Libertà di antenna e disciplina condominiale nella legge n. 66/2001: Un intervento poco meditato

AutoreNino Scripelliti
Pagine355-356

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  1. - Continua, dopo le norme sul risparmio energetico e quella sul superamento delle barriere architettoniche 1, l'aggiornamento della disciplina condominiale, tuttavia, episodico, disorganico, privo di effettivo coordinamento con la restante disciplina, e sempre caratterizzato dalla implementazione dei poteri della assemblea e dalla corrispondente compressione delle proprietà individuali. E così in sede di conversione del D.L. 23 gennaio 2001 n. 5, recante «Disposizioni urgenti per il differimento di termini in materia di trasmissioni radiotelevisive analogiche e digitali, nonché per il risanamento (?) di impianti radiotelevisivi», disposta con legge di conversione 20 marzo 2001 n. 66, è stato introdotto l'art. 2 bis, il cui comma 13 stabilisce che: «Al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie ai sensi dell'art. 1120 del primo comma del codice civile. Per l'approvazione delle relative deliberazioni, si applica l'art. 1136, terzo comma dello stesso codice. Le disposizioni di cui ai precedenti periodi non costituiscono titolo di riconoscimento di benefici fiscali».

    Sembrerebbe semplice trarre dalla norma espressa dal comma 13, significati coerenti con la disciplina condominiale; ma così non è.

  2. - Tanto per cominciare, appare deprecabile la voga corrente consistente nel formulare le norme premettendo l'indicazione espressa di quelle che si ritengono le loro finalità, a guisa di una sorta di autogiustificazione della legge o anche, come nel caso del comma 13, della singola norma. Questo modo di legiferare è stato introdotto dai legislatori regionali, i quali non considerano che la motivazione espressa non è un elemento essenziale della legge, le cui finalità debbono essere desumibili, oltreché dalla relazione (o relazioni di maggioranza e minoranza) e dai lavori preparatori, dalla interpretazione delle singole regole nella loro relazione con i principi dell'ordinamento e con le norme che disciplinano la materia o il settore, mentre l'indicazione espressa di quelli che il legislatore ritiene gli scopi della legge, introduce un elemento non precettivo (estraneo quindi al comando in senso proprio della norma ed alla gerarchia dei canoni codificati di ermeneutica), che non contribuisce affatto a chiarire la portata del precetto legislativo.

    E difatti nel caso in esame, la finalità della norma («favorire la diffusione e lo sviluppo delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite . . . ») non vale, di per sé, a chiarire se gli impianti ai quali si riferisce la disciplina del comma 13, siano solo quelli emittenti o ripetitori, come si dovrebbe desumere dal fatto che il termine impianti è usato dalla legge (art. 1 comma 1; art. 2 nel titolo e comma 2; art. 2 bis, comma 2) solo come appartenenti ad aziende esercenti la radiodiffusione televisiva; se siano solo quelli connessi con la radiodiffusione dai satelliti e non altri pure finalizzati alla radiodiffusione; oppure, come parrebbe dalla dichiarata finalità e dal significato abbastanza implicito della legge e della norma, siano tutti gli impianti, e quindi sia quelli di emissione e/o ripetizione di segnali radiotelevisivi (ma non impianti della telefonia cellulare), sia gli impianti di ricevimento dei segnali provenienti dai satelliti, le così dette antenne paraboliche.

    Resta quindi abbastanza illogica, nella particolare prospettiva della norma, l'esclusione, per esempio, degli impianti tradizionali di ricevimento del segnale televisivo, che pure possono richiedere egualmente l'utilizzazione di parti comuni degli edifici condominiali.

    Ma, i problemi sono altri. In passato la strada della riduzione dei quorum partecipativo e deliberativo (con inevitabile riduzione delle garanzie per la minoranza) è stata seguita sia per finalità di contenimento dei consumi...

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