Normativa ambientale e impianti di compostaggio rifiuti

AutoreCarlo M. Grillo
Pagine1039-1041

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La sentenza che si annota, pure essendo del tutto in linea con la consolidata ed unanime giurisprudenza concernente l'individuazione dei poteri del giudice in sede cautelare, offre qualche interessante spunto di riflessione con riferimento alla normativa in materia di ambiente nel campo ancora poco arato, almeno dai giudici di legittimità, dell'attività di compostaggio dei rifiuti.

Prima di addentrarci nell'analisi del caso esaminato dalla Corte Suprema è opportuno ricordare che col neologismo «compostaggio» si suole indicare la tecnica attraverso la quale viene controllato, accelerato e migliorato il processo naturale che subiscono le sostanze organiche una volta a contatto con la flora microbica normalmente presente nell'ambiente; il compostaggio avviene essenzialmente attraverso due fasi: quella «attiva» costituita dalla bio-ossidazione, in cui si ha l'igienizzazione della massa con intensi processi di degradazione delle componenti organiche più facilmente degradabili, e la maturazione, detta «fase di cura», durante il quale il prodotto si stabilizza arricchendosi di molecole umiche. Pur verificandosi in natura processi spontanei di compostaggio, tuttavia l'esigenza di ricorrere al c.d. compostaggio industriale è dettata dalla necessità di evitare modalità non rigorosamente controllabili e quindi i conseguenti rischi, giacché il processo spontaneo (naturale) si compie in maniera discontinua ed eterogenea e comunque in tempi molto più lunghi.

Il procedimento di compostaggio, incisivamente definito (Keener) come il «processo aerobico di decomposizione biologica della sostanza organica che avviene in condizioni controllate», genera un fertilizzante (organico, quindi) adatto a molteplici utilizzazioni agronomiche: il compost, scientificamente definito - secondo la vigente normativa sui fertilizzanti - «ammendante compostato misto».

Questo trattamento meccanico-biologico, ammesso per determinate categorie di rifiuti, entra a pieno titolo nel sistema di gestione dei rifiuti a livello europeo, in quanto la Comunità propugna la progressiva riduzione della percentuale di sostanza organica presente nei rifiuti da smaltire. Secondo la normativa nazionale poi (art. 6, comma 1 lett. h, D.L.vo n. 22/ 1997 e relativo allegato C -cod. R3, nonché art. 33, comma 8, lett. a, del citato decreto, ed anche ai sensi del nuovo D.L.vo n. 152/2006), la produzione di compost di qualità rientra espressamente tra le attività di recupero di rifiuti.

L'impianto di compostaggio, quindi, è un insedia mento per il recupero di determinate categorie di rifiuti non pericolosi. Che abbia in genere carattere industriale si evince, oltre che dalla specifica tipologia di tali impianti, anche dalla lettera della legge: il decreto Ronchi, all'art. 31, riguardante le «procedure semplificate» di recupero rifiuti, stabilisce infatti (comma 6) che la costruzione di impianti che recuperano rifiuti (e quindi anche di quelli che produconoPage 1040 compost) nel rispetto delle condizioni, delle prescrizioni e delle norme tecniche stabilite ai precedenti commi 2 e 3, «è disciplinata dal...

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