Sentenza nº 63 da Constitutional Court (Italy), 13 Aprile 2021

Data di Resoluzione13 Aprile 2021
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 63

ANNO 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giancarlo CORAGGIO

Giudici: Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 6, secondo e terzo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144), promosso dalla Corte d’appello di Cagliari, sezione civile, in funzione di giudice del lavoro, nel procedimento vertente tra l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e A. M. quale erede di G. P., con ordinanza del 26 maggio 2020, iscritta al n. 130 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visto l’atto di costituzione dell’INAIL, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udita nell’udienza pubblica del 10 febbraio 2021 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;

uditi l’avvocata Luciana Romeo per l’INAIL, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 30 ottobre 2020, e l’avvocato dello Stato Alfonso Peluso per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 25 febbraio 2021.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza depositata il 26 maggio 2020 ed iscritta al r. o. n. 130 del 2020, la Corte d’appello di Cagliari, sezione civile, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 6, secondo e terzo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144), «nella parte in cui portano ad una duplicazione totale o parziale dell’indennizzo, a differenza delle fattispecie disciplinate dal 1° periodo dello stesso comma».

  2. – Il giudice rimettente riferisce di dover decidere sull’appello proposto contro la sentenza del Tribunale ordinario di Cagliari, in funzione di giudice del lavoro, del 7 aprile 2017, n. 590.

    2.1– Nel procedimento di primo grado, il giudice era stato chiamato a determinare, in base alle norme censurate nel presente giudizio, l’indennizzo INAIL per il danno biologico cagionato da una asbestosi, concorrente con una pregressa tecnopatia (nello specifico una broncopneumopatia), per la quale l’assicurato (G. P.) aveva già maturato, in base al precedente regime normativo (il decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, recante «Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali»), una rendita INAIL liquidata nell’85 per cento dell’inabilità lavorativa.

    Il giudice di primo grado liquidava la rendita per il danno biologico da asbestosi, aderendo alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, che riteneva di non dover scindere tale danno da quello provocato dalla broncopneumopatia; di conseguenza, il giudice liquidava il danno biologico, in base al secondo periodo del comma 6 dell’art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000, nella percentuale complessiva del 75 per cento, derivante dalla stima congiunta degli effetti dell’asbestosi e della broncopneumopatia. Al contempo, poiché il terzo periodo del medesimo comma 6 dispone che l’assicurato continui a percepire la rendita corrisposta per la precedente patologia (nel caso di specie, per un’inabilità lavorativa dell’85 per cento provocata dalla broncopneumopatia), il giudice di primo grado, al fine di evitare duplicazioni, disponeva la detrazione dai ratei della nuova prestazione di quelli percepiti per la rendita già in godimento, così aderendo ad un orientamento in precedenza accolto dalla stessa Corte d’appello.

    2.2.– Avverso la sentenza di primo grado, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) proponeva appello, contestando la valutazione cumulativa degli effetti dell’asbestosi con quelli della malattia verificatasi sotto il precedente regime normativo e già indennizzata in base al d.P.R. n. 1124 del 1965. Adduceva, pertanto, che dall’eventuale totale degli effetti pregiudizievoli stimati in danno biologico dovesse scorporarsi quello conseguente alla patologia ascrivibile ratione temporis al t.u. infortuni, onde valutare il mero danno riconducibile alla tecnopatia verificatasi sotto il nuovo sistema normativo (l’asbestosi, la cui autonoma stima veniva quantificata nel 7 per cento di danno biologico); e questo veniva giustificato con la necessità di rispettare la separazione fra i due sistemi normativi, attuata dal legislatore, e con l’esigenza di evitare duplicazioni.

    2.3.– Il lavoratore appellato, al quale è poi subentrato l’erede A. M., contestava la pretesa della controparte e proponeva appello incidentale, chiedendo la riforma della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva disposto la detrazione dai ratei della nuova prestazione di quelli percepiti per la precedente.

  3. – Il giudice a quo, nel doversi pronunciare sul significato da attribuire all’art. 13, comma 6, secondo e terzo periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000, ha ritenuto di non potersi distaccare dall’interpretazione sostenuta dalla Corte di cassazione in due sentenze (sezione lavoro, 19 marzo 2018, n. 6774 e 13 marzo 2018, n. 6048), che avevano riformato precedenti giudizi formulati proprio dalla Corte d’appello di Cagliari. Secondo la Suprema Corte, «qualora il lavoratore goda di una rendita per una malattia professionale denunciata prima dell’entrata in vigore della disciplina dettata dal decreto legislativo 38/2000 (ovvero prima del 25 luglio del 2000) e successivamente venga colpito da una nuova malattia professionale (non importa se concorrente o coesistente) il grado di menomazione conseguente alla nuova malattia professionale deve essere valutato senza tenere conto delle preesistenti menomazioni» e senza, dunque, effettuare lo scorporo che consentirebbe di stimare i soli effetti derivanti dalla patologia concorrente verificatasi sotto il nuovo regime normativo (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 13 marzo 2018, n. 6048).

    La Corte d’appello di Cagliari, preso atto che l’applicazione del richiamato principio di diritto porterebbe, nella fattispecie oggetto del giudizio a quo, a riconoscere – in base al secondo periodo dell’art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000 – una rendita parametrata sul 75 per cento del danno biologico, derivante dagli effetti combinati della broncopneumopatia e dell’asbestosi, e a preservare – in base al terzo periodo dell’art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000 – la rendita per l’85 per cento di inabilità lavorativa, cagionata dalla broncopneumopatia, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale relativamente alle due richiamate disposizioni.

    In particolare, il giudice rimettente ha ravvisato una violazione dell’art. 3 Cost. per disparità di trattamento fra le norme censurate e quanto prevede il primo periodo dell’art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000.

    Quest’ultima disposizione, infatti, riconosce all’assicurato che nulla abbia ricevuto dall’INAIL per la prima patologia, compresa l’ipotesi nella quale essa presentasse una eziologia lavorativa, una stima appesantita degli effetti della seconda tecnopatia, ma non permette di stimare le conseguenze pregiudizievoli della prima patologia professionale unitamente a quelle provocate dalla seconda. Per converso, la ben più favorevole stima congiunta degli effetti delle due tecnopatie verrebbe consentita, secondo l’interpretazione dell’art. 13, comma 6, secondo periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000 prospettata dalla Corte di cassazione, proprio quando in base al t.u. infortuni era stata riconosciuta una rendita che, grazie al terzo periodo del richiamato comma 6, continua ad essere erogata. Tale disparità di trattamento viene considerata dal rimettente non giustificabile e irragionevole.

    Il giudice a quo ha ritenuto, inoltre, violato l’art. 3 Cost. anche sotto la diversa angolatura della intrinseca irragionevolezza, in quanto le norme censurate farebbero «riferimento ad una piena efficienza fisica, anche se in concreto già compromessa» e, al contempo, costringerebbero a valutare «due volte le conseguenze di una determinata patologia». Ne discenderebbe una duplicazione dell’indennizzo che, oltre ad essere irragionevole, violerebbe l’art. 38 Cost. ed il principio di solidarietà sociale, a dispetto di quello che il giudice rimettente reputa un corollario del sistema dell’assicurazione sociale: vale a dire...

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