Appunti essenziali intorno agli effetti indotti dalla sentenza della corte costituzionale sull'ammissibilità del ricorso a mezzo posta avverso I provvedimenti irrogativi delle sanzioni amministrative

AutoreAldo Carrato
CaricaMagistrato, Foro di Salerno
Pagine441-443

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Con l'importante sentenza n. 98 del 2004 1 la Corte costituzionale ha stabilito - in linea con l'applicazione dello stesso presupposto fondante esteso ad altre aree di tutela giurisdizionale 2 - un rilevante principio che sicuramente agevola il cittadino nell'esercizio dell'accesso all'autorità giudiziaria in tema di opposizione avverso i provvedimenti amministrativi irrogativi di sanzioni amministrative, ricadenti nell'alveo del paradigma procedimentale generale dell'art. 22 della fondamentale L. 24 novembre 1981, n. 689.

Con la richiamata sentenza di incostituzionalità, infatti, il Giudice delle leggi ha sancito, in effetti, la piena e legittima proponibilità del ricorso in sede giurisdizionale a mezzo posta, così determinando la caducazione dell'obbligo a carico dell'opponente di farsi necessariamente carico dell'onere di depositare in cancelleria l'atto introduttivo contenente la domanda giudiziale.

La portata diffusiva di questo innovativo principio implicante direttamente la declaratoria dell'illegittimità costituzionale della menzionata norma - nella parte in cui non consentiva l'utilizzo del servizio postale ai precisati fini - si valorizza maggiormente se si pensa che, anche in materia di violazioni al codice della strada, la modalità di presentazione del ricorso in ambito giurisdizionale è - ai sensi del nuovo art. 204 bis 3 del D.L.vo 30 aprile 1992, n. 285 - strutturata proprio sul modello stabilito dall'art. 22 della menzionata L. n. 689/1981, ragion per cui, anche con riferimento a questo vasto tipo di contenzioso, ora il cittadino ritenuto contravventore potrà ritualmente rivolgersi al giudice competente trasmettendo presso la sua cancelleria un ricorso anche semplicemente a mezzo del servizio postale (utilizzando, di norma, la raccomandata con avviso di ricevimento, allo scopo di precostituirsi la prova della rituale e tempestiva proposizione, oltre che dell'avvenuta ricezione da parte della cancelleria dell'autorità giudiziaria adita).

È opportuno, tuttavia, sottolineare che l'approdo al quale è pervenuto la Corte costituzionale non appariva affatto scontato, se si tiene conto, soprattutto, dell'orientamento non solo della pregressa giurisprudenza di legittimità e di merito sviluppatosi sul punto, bensì degli stessi giudici della Consulta...

La dottrina e la giurisprudenza, infatti, ritenevano - sulla scorta del quadro normativo antecedente alla sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale - che l'atto introduttivo del giudizio oppositivo in tema di sanzioni amministrative si dovesse identificare indispensabilmente con un ricorso debitamente sottoscritto e ritualmente depositato nella cancelleria del giudice competente nel quale si sarebbero dovuti individuare - requisito, quest'ultimo, peraltro rimasto intatto anche oggi - a pena di invalidità (nell'ottica generale del novellato art. 164 c.p.c., applicabile nella parte in cui è compatibile con la struttura del ricorso stesso), l'autorità giudiziaria dinanzi alla quale lo stesso è proposto e l'autorità amministrativa nei cui confronti è formulato, oltre al «petitum immediato» e alla causa petendi.

E proprio in virtù del presupposto che nella pratica giudiziaria il ricorso introduttivo del giudizio in esame - soprattutto quando avanzato personalmente dal soggetto legittimato - veniva inviato alla cancelleria dell'ufficio giudiziario competente a mezzo posta (così omettendo la formalità rituale del deposito confacente propriamente agli atti giudiziari), la giurisprudenza aveva avuto modo di occuparsi - in sede applicativa - del relativo problema, solo ora risolto con la sentenza in commento emanata dal Giudice delle leggi.

Nel quadro normativo pregresso si considerava che tale modalità di presentazione era da escludersi considerato che il deposito in cancelleria, mancando negli artt. 22 e segg. della L. n. 689/1981 una disposizione derogativa alle regole generali, costituiva il necessario strumento per portare all'esame del giudice adito l'atto d'impulso processuale, in base al ragionamento secondo cui il deposito medesimo sarebbe stato effettuabile a mezzo del servizio postale solo in presenza di una specifica norma che prevedesse la relativa modalità in alternativa a quella della consegna diretta a mani del cancelliere (quale l'art. 134 disp. att. c.p.c. inerente al deposito del ricorso per cassazione non suscettibile di applicazione analogica) 4.

La giurisprudenza, praticamente uniforme pronunciatasi al riguardo 5 nel panorama antecedente - pur nella consapevolezza della sostanziale semplificazione del rito previsto dalla L. n. 689 del 1981 - aveva asserito che, in difetto di ulteriori previsioni speciali e considerata in ogni caso la natura del giudizio medesimo (equiparabile ad un processo ordinario di cognizione, pur facendosi salve le espresse eccezioni), il privato che intendesse impugnare il provvedimento amministrativo sanzionatorio irrogatogli avrebbe dovuto uniformarsi alle regole che riguardavano le forme di introduzione del rito ordinario, con il rispetto, in primo luogo, dell'obbligo di procedere alla conseguente iscrizione a ruolo della causa, atto propriamente complementare alla costituzione (e, quindi, al deposito dell'atto introduttivo), che avviene attraverso l'osservanza degli adempimenti previsti dagli artt. 71 e 72 disp. att. c.p.c. 6. Page 442

In sostanza, perciò, veniva costantemente ripetuto che la spedizione per mezzo del servizio postale del ricorso introduttivo del giudizio di opposizione ad ingiunzione sanzionatoria amministrativa emanata ai sensi della legge n. 689 del 1981 alla cancelleria del giudice dinanzi al quale si proponeva la domanda integrava un'attività non prevista, in via generale, dall'ordinamento, per il «deposito in cancelleria» dell'atto medesimo e, quindi, sia per la valida costituzione in giudizio del ricorrente sia per la conseguente iscrizione della relativa causa nel ruolo generale civile. Sulla scorta di questa impostazione ne derivava che essa andava qualificata come radicalmente inidonea ad investire validamente il giudice della cognizione e della decisione, avente ad oggetto la domanda contenuta nell'atto introduttivo; conseguentemente, tale modalità di instaurazione della controversia era ritenuta insuscettibile di qualsiasi tipo di sanatoria, a nulla rilevando, in proposito, l'eventuale costituzione in giudizio dell'Amministrazione e la sua difesa nel merito 7.

Si prospetta conferente, peraltro, evidenziare al riguardo anche i profili attinenti alle prassi processuali che si erano venute a configurare in presenza di un ricorso...

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