I soggetti antagonisti negli anni dell'uso alternativo del diritto

AutoreMarzia Barbera
Pagine69-85
Marzia Barbera*
I soggetti antagonisti negli anni dell’uso alternativo del diritto
S: 1. Soggetti o oggetti del diritto? - 2. La dottrina del lavoro degli anni ’70 in un’istantanea famo-
sa: l’analisi critica di Giovanni Tarello. - 3. Le ragioni della scelta privatistica del diritto sindacale ita-
liano: il diritto privato come strumento di libertà e come strumento di conservazione. - 4. La stagione
dell’autocritica e la “conservazione del padre” attraverso le teorie del contratto come equilibrio transi-
torio e del diritto promozionale come pratica del “doppio binario”. - 5. Lo Statuto dei lavoratori: dal
pluralismo immaginato al pluralismo reale. L’ingresso del sindacato nello spazio pubblico. - 6. L’inva-
sione dello spazio pubblico e la perdita di autorità del paradigma privatistico-ordinamentale.
1. Questo saggio è dedicato ad alcuni dei protagonisti centrali degli anni ’70 del
diritto privato e della stagione dell’uso alternativo del diritto che si svolse in quell’arco di
tempo: i lavoratori subordinati e le organizzazioni collettive che ne tutelano gli interessi,
in primo luogo le organizzazioni sindacali. Il predicato “antagonistiutilizzato nel titolo
avverte però che quelli a cui ci si riferisce non sono tanto soggetti giuridici, parti astratte
cui l’ordinamento giuridico attribuisce posizioni di potere o di soggezione, quanto, piut-
tosto, soggetti sociali, parti storicamente concrete di rapporti che hanno provocato il
tramonto di vecchie regole normative o ne hanno prodotte di nuove; individui e gruppi
che hanno, con la loro azione, tradotto fatti sociali in mutamenti normativi. Si tratta di
attori che furono centrali nell’analisi e nelle proposte di politica del diritto di un movi-
mento intellettuale che presentava se stesso come coscienza critica di un modo di produ-
zione fondato precisamente sull’antagonismo capitale – lavoro, e si pref‌iggeva il compito
di operare lo smascheramento di tecniche giuridiche volte a dissimulare, attraverso
l’astrazione dell’eguaglianza dello scambio, un rapporto di sfruttamento economico e di
subordinazione sociale1.
Tuttavia, questo scritto non tenterà neppure di ricostruire la stagione di aspri con-
f‌litti di cui questi soggetti furono protagonisti o il modo in cui questo pezzo della socie-
tà civile riuscì ad incidere sugli istituti giuridici attraverso i quali operano i meccanismi
del potere sociale, e non soltanto perché questa è materia soprattutto degli storici, dei
politologi e dei sociologi. Come Tarello avvertiva in una non dimenticata opera di quegli
anni, su cui tornerò più avanti, «i fatti accertati possono utilizzarsi in vario modo. Gli è che
i soli fatti non ci suggeriscono un determinato loro impiego né, tantomeno, i soli fatti produ-
cono norme o “discipline giuridiche”. Queste ultime possono venir prodotte utilizzando, va-
lutando, in vario modo, dei fatti. Quando di parla di fattori extralegislativi di produzione
del diritto non si parla, se non si vuol nascondere le cose, dei “fatti”, bensì si parla delle ope-
razioni di alcuni operatori giuridici»2.
* Questo scritto apparirà in Nivarra (a cura di), Gli anni settanta del diritto privato, Giuf‌frè, Milano,
2008.
1 De Giovanni 1973.
2 Tarello 1973, 169.
70 Studi in onore di Edoardo Ghera
Dunque i soggetti sociali antagonisti non parlarono con voce diretta attraverso il
diritto. Le azioni dei soggetti sociali, i loro desideri e aspirazioni entrano sempre nel di-
ritto attraverso la mediazione delle istituzioni e del ceto giuridico, che li rileggono e li
reinterpretano in funzione di una data operazione politica o prescrittiva. Per questa ra-
gione, sarebbe forse più giusto dire che per il diritto non esistono soggetti, ma solo og-
getti, e che il divenire da soggetti, oggetti del diritto è esattamente il prezzo che gli indi-
vidui e i gruppi debbono pagare per far valere il loro punta di vista e i loro interessi a
livello dell’ordinamento giuridico.
Così, benché i mutamenti sociali di cui questi soggetti antagonistici furono prota-
gonisti costituiscano precisamente i “fatti” da cui scaturirono negli anni ’70 norme e
discipline giuridiche radicalmente nuove in materia di lavoro e produzione, lo sguardo
di questo intervento è volto altrove, è volto ai tecnici del diritto, e principalmente alla
dottrina, che, utilizzando e valutando tali fatti sociali, li tradusse in fatti normativi, e, in
particolare, alla dottrina gius-sindacalista. Si tratta dunque, ne sono consapevole, di un
resoconto molto parziale. Non parlerò dei giudici, che furono anch’essi protagonisti
centrali di quella stagione e interlocutori privilegiati di quella dottrina, seppure non
sempre pronti ad ascoltarla; e non parlerò neppure del legislatore, che seppe governare i
mutamenti sociali e giuridici in maniera non prevista e forse non prevedibile. E, d’altra
parte, non parlerò neppure delle teorie giuridiche in materia di contratto di lavoro, se
non per segnalare che anche nel diritto del lavoro si realizza quell’incontro fra contratto
e organizzazione osservato nel corso del nostro dibattito in riferimento ad altri settori del
diritto privato, con la dif‌ferenza che nel diritto del lavoro quell’incontro genera un ri-
schio particolare, che è quello di risolversi in un aggravamento della posizione del debi-
tore - il prestatore di lavoro -, nel senso di renderne potenzialmente indef‌initi gli obbli-
ghi3. Di qui la tendenza a ridurre i termini dello scambio contrattuale ad uno scambio
secco lavoro-retribuzione, tendenza tutt’oggi ancora prevalente, nonostante essa si tra-
duca ormai, spesso, in un impoverimento della posizione debitoria, perché taglia fuori
dal contratto elementi che potrebbero valorizzare la persona del lavoratore (un tipico
esempio è la formazione quale oggetto di un diritto del lavoratore e di un corrisponden-
te obbligo del datore di lavoro).
Del resto, anche il saggio che Fabio Mazziotti dedica all’uso alternativo del diritto
del lavoro4, che fa parte della raccolta dei primi anni ’70 dedicata all’«autocomprensione»
di questa strategia5, pur partendo ritualmente dall’analisi delle «esigenze di emancipazio-
ne delle classi e degli strati sociali subordinati», si occupa di soggetti diversi dai soggetti
sociali, ed precisamente:
della dottrina, cui viene riconosciuto il merito di aver saputo ricostruire la “sostan-
za” del rapporto di lavoro, caratterizzato dalla subordinazione socioeconomica di
chi è sprovvisto dei mezzi produzione, ma cui viene anche imputato il demerito di
non essersi posto come obiettivo esplicito quello di rovesciare i rapporti di produ-
zione borghesi, ma solo di attenuarne gli aspetti più negativi;
3 Liso 1982, 49 ss.
4 Mazziotti 1973.
5 Barcellona 1973.

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