La riforma degli ammortizzatori sociali: l'ipotesi 'neocostituzionalista

AutoreDomenico Garofalo
Pagine415-437
Domenico Garofalo
La riforma degli ammortizzatori sociali:
l’ipotesi “neocostituzionalista
S: 1. Le ipotesi di riforma degli ammortizzatori sociali: i punti di convergenza. - 2. (Segue) I punti
di divergenza. - 2.1. L’ipotesi di riforma di Franco Liso (“veterocentralista”). - 2.2. Il modello di tutela
sociale nel mercato di Gian Guido Balandi (“veterocostituzionalista”). - 2.3. La proposta di riforma di
Michele Miscione (“neocentralista”). - 3. L’ipotesi di riforma delineata nel Protocollo 23.7.2007 e rece-
pita nella l. n. 247/2007. - 3.1. I trattamenti di disoccupazione totale. - 3.2. Gli strumenti di integra-
zione al reddito. - 3.3. Le modif‌iche di immediata applicazione. - 3.4. Una valutazione dell’ipotesi di
riforma del 2007. - 4. Il ruolo dell’autonomia collettiva nella riforma degli ammortizzatori sociali. -
4.1. I trattamenti di sostegno al reddito integrativi. - 4.2. I trattamenti di sostegno al reddito sostituti-
vi. - 4.3. I Fondi ex art. 2, c. 28, l. n. 662/1996. - 4.4. Il dif‌f‌icile rapporto tra Regioni e Fondi Bilate-
rali. - 5. Ammortizzatori sociali e federalismo. - 6. Alcune rif‌lessioni conclusive.
1. Di riforma degli ammortizzatori sociali il legislatore ha iniziato uf‌f‌icialmente a
parlare sin dal 1996, nell’art. 2, c. 28, della l. n. 662, una volta resosi conto della dif‌f‌i-
coltà di tenuta dell’assetto delineato dalla l. n. 223/1991. Nel decennio che ne è seguito,
escludendo l’iniziativa del 2007 oggetto specif‌ico della presente rif‌lessione, sono state
formulate ben quattro ipotesi di riforma e cioè, nell’ordine, quelle contenute: a) nella
Relazione f‌inale della Commissione Onofri del 28.2.19971; b) nell’art. 45 della l. n.
144/19992; c) nel DDL n. 1674/2002; d) nell’art. 2 del DDL AS n. 848-bis/20033.
Tenendo conto di tali ipotesi di riforma, emergono almeno cinque punti fonda-
mentali su cui pare possano formarsi larghe convergenze:
a) riordino e razionalizzazione del sistema, che attualmente è alquanto disorganico a
seguito di una stratif‌icazione normativa alluvionale4, aggravata dal recente sviluppo
1 Una brevissima ma esauriente sintesi della proposta di riforma della Commissione Onofri – dall’ A. con-
divisa nelle linee generali ma criticata per la sua indeterminatezza realizzativa – può leggersi in Liso 2008;
sul punto anche Liso 2005.
2 Anche di tale ipotesi di riforma Liso 2008, critica l’indeterminatezza ricavabile dalla genericità della delega.
3 Per un’analisi delle ipotesi di riforma succedutesi dal 1997 al 2003 si rinvia a Carabelli 2002, 47ss.; v.
anche Garofalo R. 2006, 677ss. Più in generale, sulle politiche del lavoro cfr. Treu 2006.
4 Liso 2008, che riecheggia il «caos» di miscioniana memoria. L’ultimo esempio della formazione alluvio-
nale della disciplina in tema di CIGS proviene dalla giuridif‌icazione di una causale d’intervento della CIGS
già emersa nella prassi amministrativa; si allude alla l. n. 291/2004 (art. 1) che ha individuato, scorporan-
dola dalla causale d’intervento della CIGS per crisi aziendale, la diversa e autonoma ipotesi della cessazione
di attività (Min. Lav. nota 19.5.2008, n. 6416, parla di un «tertium genus», rispetto alla crisi aziendale e alla
ristrutturazione) nella quale conf‌luiscono, invero, varie sottoipotesi, e cioè quelle della cessazione totale
dell’attività d’impresa, ovvero di un settore, ovvero di uno o più stabilimenti, o inf‌ine, di parti di stabilimen-
ti (sulla nozione di reparto e di strutture produttive comprese nell’unità produttiva, v. nota Min. lav.
19.5.2008, n. 6416); in questi casi alla CIGS può farsi ricorso onde evitare l’immediata attivazione della
procedura di licenziamento collettivo. L’intervento legislativo del 2004 colma una carenza dell’impianto
normativo del 1991 che prevede l’intervento CIGS per cessazione dell’attività solo nel caso di fallimento
dell’impresa (art. 3, l. n. 223/1991). Come già anticipato, il legislatore ha giuridif‌icato un’ipotesi già disci-
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degli ammortizzatori «carsici»5 o «in deroga»6, di fonte non legale bensì amministra-
tiva, essendosi attenuata la prassi delle “leggine”7;
b) estensione dell’ambito soggettivo di intervento degli stessi, con la copertura delle
aree totalmente escluse o ricomprese solo in via transitoria, anche a fronte della
dif‌fusione del lavoro cd. f‌lessibile (sistema universalistico di protezione)8;
c) rimodulazione delle tutele, con la eliminazione o, quantomeno, l’attenuazione del
dif‌ferenziale tra aree forti (mobilità) e aree deboli (trattamento ordinario con requi-
siti ridotti)9;
d) conseguente reperimento delle risorse f‌inanziarie necessarie ad alimentare il sistema
di tutele, per rispettare l’equilibrio di bilancio della spesa previdenziale;
e) collegamento inscindibile tra tutela della disoccupazione involontaria10 e compor-
tamento del soggetto tutelato, in funzione della sua rapida ricollocazione lavorativa
(c.d. condizionalità)11, da estendersi anche ai percettori del trattamento di disoccu-
pazione con requisiti ridotti per evitare «situazioni di azzardo morale»12.
2. Il punto sul quale non si registra, viceversa, altrettanta unanimità di consensi è
quello delle competenze, ove emergono sostanzialmente due modelli: un primo modello
plinata nella regolamentazione Ministeriale (d.m. 18.12.2002, n. 31826, che aveva sostituito il d.m.
20.8.2002, che aveva a sua volta modif‌icato il d.m. 2.5.2002). La disciplina introdotta nel 2004 è stata
implementata con il d.m. 15.12.2004 e con la circ. Min. Lav. 20.10.2004. Da non dimenticare altresì la
recente riproposizione della mobilità lunga con l’art. 1, c. 1189, l. n. 296/2006.
5 Liso 2008.
6 Miscione 2008a, 135 ss.; De Michele 2007, 863 ss.
7 Ed infatti la prassi delle leggine, secondo Liso 2008, non può dirsi terminata, come conferma il sostegno
ai lavoratori temporanei portuali previsto dal c. 1191 della l. n. 296/2006.
8 V. Miscione 2008a; Liso 2008, il quale sembra favorevole ad una tutela universale ma articolata su tre li-
velli di intervento, come previsto nella Relazione della Commissione Onofri: un primo livello per la sospen-
sione temporanea del lavoro; un secondo livello per la perdita del posto; un terzo livello, di carattere assi-
stenziale, da erogare esaurite le prestazioni erogate ai primi due livelli.
9 Liso 2008, def‌inisce l’attuale sistema «iniquo» perchè presenta forti sperequazioni di tutela tra le varie
categorie di lavoratori.
10 Liso 2008, rimarca l’importanza del requisito dell’involontarietà, valorizzato a seguito della esclusione, ex
art. 34, c. 5, l. n. 448/1998, del diritto al trattamento di disoccupazione nel caso di dimissioni non per
giusta causa, assumendo rilevanza anche la ragione per la quale si è prodotto lo stato di disoccupazione. La
scelta del legislatore, secondo l’autore, penalizza, in tal modo, la mobilità professionale, esercitando una
funzione di spinta alla f‌idelizzazione del lavoratore nei confronti dell’impresa che lo ha assunto; considera-
zione, invero, poco condivisibile in primo luogo perchè non è detto che la mobilità professionale richieda
un preventivo stato di disoccupazione; in secondo luogo perchè è discutibile addossare alla collettività,
sotto forma di trattamento di disoccupazione, le scelte individuali di mobilità professionale.
11 Secondo Liso 2008, per rendere ef‌fettiva la politica della condizionalità, più volte enunciata in relazione
alle ipotesi di riforma degli ammortizzatori sociali, è indispensabile una modif‌ica del quadro normativo in
tema di servizi all’impiego onde «irrobustire i compiti di servizio rispetto a quelli meramente burocratici»;
inoltre occorre eliminare la situazione d’incertezza che caratterizza il sistema attuale di condizionalità, arti-
colato in due regimi dif‌ferenti per mobilità e CIGS, da un lato, e trattamenti di disoccupazione, dall’altro
lato, nonché af‌f‌idato ad una gestione regionalizzata, col «pericolo di sperequazioni indotte da eventuali at-
titudini lassiste di determinate amministrazioni regionali».
12 L’espressione è di Liso 2008, che richiama a riprova l’esperienza del settore agricolo.

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