Note giuridiche ed antropologiche in tema di difesa legittima putativa determinata da colpa

AutoreMargherita Basile
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@1. La fattispecie concreta

Con la sentenza in commento la prima sezione della Corte di Assise di Milano ha riconosciuto Tizio (titolare di una tabaccheria) colpevole dei reati di omicidio colposo e di lesioni colpose, ai sensi degli artt. 59, comma quarto, e 589, ultimo comma, c.p., così modificata l’originaria imputazione (art. 81 cpv. e 56 - 575 c.p.), in danno di Sempronio e Mevio autori di una rapina in suo danno. Ha irrogato, per tali reati, la pena di anni uno di reclusione (e quella di un anno di reclusione per il porto di arma comune da fuoco) con il beneficio della sospensione condizionale della pena.

Tizio subisce una rapina ad opera di due malviventi all’interno della sua tabaccheria-bar. Nel corso dell’azione delittuosa, è fatto oggetto di intimidazioni, percosse, pugni e schiaffi così violenti da provocargli dolorose ferite al naso e la rottura degli occhiali da vista.

Nella fase terminale della rapina, caratterizzata da estrema concitazione, riesce ad impugnare la sua pistola, legittimamente detenuta e custodita nel retrobottega della tabaccheria, ed esplode quattro colpi due dei quali attingono gli aggressori alle spalle mentre si trovavano in prossimità della porta di uscita dell’esercizio, così cagionando il ferimento di uno di essi e la morte dell’altro.

@2. L’iter argomentativo seguito in motivazione sul requisito dell’attualità del pericolo

La motivazione adottata dalla Corte sul tema dell’art. 59, comma quarto, c.p. può così essere sintetizzata: “... Tizio ha iniziato a sparare. Ha esploso il primo colpo. E lo ha fatto in stato di legittima difesa. I due rapinatori gli stavano sottraendo l’incasso, non vi era, da parte loro, alcuna desistenza (il bottino lo abbandoneranno solo nell’attraversamento di Viale Porta Vercellina, mentre si accingevano ad imboccare la Via San Vittore) ed era ancora concreto il pericolo di aggressione. Sempronio, infatti, era ancora lì, nel bar, di fronte a Tizio. Non gli aveva ancora voltato le spalle per fuggire. Era lì e non si poteva ancora essere certi su cosa avrebbe dovuto fare: semplicemente fuggire o minacciare ancora una volta Tizio o prendersela con altre persone lì presenti. Era un uomo deciso e lo aveva appena dimostrato picchiando Tizio e sollecitando Mevio ad usare l’arma contro il tabaccaio ... Tizio non si è limitato ad esplodere un solo colpo ... Ne ha sparati altre tre. Due dei quali hanno colpito Mevio e Sempronio alla schiena. Quando erano all’interno del locale, ma quando già erano di spalle, erano nella luce della porta d’uscita ed erano già in fuga. Si era già chiusa la fase dell’offesa. Non vi era più un pericolo, di qualche concretezza, di aggressione. A quel punto, quei tre colpi, vengono sparati non in stato di legittima difesa ... Tizio, pertanto, finiva per colpire i due rapinatori alle spalle credendo di trovarsi ancora a doverli affrontare. Tizio, così sbagliando sulla nuova situazione di fatto che si era creata, aveva continuato ad esplodere colpi, non accorgendosi, per l’esplosione del vetro, da lui stesso determinata e per l’estrema rapidità dell’azione (sia sua, sia dei due fuggitivi) che, appunto, i due rapinatori erano in fuga. Credeva, quindi, di trovarsi al momento della esplosione degli ulteriori tre colpi, in una condizione che gli imponeva di difendersi. Ma sbagliava e tale errore non era incolpevole. Perché è evidente che la difesa con l’uso dell’arma deve sempre essere calibrata, colpo per colpo nella situazione di fatto esistente all’esatto momento di ogni singolo sparo”.

Secondo la sentenza in commento, dunque, Tizio ritenne per errore inescusabile la presenza del requisito dell’attualità del pericolo1; requisito che, al contrario, non sussisteva oggettivamente, perché, al momento della esplosione dei colpi, i malviventi erano in fuga.

Le valutazioni espresse in motivazione non sono condivisibili tanto sul piano strettamente giuridico-penale, quanto, ed ancor più, sul piano antropologico inspiegabilmente non considerato.

@3. Critica: a) sul tema della mancanza oggettiva del requisito dell’attualità del pericolo

La sentenza assegna al dato relativo alla localizzazione delle ferite riportate dai rapinatori valenza dimostrativa di una decisione (e di un inizio) di fuga.

La valutazione così espressa non ha pregio sul piano dell’interpretazione del requisito dell’attualità del pericolo2, atteso che occorreva dimostrare che il girarsi in direzione dell’uscita dell’esercizio (che costituiva l’unico dato di fatto certo della specie) fosse espressione di una fuga effettiva e priva di pericolosità attuale o potenziale nei confronti del soggetto direttamente offeso o di terzi e ciò, senza bisogno di fare riferimento, sul piano ermeneutico, alle modifiche intervenute sulla originaria disposizione dell’art. 52 c.p.3.

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La relativa indagine doveva essere condotta con riferimento al quadro normativo delineato dall’art. 628 c.p. e tenendo in debita considerazione gli approdi della indagine antropologica in subjecta materia.

Sul primo aspetto occorre porre mente al significato assegnabile alla disposizione di cui all’art. 628, comma secondo, c.p..

Tale norma, tradizionalmente conosciuta come rapina impropria, delinea un’ipotesi di comportamento caratterizzato da violenza o minaccia ad opera dell’autore della sottrazione, assistito da una componente soggettiva qualificata (il fine di assicurare a se o ad altri il possesso della cosa sottratta o di procurare a se o ad altri l’impunità)4.

Ciò significa che il Legislatore, evidentemente alla stregua di un’esperienza criminologica e sociologica consolidata, riconosce la ricorrenza di ipotesi di violenza o minaccia successive alla sottrazione della cosa, ipotesi che equipara, sul piano del disvalore, alla fattispecie descritta dal primo comma. Al riguardo è lampante l’assimilazione sul piano sanzionatorio del fatto in questione a quello previsto dal primo comma. Se così è, come sembra indubitabile, deve desumersi che il Legislatore considera anche la fase successiva alla sottrazione della res...

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