Sentenza nº 203 da Constitutional Court (Italy), 28 Luglio 2022

RelatoreGiovanni Amoroso
Data di Resoluzione28 Luglio 2022
EmittenteConstitutional Court (Italy)

Sentenza n. 203 del 2022

SENTENZA N. 203

ANNO 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giuliano AMATO;

Giudici: Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 83, commi 1 e 2, dell’Allegato 1 (Codice di giustizia contabile) al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 (Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell’articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124), come modificato dall’art. 44, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 7 ottobre 2019, n. 114 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, recante codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell’articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124), promosso dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Campania, nel giudizio di responsabilità instaurato a istanza del Procuratore regionale nei confronti di R. E. e altri, con ordinanza del 17 febbraio 2021, iscritta al n. 64 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visti l’atto di costituzione di A. F., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 5 luglio 2022 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi l’avvocato Guido Alfonsi per A. F. e l’avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli per il Presidente del Consiglio dei ministri, in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 2), punto 2), della delibera della Corte del 23 giugno 2022.

deliberato nella camera di consiglio del 7 luglio 2022.

Ritenuto in fatto

  1. – Con sentenza non definitiva e contestuale ordinanza emessa in data 17 febbraio 2021, n. 158, iscritta nel relativo registro al n. 20 dell’anno 2021, la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale regionale per la Campania, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 83, commi 1 e 2, dell’Allegato 1 (Codice di giustizia contabile) al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 (Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell’articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124), nel testo conseguente alle modifiche recate dal decreto legislativo 7 ottobre 2019, n. 114 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, recante codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell’articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124), in riferimento agli artt. 3, 24, 76, 81 e 111 della Costituzione.

    La Corte rimettente, in punto di fatto e di rilevanza, sottolinea che, mediante atto di citazione del 31 maggio 2019, la Procura regionale aveva evocato in giudizio alcuni dipendenti, nonché il segretario generale e il Sindaco di un Comune, al fine di ottenere la condanna degli stessi al pagamento in favore dell’ente della somma di euro 1.445.715,20, oltre accessori, per responsabilità erariale correlata all’omessa attivazione, nonostante la comprovata conoscenza della situazione, di qualsivoglia procedura per la riscossione (rispetto all’anno 2009, per gli immobili a destinazione abitativa, e nel periodo 2009-2013, per i locali ad uso commerciale) dei canoni e delle indennità di occupazione di un complesso immobiliare. Alcuni convenuti, nell’ambito delle difese volte a contestare la ricorrenza della propria responsabilità, deducevano che essa doveva essere ascritta alle due società concessionarie del servizio di riscossione dei canoni e delle indennità in questione e chiedevano l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle stesse. All’udienza il pubblico ministero replicava circa la non necessità di evocare in giudizio gli altri soggetti indicati nelle difese di alcune parti convenute, ricorrendo peraltro – in ogni caso – solo un’ipotesi di litisconsorzio facoltativo.

    Il Collegio emanava, in primo luogo, nel contesto del medesimo atto di promovimento, sentenza non definitiva sulle questioni pregiudiziali e preliminari, nonché sulla pretesa risarcitoria per danno all’immagine del Comune danneggiato (domanda che rigettava nel merito).

    Con riferimento alla sussistenza nel merito della responsabilità amministrativa per danno erariale riteneva, invece, che la relativa valutazione fosse inficiata, nella fattispecie concreta, dal divieto, recato dall’art. 83, comma 1, cod. giust. contabile, nella formulazione applicabile ratione temporis successiva alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 114 del 2019, di chiamata in causa per ordine del giudice degli altri soggetti, evocati nelle difese di alcuni convenuti, potenzialmente responsabili del fatto dannoso.

    Infatti, la Corte dei conti sottolinea che, pur non ricorrendo un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra i corresponsabili dell’illecito erariale, tuttavia l’inderogabile preclusione all’integrazione del contraddittorio da parte del giudice potrebbe essere suscettibile di determinare un insanabile vulnus ai fini del corretto inquadramento di fattispecie, come quella da decidere, che «non si prestano ad essere delineate, valutate e definite senza acquisire l’apporto al contraddittorio di ulteriori soggetti», allo scopo di individuarne compiutamente l’eventuale responsabilità, esclusiva o concorrente, da valutare per la decisione sullo scomputo di quote di responsabilità dei soggetti citati in giudizio dal PM. In sostanza, il giudice a quo lamenta di dover procedere all’uopo alla valutazione della responsabilità di soggetti ai quali non è stato esteso il contraddittorio e che potrebbero essere indicati, anche solo «virtualmente», come responsabili dei fatti illeciti nella decisione senza avere avuto l’opportunità di difendersi e di addurre elementi probatori.

    La Corte dei conti – assumendo di non poter né individuare eventuali responsabilità concorrenti rispetto a quelle dei soggetti effettivamente convenuti, né conseguentemente statuire per gli stessi scomputi, totali o parziali, di responsabilità, nonostante l’emergenza «più che probabile» dagli atti del giudizio della sussistenza delle condotte illecite di altri soggetti, senza estendere il contraddittorio nei confronti di questi ultimi – ritiene dunque rilevanti le questioni sollevate.

    Quanto alla non manifesta infondatezza, il Collegio rimettente premette che le disposizioni censurate, ossia i primi due commi dell’art. 83 cod. giust. contabile, sono insuscettibili di un’interpretazione costituzionalmente orientata, stante la chiarezza del divieto fatto al giudice nel processo, per l’accertamento della responsabilità amministrativa, di ordinare la chiamata in causa di soggetti ulteriori rispetto a quelli già convenuti in giudizio dal PM.

    1.1.– Ciò posto, il giudice a quo dubita, in primo luogo, della compatibilità del divieto espresso dall’art. 83, commi 1 e 2, cod. giust. contabile con l’art. 76 Cost.

    A fondamento di tale questione, la Corte dei conti rimettente deduce che il Governo, nell’attuare il criterio di delega posto dall’art. 20, comma 2, lettera g), numero 6), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), che demandava allo stesso di prevedere la «preclusione in sede di giudizio di chiamata in causa su ordine del giudice e in assenza di nuovi elementi e motivate ragioni di soggetto già destinatario di formalizzata archiviazione», non avrebbe tenuto conto dei criteri di delega, di carattere più generale, indicati nelle precedenti lettere a) e b) della medesima disposizione. Invero, poiché questi ultimi criteri demandavano al Governo l’uno di contemplare un adeguamento delle norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni superiori, «coordinandole con le norme del codice di procedura civile espressione di principi generali e assicurando la concentrazione delle tutele spettanti alla cognizione della giurisdizione contabile» (lettera a) e l’altro di «disciplinare lo svolgimento dei giudizi tenendo conto della peculiarità degli interessi pubblici oggetto di tutela e dei diritti soggetti coinvolti, in base ai principi della concentrazione e dell’effettività della tutela e nel rispetto del principio della ragionevole durata del processo» (lettera b), il più specifico criterio direttivo espresso dalla lettera g), numero 6), dello stesso comma avrebbe dovuto essere correttamente interpretato nel senso di riconoscere al giudice contabile il potere di integrare il contraddittorio nei confronti di terzi non evocati in giudizio dal PM, salva l’emanazione di un espresso provvedimento di archiviazione a fronte di fatti nuovi.

    Rileva, inoltre, il giudice a quo che le norme censurate violerebbero l’art. 3 Cost., laddove determinerebbero un’ingiustificata disparità di trattamento tra i soggetti convenuti in giudizio e quelli nei confronti dei quali la procura scegliesse di non esercitare l’azione di responsabilità, in quanto solo i primi potrebbero fornire una propria ricostruzione alternativa dei fatti, anche «in danno» dei secondi i quali, non coinvolti in giudizio, potrebbero essere dichiarati «virtualmente» colpevoli senza aver potuto far valere in contradditorio le proprie ragioni.

    D’altra parte, la decisione sull’evocazione in causa di tutti i soggetti potenzialmente responsabili di un illecito erariale sarebbe rimessa all’esclusivo potere del PM e la relativa valutazione sarebbe così sottratta al collegio, che non è una parte del giudizio di responsabilità per danno erariale, ma ha un ruolo imparziale.

    Il divieto espresso dall’art. 83 cod. giust. contabile violerebbe l’art. 3 Cost. anche sotto il profilo della ragionevolezza, imponendo all’autorità giudiziaria di effettuare una valutazione per la compiutezza della quale non disporrebbe di adeguati elementi conoscitivi.

    ...

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