Gli ammortizzatori sociali di fonte collettiva: i fondi di solidarietà

AutoreStella Laforgia
Pagine565-594
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Gli ammortizzatori sociali di fonte collettiva:
i fondi di solidarietà bilaterali
Stella Laforgia
Norme commentate: art. 3, commi 4-16, 19-21,
42-47, l. 28 giugno 2012, n. 92.
SOMMARIO: 1. Introduzione: la “riforma” degli ammortizzatori sociali e la promozione degli am-
mortizzatori sociali di fonte collettiva. - 2. I fondi di solidarietà come species del genus “enti
bilaterali”. - 3. Il “precedente” normativo: i fondi ex lege 662 del 1996. - 4. Qualificazione
giuridica e autonomia/eteronomia delle fonti regolative. - 5. L’adesione al fondo e la contri-
buzione: questioni di legittimità costituzionale. - 6. Il modello “ordinario” di fondi di solida-
rietà. - 7. Il sostegno al reddito: le prestazioni ordinarie. - 7.1. (Segue). Le prestazioni integra-
tive e straordinarie. - 7.2 La formazione per riconversione o riqualificazione professionale. -
8. Il modello alternativo. - 9. Il modello residuale. - 10. La riconversione dei fondi di solida-
rietà già esistenti e le abrogazioni. - 11. Brevi osservazioni conclusive.
1. Le aspirazioni, in parte disattese, del c.d. governo tecnico, in materia
di ammortizzatori sociali, erano quelle di creare, dopo decenni di tentativi
non riusciti e rinvii, una riforma sistematica. Infatti, il corpus degli ammor-
tizzatori sociali, in Italia, si presenta composito e variegato, quando non con-
fuso e disomogeneo, risentendo fortemente della varietà ed eterogeneità dei
diversi settori produttivi, delle loro alterne vicende e delle ‘ricette’, dettate
sempre dall’urgenza, apprestate dal legislatore per affrontarle1.
Il progetto iniziale del governo, sfociato nella l. n. 92 del 2012, si pre-
sentava radicale nel voler ridurre il ricorso alla Cassa Integrazione Gua-
dagni, eliminare completamente la Cassa Integrazione straordinaria e in-
trodurre una tutela dello stato di disoccupazione involontaria, a carattere
universalistico2.
Tali propositi nati, evidentemente, dalla constatazione dell’utilizzo spes-
so distorto e improprio degli ammortizzatori sociali esistenti (infra, GAROFA-
LO, cap. III, sez. I), si sono, via via, affievoliti anche per effetto delle critiche
mosse all’impianto del disegno di legge da fronti opposti, quello sindacale e
imprenditoriale, accomunati, pur nella diversità assoluta di vedute, dalla pre-
occupazione dell’impatto di una riforma così drastica in una fase, come quel-
la attuale, di crisi economica, finanziaria e occupazionale (infra, GAROFALO,
cap. III, sez. I).
1 GAROFALO, 2012, 545 ss.; ID, 2008, 415 SS.; GRAGNOLI, 2012; DI STASI, 2011, 345 ss.; LISO,
2008, 597 ss.; ID. 1997, 1 ss.; MISCIONE, 2007, 695 ss.; BALLETTI, 2000.
2 CINELLI, 2012, 227 ss.; FERRARO, 2012, 3 ss.; VALLEBONA, 2012, 97 ss.; SIGILLÒ MASSARA,
2012, 587 ss.; ICHINO, 2012.
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Ridimensionato così l’impianto originario, appare ora in versione ‘legge-
ra’ e, persa la sua carica innovativa ed effettivamente riformatrice, la legge n.
92 si è limitata a sistemare, senza sistematizzare, gli istituti già esistenti, in-
troducendone uno nuovo, l’ASPI (Assicurazione per l’Impiego) (amplius, in-
fra, GAROFALO, cap. III, sez. I; ROMA, cap. III, sez. II).
Infatti, sono rimaste pressoché invariate le cause integrabili della Cigo e
Cigs; viene eliminata, a partire dal 2016, soltanto la Cigs per i dipendenti di
imprese assoggettate, ex art. 3 della l. n. 223 del 1991, a procedure concor-
suali. Quanto alla mobilità, istituto tradizionalmente destinato a prestare una
tutela c.d. esterna, cioè a favore di soggetti il cui rapporto di lavoro è cessato,
ne viene prevista la graduale abrogazione, a regime dal 1° gennaio 2017 (art.
2, c. 71 della l. n. 92 del 2012). A partire dalla medesima data (1° gennaio
2017), viene prevista l’abrogazione anche dell’indennità di disoccupazione
speciale per l’edilizia.
Gli altri strumenti a tutela della disoccupazione (l’indennità di disoccu-
pazione non agricola ordinaria e a requisiti ridotti) vengono ‘assorbiti’ dalla
nuova ASPI; rimane in vigore la disciplina sull’indennità di disoccupazione
agricola.
L’Aspi, però, benché concepita quale strumento di tutela a carattere uni-
versalistico, è in sostanziale continuità con l’assicurazione obbligatoria con-
tro la disoccupazione e perciò ne eredita i caratteri salienti e, inevitabilmente,
tutti i limiti. Infatti, essa non solo è differenziata a seconda dei requisiti dei
percettori (v. la mini-ASPI) ma, soprattutto, non ‘copre’ tutta la platea dei
soggetti disoccupati (si pensi ai lavoratori parasubordinati), tantomeno tutela
gli inoccupati.
Insomma, l’assetto dei ‘nuovi’ ammortizzatori sociali non ha lo slancio
per superare la sua, ormai intrinseca, frammentarietà e per risolvere in modo
sistematico il problema dell’estensione delle tutele ai soggetti esclusi per af-
frontare il quale, negli ultimi anni, sotto la spinta ‘emergenziale’ della pro-
fonda crisi occupazionale del nostro Paese, si è fatto ricorso ai c.d. ammor-
tizzatori in deroga3.
Ebbene, anche quel ‘ramo’ fluttuante e ingombrante costituito dagli am-
mortizzatori in deroga è rimasto in piedi, seppure anche in questo caso,
come per la mobilità, ‘soltanto’ fino a tutto l’anno 2016; evidentemente, a
causa della crisi in atto, il Governo ha voluto ancora mantenere quello
spezzone del sistema previdenziale a sostegno al reddito attraverso il qua-
le aveva demandato, per lo più alle regioni, il (tentativo di) completamento
degli strumenti tradizionali di sostegno al reddito statuali e, quindi, di natura
pubblicistica4.
3 ANDREONI, 2011, 359 ss.; BARBIERI, 2011, 379 ss.; MORO, 2011, 427 ss.; NUNIN, 2011, 407
ss.; GAROFALO, 2010; CURZIO, 2009.
4 CORBO, 2009, 188 ss.

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