L'arbitrato nelle controversie di lavoro

AutoreAntonio Belsito
Pagine65-97
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1. Il tentativo di conciliazione e l’arbitrato. 2. La convenzione arbitrale. La
clausola compromissoria ed il compromesso. 3. L’arbitrato rituale ed irrituale.
4. L’arbitrato irrituale previsto nei contratti collettivi. 5. Facoltà delle parti
di adire l’Autorità Giudiziaria. 6. Del procedimento. 7. Il procedimento
cautelare nell’arbitrato. 8. L’arbitrato irrituale nei rapporti di pubblico im-
piego. 9. Il lodo: esecutorietà e sospensione. 10. Impugnazione del lodo:
limiti di poteri e competenze degli arbitri. 11. La giustizia sportiva nelle
controversie di lavoro.
LARBITRATO NELLE
CONTROVERSIE
DI LAVORO
CAPITOLO 3
SOMMARIO
1. Il tentativo di conciliazione e l’arbitrato
Sia la conciliazione stragiudiziale che l’arbitrato (rituale o
irrituale) conf‌igurano vere e proprie procedure di composizione
delle vertenze di lavoro, ovvero svolgono una “funzione di accer-
tamento convenzionale dei diritti controversi”94.
94 Così E. GHERA, Diritto del Lavoro, Cacucci, Bari 2002, 452.
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A differenza della procedura del tentativo di conciliazione (che
consiste nell’invito alla comparizione personale delle parti dinanzi
la Commissione soltanto allo scopo di tentare la composizione
bonaria della vertenza), con il procedimento dell’arbitrato le parti
scelgono di risolvere la controversia insorta, ovvero insorgenda,
deferendo concordemente tale decisione ad un arbitro o ad un
collegio arbitrale.
L’arbitrato è stato concepito dal legislatore come procedura
giudiziale privata (cioè non demandata al Giudice statale precosti-
tuito per legge), atta a perseguire, contestualmente al tentativo di
conciliazione95 l’obiettivo di ridurre l’intenso f‌lusso di contenziosi
giudiziari fungendo così da “f‌iltro”.
Trattasi sostanzialmente di una soluzione alternativa alle
controversie in sede giudiziaria che in tal modo pervengono a
soluzione, verosimilmente in tempi più brevi, nel pieno rispetto
del principio di economia processuale.
In generale, le controversie sottoposte all’arbitrato devono es-
sere decise secondo le norme di diritto (art. 822 c.p.c.) salvo che
le parti abbiano disposto con qualsiasi espressione che gli arbitri
pronuncino secondo equità (purchè sia consentito dalla legge).
Quest’ultima possibilità, tuttavia, non risulterebbe essere
applicabile alle controversie di lavoro invero risolvibili solo se-
condo le norme di diritto, salvo i recenti interventi del “Collegato
Lavoro”.
È da tempo che gli operatori del diritto ritengono che per
risolvere o ridimensionare i gravi problemi di ingestibilità dei
contenziosi, che aff‌liggono gli uff‌ici giudiziari, sia necessario
rivolgersi sempre più a collegi arbitrali, al punto che non è raro
udire frasi del tipo: “il futuro è nell’arbitrato!”.
L’arbitrato, infatti, istituto “in f‌ieri” ed in continua evoluzione,
per molti giuristi rappresenta la scommessa del futuro e lo stru-
mento per risolvere i problemi inerenti la tutela giurisdizionale dei
diritti, in particolare di quelli relativi alle controversie di lavoro.
Già circa duemila cinquecento anni fa, in un’opera intitolata
“Retorica”, Aristotele sosteneva che le soluzioni arbitrali delle con-
troversie, perché decise secondo equità, presentavano maggiori
vantaggi rispetto a quelle in sede giudiziaria.
Ma, come già detto, tali vantaggi per le controversie di lavoro
non sono ipotizzabili, atteso che le stesse possono essere, anche
95 Oggi reso obbligatorio a seguito della riformulazione della rubrica e del primo comma
dell’art. 410 c.p.c. sostituito dall’art. 36 D.lgs. 80/98 poi parzialmente modif‌icato dall’art.
19 comma 8 D.lgs. 387/98.
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in sede arbitrale, risolte soltanto secondo le norme di diritto,
sebbene prima dell’entrata in vigore della L. 604/66 (norme sui
licenziamenti individuali) il D.P.R. 14/07/1960 n. 1019, che recepi-
va l’accordo interconfederale 19/10/1950 relativo ai licenziamenti
individuali in tema di procedura dell’arbitrato, prevedesse la
possibilità di decisioni secondo equità.
La Corte Costituzionale con sentenza n. 50 del 26/05/1966
aveva ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale
in riferimento all’art. 76 Cost. per la parte normativa dell’accordo
recepito.
In particolare, in quell’accordo si faceva riferimento al ricorso
al Collegio di conciliazione ed arbitrato che giudicava secondo
“equità” nelle controversie sui licenziamenti individuali.
La decisione della Corte Costituzionale, così interessante tanto
da essere oggetto di esame e autorevoli spunti critici96, risultava
pian piano perdere in incisività non solo per via dell’intervenuto
rinnovo dell’accordo interconfederale conclusosi il 21/04/1965
quanto soprattutto a causa delle disposizioni contenute nella
intervenuta legge sulla giusta causa e giustif‌icato motivo” nei
licenziamenti individuali (approvato con L. 15/07/1966 n. 604),
che hanno inciso non poco sulle questioni di legittimità costitu-
zionale riguardanti il recepimento erga omnes di quell’accordo
interconfederale in relazione all’art. 76 Cost..
La legge sui licenziamenti individuali infatti entrava in vigore
solo due mesi dopo la pubblicazione della citata sentenza riuscen-
do così ad innovare ogni precedente disciplina.
* * * * * * * *
Poiché le controversie di lavoro, in sede giudiziale, non possono
oggettivamente essere risolte nel corretto rispetto dei termini stabiliti
dalla disciplina della L. 533/73 (anche perché il processo del lavoro,
per parecchio tempo, dopo gli anni ’80, non ha occupato un ruolo
essenziale tra le problematiche giudiziarie da risolvere, venendo
invece “snaturato” da un’alternanza tra disapplicazione o allarga-
mento delle iniziali regole rigorose del processo) il legislatore, anche
per porvi rimedio, ha dapprima imposto la procedura del tentativo
obbligatorio di conciliazione presso la Direzione Provinciale del
Lavoro – istituto abrogato con la L. 4/11/2010 n. 183 – e poi, nella
consapevolezza di aver creato uno strumento di composizione dei
96 G. VENETO, L’arbitrato nei licenziamenti individuali e la legittimità costituzionale
del D.P.R. 14/07/1960, n. 1011, in Rivista Trimestrale Diritto Processuale Civile, Trieste
1967.

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