Sentenza nº 250 da Constitutional Court (Italy), 26 Novembre 2020

RelatoreGiulio Prosperetti
Data di Resoluzione26 Novembre 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 250

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Mario Rosario MORELLI;

Giudici: Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 4, e 2 della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 27 marzo 2019, n. 1, recante «Modificazioni alla legge regionale 24 dicembre 2018, n. 12 (Legge di stabilità regionale per il triennio 2019/2021), e altre disposizioni urgenti», e dell’art. 6, commi 6 e 7, della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 24 aprile 2019, n. 4 (Primo provvedimento di variazione al bilancio di previsione finanziario della Regione per il triennio 2019/2021. Modificazioni di leggi regionali), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 31 maggio-5 giugno 2019 e il 27 giugno-2 luglio 2019, depositati in cancelleria il 5 e il 28 giugno 2019, iscritti, rispettivamente, ai numeri 67 e 75 del registro ricorsi 2019 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 30 e 34, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visti gli atti di costituzione della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;

udito nell’udienza pubblica del 22 settembre 2020 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

uditi gli avvocati dello Stato Gianna Maria De Socio e Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Francesco Saverio Marini per la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste.

deliberato nella camera di consiglio del 22 ottobre 2020.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso depositato il 5 giugno 2019 e iscritto al registro ricorsi n. 67 del 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 27 marzo 2019, n. 1, recante «Modificazioni alla legge regionale 24 dicembre 2018, n. 12 (Legge di stabilità regionale per il triennio 2019/2021), e altre disposizioni urgenti», in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera l), e terzo, della Costituzione, nonché dell’art. 2 della medesima legge regionale, in riferimento agli artt. 3, 51, primo comma, e 97, quarto comma, Cost., nonché di entrambe le disposizioni in riferimento all’art. 2 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta).

    1.1.– L’art. 1, comma 4, della legge regionale n. 1 del 2019, nell’inserire il comma 5-bis all’art. 6 della legge della Regione autonoma Valle d’Aosta 24 dicembre 2018, n. 12, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (Legge di stabilità regionale per il triennio 2019/2021). Modificazioni di leggi regionali», attribuisce agli enti locali la facoltà, per l’anno 2019, di «avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 70 per cento della media della spesa sostenuta nel triennio 2007/2009 per le medesime finalità».

    Il ricorrente deduce che la previsione regionale viola plurime previsioni della Carta costituzionale, contrastando con diverse disposizioni statali evocate come parametri interposti.

    1.1.1.– In primo luogo, essa, nella parte in cui stabilisce che gli enti locali possono avvalersi per l’anno 2019 di personale con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, lederebbe la riserva esclusiva posta a favore del legislatore statale dall’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. in materia di «ordinamento civile». Ciò in quanto il combinato disposto degli artt. 5, comma 1, lettera a), e 22, comma 8, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante «Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), l) m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», che hanno introdotto il comma 5-bis all’art. 7, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), vieta alle amministrazioni pubbliche di stipulare a decorrere dal 1° luglio 2019 contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

    Inoltre, la disposizione impugnata lederebbe il medesimo parametro costituzionale in quanto non è conforme alla previsione di cui all’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 165 del 2001, che limita la possibilità per la pubblica amministrazione di ricorrere ai contratti di collaborazione «al fine di scongiurare alla radice il rischio di ricorso abuso alle collaborazioni esterne pur in presenza di un elevato numero di dipendenti pubblici» (è citata la sentenza di questa Corte n. 43 del 2016).

    La difesa statale ritiene che nella fattispecie non potrebbe essere invocata «la potestà legislativa regionale sull’ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione (art. 2, Statuto speciale) o quella di integrare e attuare le leggi della Repubblica (successivo art. 3)», poiché la giurisprudenza costituzionale ha chiarito che il rapporto di impiego alle dipendenze di Regioni ed enti locali è riconducibile alla disciplina generale dei rapporti di lavoro e dunque alla materia «ordinamento civile».

    1.1.2.– In secondo luogo, il ricorrente assume che la disposizione regionale viola, altresì, la competenza statale in materia di «coordinamento della finanza pubblica» poiché non è in linea con le disposizioni dell’art. 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, che costituiscono principi generali nella predetta materia.

    Il predetto articolo, evocato come parametro interposto dal ricorrente, stabilisce che a decorrere dall’anno 2011 le amministrazioni pubbliche «possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell’anno 2009» e che, nei confronti delle amministrazioni che in tale anno non hanno sostenuto spese per le medesime finalità, il limite del 50 per cento «è computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009».

    In riferimento a tale ultima previsione la difesa statale rappresenta che «da un’interrogazione dei dati relativi al costo per lavoro flessibile sostenuto dalla regione Valle d’Aosta nel 2009, non risulta che la stessa ricada nella possibilità prevista dall’ultimo capoverso dell’art. 9, comma 28 del DL n. 78/2010, dal momento che la Regione risulta aver sostenuto tali tipologie di spesa, il che impedisce di avvalersi della facoltà prevista dall’art. 9, co. 28 citato». Inoltre, evidenzia che «l’applicazione della disposizione regionale in esame comporterebbe maggiori oneri dato che, dai calcoli effettuati sui dati estrapolati dal conto annuale, il 70% della media della spesa sostenuta nel triennio 2007/2009 risulta maggiore rispetto al 50% della spesa sostenuta per le stesse finalità nel 2009».

    1.2.– Il ricorrente dubita, altresì, della legittimità costituzionale dell’art. 2 della medesima legge reg. Valle d’Aosta n. 1 del 2019, che «dispone modificazioni all’articolo 5-bis della legge regionale 22 dicembre 2017, n. 21, in materia di procedure selettive interne, prevedendo, in particolare, la sostituzione – nella rubrica e nel comma 1 dello stesso articolo 5-bis – delle parole “per il triennio 2018/2020” con le seguenti: “per il triennio 2019/2021”».

    Innanzitutto, nel prorogare di un anno la disciplina delle progressioni verticali prevista per il triennio 2018-2020 dall’art. 22, comma 15, del d.lgs. n. 75 del 2017, violerebbe la riserva statale nella materia «ordinamento civile», attesa la riconducibilità a tale materia della predetta disciplina.

    Il ricorrente evidenzia che la disposizione statale evocata come parametro interposto reintroduce, in deroga a quanto previsto dall’art. 52, comma 1-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001, «ancorché per un periodo limitato, le progressioni verticali, attraverso la previsione di concorsi interamente riservati al personale interno, così come previsto dalla previgente normativa (ante Riforma Brunetta), piuttosto che mediante riserva di posti in concorsi pubblici (cfr. Corte conti, Sez, contr., delib. 23 marzo 2018, n. 42)».

    Quanto alla riconducibilità dell’intervento regionale censurato alla materia «ordinamento civile», la difesa statale evidenzia che la esso riguarda la disciplina delle progressioni di carriera (le cosiddette progressioni verticali tra le aree mediante concorsi interamente riservati al personale in servizio) che interessa esclusivamente il personale già dipendente, sicché inciderebbe in materia di ordinamento civile, atteso che «la giurisprudenza costituzionale è costante nell’affermare che, in materia di pubblico impiego, “gli interventi legislativi che (...) dettano misure relative a rapporti lavorativi già in essere” devono essere ricondotti alla competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile».

    1.2.1.– Il ricorrente deduce, poi, che la disposizione impugnata, nel contemplare un’ultrattività per il solo territorio regionale della disciplina derogatoria contenuta nell’art. 22, comma 15, del d.lgs. n. 75 del 2017, «finisce per introdurre una disciplina di favore per il personale della sola regione Valle d’Aosta, incompatibile sia con l’art. 3 della Costituzione, sia con...

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