Altri procedimenti speciali

AutoreMassimiliano di Pirro
Pagine451-468

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@1 Procedimenti speciali di attuazione di diritti potestativi

Nell’ambito dei procedimenti speciali non contenziosi ve ne sono taluni rivolti a dare attuazione a diritti potestativi, ossia a diritti che non hanno come contenuto una pretesa del titolare nei confronti della controparte, ma che si concretano nel potere di produrre determinati effetti giuridici indipendentemente dalla volontà altrui. In questi casi, il giudice non risolve una controversia ma dà attuazione alla volontà del titolare del diritto stesso, e per tale motivo la dottrina (SattaPunzi) li qualifica "procedimenti di attuazione di diritti potestativi".

@2 Scioglimento delle comunioni

Gli artt. 784-791 c.p.c. disciplinano il procedimento di scioglimento delle comunioni, attraverso il quale ai contitolari del bene vengono attribuiti determinati beni, in natura o in denaro, in sostituzione della quota ideale spettante a ciascuno di essi.

La divisione può essere chiesta da ciascun contitolare (art. 1111 c.c.) e dà vita ad un procedimento caratterizzato dal litisconsorzio necessario, essendo diretto ad attribuire a ciascun compartecipe, in sostituzione della quota ideale sul bene, un diritto di proprietà esclusiva su determinati beni.

Il diritto alla divisione è un tipico diritto potestativo, e ciò spiega perché il procedimento divisorio rientra, come accennato, tra i procedimenti volti a dare attuazione a tali diritti.

Il procedimento di scioglimento della comunione si introduce con atto di citazione indirizzato al giudice competente, ovvero al tribunale in caso di beni immobili ed al giudice di pace o al tribunale (a seconda del valore dei beni) in caso di beni mobili.

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territorialmente competente è il giudice del luogo nel quale si trovano i beni o la maggior parte di essi (art. 23 c.p.c.), a meno che si tratti di divisione ereditaria, nel qual caso sarà competente il giudice del luogo nel quale si è aperta la successione (art. 22 c.p.c.).

Una volta introdotto, tale procedimento può svolgersi secondo due modalità:

- non contenziosa, qualora vi sia la possibilità di una divisione concordata o comunque non contestata;

- contenziosa, se sorgono contestazioni sul diritto alla divisione o viene negata la comproprietà del richiedente oppure l’entità della sua quota.

La valutazione dell’iter da seguire è affidata al giudice istruttore, il quale, alla prima udienza, valuta l’esistenza o meno di contestazioni sul diritto alla divisione (ad esempio, uno dei comproprietari nega l’esistenza del diritto di comproprietà in capo al soggetto che ha richiesto la divisone).

Se non sorgono contestazioni sul diritto alla divisione, essa è disposta con ordinanza dal giudice istruttore (art. 785 c.p.c.).

In presenza di contestazioni, invece, queste sono decise dal giudice con sentenza definitiva (se dichiara l’insussistenza del diritto alla divisone) o non definitiva (se ritiene sussistente il diritto alla divisione).

Dopo l’emissione dell’ordinanza del giudice istruttore (in caso di assenza di contestazioni) o dopo la sentenza non definitiva che ritiene sussistente il diritto alla divisione (in presenza di contestazioni), hanno inizio le operazioni di divisione, effettuate dal giudice istruttore o dal notaio delegato dal giudice (art. 786 c.p.c.).

In particolare, il giudice predispone un progetto di divisione, lo deposita in cancelleria e fissa l’udienza di discussione del progetto, ordinando con decreto la comparizione dei condividenti e dei creditori intervenuti (art. 789, 1° comma, c.p.c).

Il decreto è comunicato alle parti (anche a quelle contumaci) e, se non sorgono contestazioni, il giudice dichiara esecutivo il progetto con ordinanza non impugnabile (soluzione non contenziosa); se invece sorgono contestazioni, sulle questioni sollevate si svolgerà l’eventuale fase istruttoria e le stesse saranno risolte con sentenza.

Nel corso del procedimento di divisione può presentarsi la necessità di:

- procedere alla vendita di beni mobili (qualora, ad esempio, non vi sia denaro per soddisfare i debiti della massa verso terzi): in tal caso, il giudice istruttore o il professionista delegato procede a norma degli artt. 534 e ss. c.p.c., ossia secondo le forme del processo di esecuzione forzata, se non sorgono contestazioni sulla necessità della vendita; se, invece, sorgono conte-

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stazioni, il giudice istruisce la causa e la sentenza disporrà, eventualmente, anche la vendita (art. 787 c.p.c., come modificato dalla L. n. 263/2005);

- procedere alla vendita di beni immobili, nel qual caso il giudice istruttore, se non sorge controversia sulla necessità della vendita, provvede con ordinanza a norma dell’art. 569, 3° comma, c.p.c. Se, invece, sorgono contestazioni sulla necessità della vendita, queste sono decise dal giudice con sentenza, con la quale eventualmente disporrà anche la vendita (se le contestazioni sorgono davanti al professionista delegato, questi deve rimetterle al giudice istruttore). La vendita si svolge davanti al giudice istruttore (art. 788 c.p.c., come modificato dalla L. n. 263/2005).

Se la formazione del progetto di divisione è affidata ad un notaio (art. 791 c.p.c.), questi redige un unico processo verbale delle operazioni effettuate. Formato il progetto delle quote e dei lotti, se le parti non si accordano su di esso, il notaio trasmette il processo verbale al giudice istruttore, entro cinque giorni dalla sottoscrizione.

Il giudice fissa l’udienza di comparizione delle parti e quindi emette i provvedimenti di sua competenza a norma dell’art. 187 c.p.c. (svolgimento dell’eventuale fase istruttoria e rimessione in decisione).

@3 Liberazione degli immobili dalle ipoteche

Il procedimento di liberazione degli immobili dalle ipoteche è disciplinato dagli artt. 792-795 c.p.c. ed è finalizzato a favorire la circolazione dei beni. In particolare, l’art. 792 c.p.c. dispone che l’acquirente che ha dichiarato al precedente proprietario e ai creditori iscritti di voler liberare l’immobile acquistato dalle ipoteche deve chiedere, con ricorso al presidente del tribunale competente per l’espropriazione, la determinazione dei modi per il deposito del prezzo offerto.

Il presidente provvede con decreto.

Se il presidente del tribunale, anziché limitarsi a disporre le modalità di svolgimento del procedimento, decide sulla questione, sollevata da uno dei creditori iscritti, concernente la sussistenza del diritto di chiedere la liberazione, tale provvedimento è impugnabile con ricorso in Cassazione (ex art. 111 Cost.).

Se non sono state fatte richieste di espropriazione nei quaranta giorni successivi alla notificazione della dichiarazione al precedente proprietario e ai creditori iscritti, l’acquirente, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla

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notificazione, deve depositare nei modi prescritti dal presidente del tribunale il prezzo offerto e presentare nella cancelleria il certificato del deposito, il titolo d’acquisto col certificato di trascrizione, un estratto autentico dello stato ipotecario e l’originale dell’atto notificato al precedente proprietario e ai creditori iscritti.

Quindi, il presidente designa con decreto un giudice per il procedimento e fissa l’udienza di comparizione dell’acquirente, del precedente proprietario e dei creditori iscritti, e stabilisce il termine perentorio entro il quale il decreto deve essere notificato alle altre parti a cura dell’acquirente. All’udienza il giudice, accertata la regolarità del deposito e degli atti del procedimento, dispone con ordinanza la cancellazione delle ipoteche iscritte anteriormente alla trascrizione del titolo dell’acquirente che ha chiesto la liberazione, e provvede alla distribuzione del prezzo.

Se è fatta istanza di espropriazione, il giudice, verificate le condizioni stabilite dalla legge per l’ammissibilità di essa, dispone con decreto che si proceda a norma degli artt. 567 e ss. c.p.c.

@4 Riconoscimento di provvedimenti giurisdizionali stranieri

Ai sensi dell’art. 64 della L. n. 218/1995, la sentenza straniera è riconosciuta (ossia, produce i suoi effetti) in Italia automaticamente, ossia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, quando:

- il giudice che l’ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo i principi sulla competenza giurisdizionale propri dell’ordinamento italiano;

- l’atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa;

- le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo o la contumacia è stata dichiarata in conformità a tale legge;

- essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata;

- essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato;

- non pende un processo davanti a un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima del processo straniero;

- le sue disposizioni non producono effetti contrari all’ordine pubblico.

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In caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento delle sentenze straniere o dei provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria (che pure hanno efficacia automatica in Italia, quando sussistono i requisiti di cui all’art. 66 della L. n. 218/1995) o quando sia necessario procedere ad esecuzione forzata, chiunque vi abbia interesse può chiedere l’accertamento dei requisiti del riconoscimento alla Corte d’appello del luogo nel quale la sentenza deve essere attuata.

Se la contestazione ha luogo nel corso di un processo, il giudice adito pronuncia con efficacia limitata al giudizio (art. 67, 3° comma, L. n. 218/1995).

Accanto a questo meccanismo di riconoscimento di ordine generale, riferito alle sole sentenze, l’art. 65 della L. n. 218/1995 prevede l’automatico riconoscimento in Italia dei provvedimenti stranieri (provvedimenti...

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