Sentenza nº 42 da Constitutional Court (Italy), 16 Marzo 2023

RelatoreFilippo Patroni Griffi
Data di Resoluzione16 Marzo 2023
EmittenteConstitutional Court (Italy)

Sentenza n. 42 del 2023

SENTENZA N. 42

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA;

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 36, comma 3, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)», promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda bis, nel procedimento vertente tra V. A. e altro e Roma Capitale, con ordinanza del 22 luglio 2021, iscritta al n. 178 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2023 il Giudice relatore Filippo Patroni Griffi;

deliberato nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2023.

Ritenuto in fatto

  1. − Con ordinanza del 22 luglio 2021, iscritta al n. 178 del registro ordinanze 2021, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda bis, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97 e, «in via mediata», 24 e 113 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 36, comma 3, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)», nella parte in cui prevede che la richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria «si intende rifiutata» dopo sessanta giorni dalla sua presentazione.

    1.1.− Il TAR riferisce di essere chiamato a decidere sull’impugnazione ( promossa dai proprietari di un immobile con riscontrate opere abusive per difformità essenziali rispetto al permesso di costruire ( dell’ordinanza di demolizione d’ufficio dei manufatti e dell’atto di irrogazione di sanzione pecuniaria emessi, ai sensi dell’art. 31 t.u. edilizia e dell’art. 15 della legge della Regione Lazio 11 agosto 2008, n. 15 (Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia), da Roma Capitale, in esito ad accertamento di inottemperanza a precedente ingiunzione di demolizione delle stesse opere.

    Il rimettente espone, altresì, che nel corso del giudizio, con motivi aggiunti, i ricorrenti hanno proposto anche domanda di annullamento del silenzio-diniego formatosi, ex art. 36 t.u. edilizia, sull’istanza di sanatoria edilizia da loro presentata successivamente alla emanazione dei predetti provvedimenti sanzionatori, nonché domanda di declaratoria della sussistenza della doppia conformità urbanistico-edilizia.

    1.2.− In punto di rilevanza della questione di legittimità costituzionale, il Tribunale rimettente premette che per la definizione della controversia occorre fare applicazione del censurato art. 36 t.u. edilizia, in quanto la sanabilità degli abusi, per riscontro della conformità delle opere alla normativa urbanistico-edilizia tanto al momento della realizzazione quanto al momento dell’istanza di sanatoria, determinerebbe l’inefficacia dei gravati provvedimenti sanzionatori. L’accoglimento dei motivi aggiunti inciderebbe, dunque, anche sull’esito del ricorso proposto avverso i provvedimenti di demolizione e di irrogazione della sanzione pecuniaria.

    Il TAR rappresenta, tuttavia, che il silenzio-rigetto previsto dalla menzionata disposizione condizionerebbe negativamente l’esercizio del diritto di difesa degli interessati e snaturerebbe la funzione del giudizio amministrativo di mera verifica della legittimità del potere esercitato.

    Quanto al primo profilo, l’ordinanza espone che l’attuale formulazione normativa ha costretto i ricorrenti ad agire per l’annullamento del silenzio con valore di provvedimento sfavorevole, ma senza una motivazione da confutare, e a domandare, ulteriormente, la dichiarazione di sussistenza della doppia conformità.

    Il giudice a quo afferma in proposito che non gli poteva essere richiesta «in via diretta […] la spettanza del “bene della vita” e, dunque, la sanatoria», in quanto, a fronte di un diniego di sanatoria edilizia, viene in rilievo un «giudizio impugnatorio e non di accertamento» per la tutela di un interesse legittimo. Il Collegio rimettente aggiunge di non ignorare l’esistenza di un orientamento favorevole all’accertamento giudiziale del requisito della doppia conformità urbanistico-edilizia, ma sostiene che tale orientamento riguardi – almeno nella giurisprudenza dello stesso TAR Lazio – i diversi casi di impugnativa di un provvedimento espresso di segno negativo.

    Quanto al profilo della alterazione della funzione del giudizio amministrativo, il Tribunale rimettente afferma che nell’ipotesi alla sua attenzione, avendo l’amministrazione provveduto solo fittiziamente, il riscontro dell’istanza di sanatoria sarebbe demandato al giudice già in prima battuta, in sostituzione della pubblica amministrazione.

    Di contro, nessuna delle segnalate due criticità sussisterebbe nelle ipotesi di provvedimento di rigetto espresso e motivato: i ricorrenti agirebbero per il suo annullamento tentando di confutare le esplicite ragioni del diniego e di seguito, in caso di accoglimento della domanda da parte del giudice amministrativo, l’amministrazione sarebbe nuovamente tenuta a riscontrare l’istanza di sanatoria, tenendo conto di quanto statuito in sentenza.

    Conclude sul punto il TAR che, espungendo dall’ordinamento la norma sul silenzio significativo, l’inerzia sull’istanza di sanatoria edilizia costituirebbe silenzio-inadempimento cui sarebbe assicurata, «mediante la conversione del rito», la «dovuta tutela» di cui all’art. 117 dell’Allegato 1 (codice del processo amministrativo), al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo).

    1.3.− Il rimettente esclude che della norma della cui legittimità dubita sia possibile esperire una interpretazione costituzionalmente orientata: la perentoria formulazione dell’art. 36 t.u. edilizia, secondo l’unanime interpretazione della giurisprudenza, contiene una fattispecie tipizzata di silenzio con valenza di reiezione, sicché non sarebbe prospettabile la sua qualificazione in termini di silenzio-inadempimento.

    1.4.− Nell’illustrare il presupposto della non manifesta infondatezza della questione, l’ordinanza dapprima sintetizza il ritenuto manifesto contrasto con i parametri costituzionali evocati, passando poi ad approfondire tre delle specifiche violazioni.

    In prima battuta, sarebbe vulnerato il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., in quanto l’attribuzione all’inerzia del significato di diniego creerebbe incertezza nel rapporto tra cittadino e soggetto pubblico, impedendo al primo di poter comprendere le ragioni del rigetto. Ciò sarebbe ancor più vero, per effetto dell’evoluzione normativa caratterizzata dalla marginalizzazione del silenzio-diniego da parte del legislatore, con implemento delle tipologie di silenzio-accoglimento e silenzio-inadempimento, cui corrisponde un più efficiente sistema processuale.

    Ancora, la norma violerebbe i princìpi di buon andamento, imparzialità e trasparenza di cui all’art. 97, secondo comma, Cost., in quanto contrasterebbe con i doveri dell’amministrazione di rispondere alle istanze dei privati in tempi certi, previo adeguato contraddittorio procedimentale, e con provvedimenti espressi e motivati.

    Correlativamente sarebbero violati gli artt. 24 e 113 Cost. in quanto, un provvedimento negativo, sussistente solo come fictio, aggraverebbe la posizione processuale del privato, il quale sarebbe costretto a un ricorso «al buio» dovendo, da un lato, tentare di individuare i possibili motivi di rigetto, dall’altro cercare di affermare le ragioni di doppia conformità urbanistico-edilizia delle opere.

    Infine, l’istituto del silenzio-rigetto, a dire del giudice a...

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