in una forma preordinata (atto scritto) e se quindi si venga a configurare come reato di omissione anche una condotta attiva che non si estrinsechi materialmente in una risposta scritta.

Per risolvere la questione, il Tribunale della Spezia ha percorso varie strade, tutte convergenti: in primo luogo, sulla scorta della migliore giurisprudenza ha individuato la necessaria correlazione tra l'omissione penalmente rilevante ex art. 328 comma 2 c.p. e l'espressa diffida ad adempiere. Di conseguenza, ha osservato che «affinché possa configurarsi il reato di rifiuto di ufficio nella formulazione di cui al secondo comma dell'art. 328 c.p. e possa conseguentemente qualificarsi come omissione penalmente rilevante il ritardo a provvedere, è necessario che la richiesta in esso prevista... abbia il contenuto di una espressa diffida ad adempiere» 6.

Il Tribunale della Spezia pare ben consapevole dell'orientamento restrittivo della Suprema Corte, presente peraltro in una isolata pronuncia, secondo il quale «... la risposta prevista dall'art. 328 comma 2 c.p. deve rivestire la forma scritta», «... in base ai principi generali dell'ordinamento che richiedono la forma scritta per gli atti destinati ad essere controllati da un'autorità diversa e normalmente sovraordinata, ovvero... quando la verifica dell'esistenza dell'atto e del suo contenuto sia rimessa non all'autorità amministrativa, ma all'autorità giudiziaria; e ciò è conforme allo spirito della riforma di cui alla legge 86/90, con cui il legislatore ha inteso offrire ai cittadini una maggiore tutela nei confronti dell'operato della P.A.» 7, tuttavia ritiene che una simile interpretazione non risponda affatto all'esigenza di «evitare incertezza in ordine all'accertamento del reato stesso», perché da una parte individua una palese contraddizione tra il richiamo «ai principi della tassatività e determinatezza del precetto penale (costituenti corollario della riserva assoluta di legge sancita dall'art. 25 della Cost. in subjecta materia)» e dall'altra integra un'interpretazione «sostanzialmente in malam partem della condotta tipica, introducendo nel precetto un elemento ulteriore (la forma scritta della risposta) non previsto nella chiara normativa e restringendo in tal modo l'area del penalmente lecito nella fattispecie incriminatrice».

Se non vi è dubbio che l'area del penalmente persegui- bile non può essere ampliata ed è penalmente rilevante solo quanto previsto in modo esplicito dalla norma incriminante, secondo il classico brocardo nullum crimen sine lege poenali scripta et stricta, non si può non avvertire la forzatura di un'interpretazione dell'art. 328 comma 2 c.p. orientata ad affermare la necessarietà della forma scritta.

In particolare, preoccupa il contrasto di una simile operazione ermeneutica con l'art. 25 Cost., che, come è noto, sancisce il principio di tassatività e determinatezza della norma penale 7 8.

Non a caso, infatti, la norma tace circa la forma poiché la ratio che la ispira appare più tesa a perseguire la...

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