Adesione della Romania all'Unione Europea ed effetti sulla fattispecie ex art. 22 T.U. Immigrazione: l'evoluzione giurisprudenziale

AutoreFabio Capraro; Dario Sabbadin
Pagine1366-1369

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@1. Fatto e svolgimento del processo

- Con decreto emesso in data 12 ottobre 2007 a seguito di rituale opposizione a decreto penale di condanna, il Gip di Treviso disponeva il rinvio a giudizio di C.T. imputato del reato p. e p. dall'art. 22, comma 12 del D.L.vo 25 luglio 1998, n. 286 (T.U. sull'immigrazione) per avere occupato alle proprie dipendenze, quale legale rappresentante del locale «B.'s e C.», le straniere V.L.E., N.E., C.L.C., P.D.C., R.R., G.M. e D.G., che gli ispettori dell'Inps trovavano, alcune a ballare sulle pedane in spettacoli lap-dance, altre ad intrattenere i clienti ai tavoli, al bar o nei privè, pur sapendole prive del permesso di soggiorno.

All'udienza di comparizione dell'11 gennaio 2008, presente l'imputato, revocato il decreto penale opposto ed aperto il dibattimento, su concorde richiesta del pubblico ministero e della difesa, il giudice pronunciava sentenza di assoluzione del prevenuto ex art. 129 c.p.p. perché il fatto non sussiste, così motivando sul punto: «Il reato per cui si procede risulta accertato nel settembre del 2005 e tutte le ballerine straniere occupate dal prevenuto nel suo locale erano di nazionalità rumena.

Orbebe, dal 1º gennaio 2007 la Romania è entrata a far parte dell'Unione Europea.

La conseguenza che ne deriva sul piano della fattispecie penale comporta che uno degli elementi della fattispecie, nel caso in esame lo status di straniero extracomunitario delle lavoratrici, comporta la non punibilità del fatto contestato ai sensi dell'art. 2, cpv., c.p.

Non rimane, quindi, che assolvere il prevenuto perché il fatto non sussiste».

@2. I termini della questione

- L'approfondimento critico della questione affrontata dal Giudice monocratico di Treviso nella sentenza che si annota si palesa di notevole interesse sia da un punto di vista pratico, attesa l'ormai quotidiana trattazione nelle aule penali dei reati connessi al fenomeno migratorio, sia da un punto di vista prettamente dommatico in relazione all'esatto (recte «attuale») ambito applicativo dell'art. 2 c.p.

Più in particolare, la specifica quaestio iuris che ne occupa può riassumere nei termini che seguono: se la sopravvenuta circostanza che a far data dal 1º gennaio 2007 la Romania è entrata di diritto nel novero degli Stati membri dell'Unione Europea comporti l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 2 c.p. (Successione di leggi penali), ed occorra, pertanto, pronunziarsi l'assoluzione con formula «perché il fatto non costituisce (più) reato», nel procedimento a carico del datore di lavoro imputato ex art. 22 D.L.vo n. 286/98 per aver - così nella fattispecie - occupato alle proprie dipendenze, precedentemente a tale momento, lavoratrici rumene pur sapendole prive del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato.

In termini più generali, si tratta di stabilire se sia riconducibile o meno al dettato dell'art. 2, comma 2, c.p., il fenomeno della successione di norme extrapenali integrative della norma incriminatrice, ovverosia di quelle modifiche normative che non incidono direttamente sugli elementi costitutivi della fattispecie penale, bensì, per così dire, in maniera soltanto «indiretta» o «mediata».

@3. L'orientamento favorevole

- Si rinviene, sul punto, una prima importante pronuncia di segno positivo della Suprema Corte a Sezioni Unite, in cui si chiarisce che «se per il cambiamento della disciplina normativa extrapenale una qualità soggettiva cessa di dar luogo ad una figura di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio, il fatto commesso prima del cambiamento di disciplina e costituente all'epoca peculato diventa non punibile per effetto dell'art. 2 comma 2 c.p.» (Cass., S.U., 16 luglio 1987, n. 8342).

Alla base di questa autorevole pronuncia sta il concetto di «norma incriminatrice» - la cui modifica viene disciplinata dall'art. 2 c.p. - che la Corte specificamente individua in quella che definisce la struttura essenziale e circostanziale del reato, comprese le fonti extrapenali che contribuiscono ad integrare la fattispecie penale. La logica conseguenza di tale impostazione è che le fonti extrapenali integratrici fanno corpo con la norma incriminatrice, sicché qualsiasi modifica delle prime comporta un mutamento della seconda disciplinato dai principi espressi dall'art. 2 c.p. Più in particolare, «la modifica della norma incriminatrice è soggetta al principio di irretroattività della norma incriminatrice ed a quello simmetrico della retroattività della norma penale più favorevole» (Cass. pen., sez. III, 29 gennaio...

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