Abrogazione ex D.L.VO n. 7/2016 e revoca delle statuizioni civili

AutoreMario Talani
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Dottrina
ABROGAZIONE EX
D.L.VO N. 7/2016 E REVOCA
DELLE STATUIZIONI CIVILI
di Mario Talani
Costituisce questione controversa se, in caso di con-
danna non def‌initiva, il giudice dell’impugnazione, nel
pronunciare sentenza di assoluzione per intervenuta abo-
lizione del reato, possa disporre in ordine alle statuizioni
civili di condanna e, quindi, se la riforma o l’annullamen-
to della sentenza di condanna agli effetti penali caduca
anche le statuizioni civili concernenti il risarcimento del
danno o lascia inalterata la cognizione del giudice penale
sull’azione civile.
Già con ordinanza 9-23 febbraio 2016, n. 7125, la V Se-
zione penale della Corte di Cassazione aveva rimesso la
questione alle Sezioni Unite. Con provvedimento del 26
febbraio 2016 il Primo Presidente del Supremo Collegio
aveva rilevato che non si era ancora formato un contrasto
giurisprudenziale che imponesse la rimessione della que-
stione alle Sezioni Unite.
Successivamente, si è, tuttavia, creato un rilevante
contrasto giurisprudenziale, in particolare tra la Seconda
e la Quinta Sezione della Corte di Cassazione.
Ciò ha determinato una nuova ordinanza di rimessione
alle Sezioni Unite, emessa dalla II sezione penale, datata
15 giugno 2016, n. 26092, Pres. Fiandanese, Est. Pardo.
La questione non attiene all’ipotesi di condanna irre-
vocabile per un reato successivamente abrogato. In tale
ipotesi opera, pacif‌icamente, l’art. 673 c.p.p., che prevede
la revoca della sentenza di condanna def‌initiva, che, però,
non riguarda i capi civili di essa, rispetto ai quali l’abolitio
criminis non produce effetto, limitandosi ad interessare,
per espressa previsione dell’art. 2, comma 2, c.p., i soli ef-
fetti penali.
Come innanzi indicato, il caso controverso concerne la
sentenza di condanna non irrevocabile per un reato suc-
cessivamente abrogato dal D.L.vo n. 7/2016.
Nel Supremo Consesso si sono formati due contrappo-
sti orientamenti.
Secondo un f‌ilone giurisprudenziale deve essere esclu-
so che nelle ipotesi di abolitio criminis, previste dal D.L.vo
n. 7/2016, il giudice dell’impugnazione possa pronunciarsi
sulle statuizioni civili. Questo orientamento, contrario alla
conservazione dei capi civili delle sentenze penali di con-
danna per reato successivamente abrogato, è sostenuto da
numerose sentenze della V Sezione penale (cfr. Cass. pen.,
V sezione, 9 marzo 2016, n. 14044, 15 marzo 2016, n. 18910,
15 marzo 2016, n. 24036, 23 marzo 2016, n. 21721, 1 aprile
2016, n. 16147, 7 aprile 2016, n. 21722, 15 aprile 2016, n.
19516, ed, inoltre, Cass. pen., II sezione, 10 giugno 2016,
n. 1670).
Tale orientamento muove dalla considerazione che
l’art. 578 c.p.p., che prevede che il giudice d’appello e il
giudice di legittimità, nel dichiarare il reato estinto per
amnistia o per prescrizione, decidono sull’impugnazione
ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza
di condanna che concernono gli interessi civili, è norma
eccezionale, di stretta intepretazione, non suscettibile
di applicazione analogica, come di recente riaffermato
dalla Consulta con sentenza n. 12/2016. L’art. 578 c.p.p.
costituisce eccezione codicistica al principio generale al
quale è ispirata la disciplina dell’azione civile nel processo
penale. (1)
Pertanto, il venir meno della possibilità di una pro-
nuncia def‌initiva di condanna agli effetti penali, perché il
fatto non è più previsto dalla legge come reato, fa necessa-
riamente venir meno anche il primo ed indefettibile pre-
supposto dell’obbligazione civile risarcitoria o restitutoria
in virtù del carattere accessorio e subordinato dell’azione
civile rispetto all’azione penale.
Secondo tale giurisprudenza di legittimità resta fermo
il principio generale in virtù del quale il giudice penale in
tanto può occuparsi dei capi civili in quanto, contestual-
mente, pervenga ad una dichiarazione di responsabilità
penale, e ciò per il collegamento in via esclusiva, sancito
dall’art. 538, 1° comma, c.p.p., tra decisione sulle questio-
ni civili e condanna dell’imputato. Di conseguenza, nel
giudizio, sull’impugnazione dell’imputato avverso una sen-
tenza di condanna agli effetti penali e agli effetti civili, il
proscioglimento con la formula “perché il fatto non è pre-
visto dalla legge come reato”, nel caso di specie a seguito
dell’abrogazione della norma incriminatrice disposta dagli
artt. 1 e 2 decreto D.L.vo n. 7/2016, preclude l’esame, ai f‌ini
dell’eventuale conferma, delle statuizioni civili.
Inoltre, tale giurisprudenza evidenzia che la possibili-
tà per il giudice dell’impugnazione di pronunciarsi sulle
statuizioni civili unicamente nei casi previsti dal decreto
D.L.vo n. 8/2016 rispecchia una precisa e specif‌ica volontà
del legislatore.
Rivista penale 10/2016

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