Apposizione del termine, successione di contratti a tempo determinato e nuovi limiti legali (primi problemi applicativi dell'art. 5, commi 4-bis e ter, d.lgs. 368/2001)

AutoreArturo Maresca
Pagine641-669
Arturo Maresca
Apposizione del termine, successione di contratti
a tempo determinato e nuovi limiti legali
(primi problemi applicativi dell’art. 5, commi 4-bis e ter,
S: 1. La successione dei contratti a termine nella Direttiva 1999/70/CE. L’individuazione del fe-
nomeno da parte del legislatore nazionale. - 2. I nuovi limiti legali posti per prevenire gli abusi (art. 5,
c. 4-bis, d.lgs. 368/2001). - 3. L’ambito di applicazione soggettivo del limite legale dei 36 mesi. - 4. I
presupposti oggettivi, con particolare riferimento: a) alle tipologie contrattuali computabili. - 4.1. …:
b) al requisito delle mansioni equivalenti. - 5. I criteri di computo del limite dei 36 mesi. - 6. L’appli-
cabilità del limite legale ai contratti a termine nei settori del trasporto aereo e delle poste. L’inapplica-
bilità al contratto a termine dei dirigenti ed a quello stipulato dal somministratore di lavoro. - 7. La
sanzione della trasformazione a tempo indeterminato. - 8. I comportamenti in frode alla legge: l’uti-
lizzo di altri contratti di lavoro temporanei (somministrazione a tempo determinato, contratto di in-
serimento) e l’assegnazione a mansioni non equivalenti. - 9. Il limite legale di utilizzazione a termine
dello stesso lavoratore e le prospettive di evoluzione dell’interpretazione giurisprudenziale delle ragio-
ni legittimanti l’apposizione del termine. - 10. Il regime derogatorio del limite legale dei 36 mesi:
prof‌ili generali. - 11. Le deroghe stabilite direttamente dal legislatore per il lavoro stagionale (art. 5, c.
4-ter, d.lgs. 368/2001). - 12. Le ulteriori esenzioni collettive e l’individuazione legislativa delle fonti
abilitate (art. 5, c. 4-ter, d.lgs. 368/2001). - 13. La facoltà di deroga individuale assistita. Autonomia
individuale e concorrenza del duplice requisito dell’assistenza sindacale e del luogo (la DPL) di stipu-
lazione dell’ulteriore contratto in deroga.
1. Com’è noto la Direttiva 1999/70/CE non interviene sull’intera disciplina del
contratto di lavoro a tempo determinato, ma si concentra selettivamente su due precisi
obiettivi: «a) migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del
principio di non discriminazione; b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli
abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo
determinato»1.
La legge 24.12.2007, n. 247, intitolata «Norme di attuazione del Protocollo del 23
luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili,
nonché ulteriori norme in materia di lavoro e di previdenza sociale», persegue proprio que-
sto secondo obiettivo per la cui realizzazione viene posto il limite dei 36 mesi alla reite-
razione o, seguendo il lessico della Direttiva, alla successione dei contratti a termine
stipulati tra le stesse parti.
Al riguardo si deve ulteriormente precisare che, sempre secondo la Direttiva, gli
«Stati membri (…) dovranno (…) stabilire a quali condizioni i (…) rapporti di lavoro a
tempo determinato: a) devono essere considerati “successivi».
1 In tal senso v. la recente sentenza C. Cost. 4.3.2008, n. 44 (allo stato inedita) che, riprendendo la giuri-
sprudenza della Corte di giustizia (in particolare la sentenza 22.11.2005, nella causa C-144/04 Mangold),
precisa che la Direttiva «è circoscritta alla prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di
contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato».
642 Studi in onore di Edoardo Ghera
Il legislatore del 2007, dando seguito a questa riserva della Direttiva, qualif‌ica come
«successivi» tutti i «contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti» interve-
nuti tra «lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore».
In tal modo viene risolta la questione, avente natura preliminare, dell’identif‌icazio-
ne del fenomeno della successione dei contratti a termine. Fenomeno che, in astratto,
avrebbe potuto essere riferito dal legislatore nazionale non già ai contratti stipulati tra le
stesse parti, bensì a quelli accomunati dalla medesima causale, anche se intercorsi tra la
stesso datore di lavoro, ma con diversi dipendenti.
Questa scelta – chiara ed univoca quanto all’opzione di assumere come oggetto
della disciplina legale la successione soggettiva e non quella causale (cioè caratterizzata
dalla identità delle ragioni giustif‌icatrici del termine) – porta con sé alcune implicazioni
che meritano di essere accennate e che si aggiungono all’osservazione più sopra formu-
lata della novità di tale scelta rispetto all’impianto originario del d.lgs. 6.9.2001, n.
368.Infatti se il legislatore avesse optato per la seconda alternativa, ponendo un limite al
susseguirsi di assunzioni a termine giustif‌icate dalla stessa causale (o da causali analoghe,
magari con esclusione di quelle intrinsecamente temporanee, come le sostituzioni degli
assenti), tale scelta avrebbe avuto l’ef‌fetto di dare vita ad una sorta di presunzione legale
di sopravvenuta inidoneità della causale per il venir meno del suo carattere temporaneo.
Nel senso che il ricorso, per un signif‌icativo arco di tempo (quello che avrebbe indivi-
duato il legislatore), a contratti a termine giustif‌icati dalla stessa causale avrebbe compor-
tato il disconoscimento legale della sussistenza di ef‌fettive esigenze di carattere tempora-
neo idonee a giustif‌icare l’assunzione di qualsiasi lavoratore.
In questo modo il requisito della temporaneità della causale sarebbe stato non solo
esplicitato, ma anche ricondotto ad un preciso ambito predef‌inito dalla stessa legge, con
la f‌issazione del periodo massimo all’interno del quale le assunzioni a termine, accomu-
nate dalla stessa (o analoga) causale, avrebbero potuto essere reiterate con lo stesso o con
dif‌ferenti lavoratori.
La conseguenza di una tale opzione – al di là delle dif‌f‌icoltà tecniche che avrebbero
dovuto essere risolte – sarebbe stata che il datore di lavoro, decorso un certo periodo di
tempo, non avrebbe più potuto assumere a termine per la stessa causale, dovendosi rite-
nere ormai stabilizzate le esigenze ad essa sottese da soddisfare, quindi, soltanto con as-
sunzioni a tempo indeterminato.
Il legislatore ha, invece, scelto un diverso approccio alla prevenzione degli abusi da
reiterazione delle assunzioni a termine, ponendo un limite a tali assunzioni quando riguar-
dano lo stesso lavoratore, senza tenere in alcun conto la ragione che valida il termine.
Quindi un limite soggettivo che riguarda quel lavoratore e prescinde completamen-
te dalla temporaneità delle causali a fronte delle quali i contratti a tempo determinato
sono reiterati. Ne consegue che, anche nel caso in cui le assunzioni a termine avvenisse-
ro tutte a fronte di conclamate ragioni temporanee (ad esempio sostituzione di dipen-
denti assenti per maternità), il divieto legale di assunzione di quel lavoratore opererà
comunque, con la conseguenza che il datore di lavoro dovrà, alla scadenza del limite dei
36 mesi, assumere a termine un diverso lavoratore.
Per questo specif‌ico aspetto la nuova disciplina è certamente più rigorosa di quella
abrogata dal d.lgs. 368/2001 che non poneva alcun limite alla reiterazione di contratti a

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