Sentenza nº 253 da Constitutional Court (Italy), 26 Novembre 2020

RelatoreGiovanni Amoroso
Data di Resoluzione26 Novembre 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 253

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Mario Rosario MORELLI;

Giudici: Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 702-ter, comma 2, del codice di procedura civile, promosso dal Tribunale ordinario di Termini Imerese, nel procedimento vertente tra A. C. e altro e C. C., con ordinanza del 19 ottobre 2019, iscritta al n. 37 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visto l’atto di costituzione di C. C., nonchè l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 4 novembre 2020 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi l’avvocato Luigi La Placa per C. C. e l’avvocato dello Stato Antonio Grumetto per il Presidente del Consiglio dei ministri, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 30 ottobre 2020;

deliberato nella camera di consiglio del 4 novembre 2020.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 19 ottobre 2019, il Tribunale ordinario di Termini Imerese ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 702-ter, secondo comma, ultimo periodo, del codice di procedura civile, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione.

    Il giudice rimettente riferisce che, con ricorso per procedimento sommario di cognizione ex art. 702-bis cod. proc. civ., gli eredi nominati in un testamento olografo avevano agito nei confronti del proprio genitore che possedeva i beni devoluti in successione agli stessi, chiedendone la restituzione.

    Il convenuto, nel costituirsi in giudizio, domandava in via riconvenzionale l’accertamento della nullità del predetto testamento, rivendicando la propria qualità di erede in ragione di un precedente testamento pubblico.

    Il giudice a quo evidenzia, in punto di rilevanza, che la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto, essendo demandata alla decisione del tribunale in composizione collegiale, dovrebbe, in mancanza di una pronuncia di illegittimità costituzionale, essere dichiarata inammissibile in virtù di quanto espressamente disposto dall’art. 702-ter, secondo comma, ultimo periodo, cod. proc. civ., poiché l’art. 702-bis, primo comma, del medesimo codice delimita l’ambito di applicazione del procedimento sommario alle cause attribuite alla cognizione del tribunale in composizione monocratica.

    Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice rimettente, premesso che la causa introdotta dal convenuto nel procedimento sommario ha carattere pregiudiziale rispetto a quella formulata dai ricorrenti, ritiene che la norma censurata, laddove prevede in ogni caso – e dunque anche in questa ipotesi – la declaratoria di inammissibilità della domanda riconvenzionale di competenza collegiale, potrebbe porsi in contrasto, in primo luogo, con il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost., atteso che la decisione separata delle due cause potrebbe determinare un contrasto di giudicati. La norma sarebbe irragionevole, in quanto, ai sensi dell’art. 34 cod. proc. civ., qualora le due cause rientrassero invece nella competenza, per materia o valore, di un altro giudice, la proposizione con domanda riconvenzionale della causa pregiudiziale determinerebbe lo spostamento di entrambe le controversie al giudice superiore, mentre un’analoga trattazione congiunta non sarebbe assicurata, stante la previsione censurata, nel caso in cui la questione pregiudiziale potesse essere trattata dal medesimo ufficio giudiziario, anche se in diversa composizione.

    Il secondo comma dell’art. 702-ter cod. proc. civ., nella parte in cui impone la declaratoria di inammissibilità della domanda riconvenzionale demandata alla decisione del tribunale in composizione collegiale, si porrebbe, inoltre, in contrasto con l’art. 24 Cost., nella misura in cui consentirebbe al ricorrente di abusare dei propri poteri processuali ottenendo celermente una decisione sulla domanda principale dipendente, in virtù della maggiore celerità del procedimento sommario rispetto a quello ordinario di cognizione che il convenuto dovrebbe incardinare, a fronte della declaratoria di inammissibilità della domanda riconvenzionale.

    Né, ad avviso del Tribunale rimettente, sarebbe possibile, a fronte della chiara formulazione letterale della norma censurata, un’interpretazione costituzionalmente orientata, pure suggerita dalla dottrina, nel senso di evitare la declaratoria di inammissibilità della domanda riconvenzionale in una ipotesi, come quella sottoposta al proprio esame, in cui ricorra un rapporto di connessione “forte” per pregiudizialità-dipendenza tra cause, ritenendo possibile che, in alternativa, il giudice possa disporre per entrambe le controversie, avvinte dal nesso di pregiudizialità per subordinazione, il mutamento del rito in quello ordinario.

  2. – In data 26 marzo 2020, si è costituito in giudizio il convenuto C. C. deducendo che, ove non fosse percorribile un’interpretazione costituzionalmente orientata del sistema normativo, nel senso di ritenere che il giudice adito con ricorso ex art. 702-bis cod. proc. civ. possa mutare il rito nell’ipotesi in cui venga proposta una domanda riconvenzionale pregiudiziale demandata alla cognizione del tribunale in composizione collegiale, le questioni sollevate dal Tribunale di Termini Imerese dovrebbero ritenersi fondate. Aggiunge, al riguardo, che il diritto di difesa della parte convenuta a fronte della declaratoria di inammissibilità della domanda sarebbe tanto più compromesso dalla non impugnabilità del relativo provvedimento.

  3. – Con atto depositato il 25 marzo 2020, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto delle questioni sollevate dall’ordinanza di rimessione.

    Ad avviso di quest’ultimo, il Tribunale rimettente potrebbe già disporre, nella fattispecie considerata, il mutamento nel rito, tenendo conto della giurisprudenza di legittimità, che l’ha ritenuto necessario in luogo della sospensione della causa pregiudicata ex art. 295 cod. proc. civ., ove quella pregiudicante penda dinanzi ad altro ufficio giudiziario (Corte di cassazione, sezione sesta civile, sottosezione terza, ordinanza 2 gennaio 2012, n. 3) e finanche qualora le due cause siano incardinate di fronte allo stesso ufficio (Corte di cassazione, sezione sesta civile, sottosezione terza, ordinanza 7 dicembre 2018, n. 31801). La questione sarebbe stata quindi già risolta, nella prospettazione della difesa statale, da tale orientamento giurisprudenziale, che si pone nel senso auspicato dal giudice a quo.

  4. – Con memoria illustrativa pervenuta l’8 ottobre 2020, il convenuto ha ribadito le proprie deduzioni.

    Considerato in diritto

  5. – Con ordinanza del 19 ottobre 2019, il Tribunale ordinario di Termini Imerese ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 702-ter, secondo comma, ultimo periodo, del codice di procedura civile, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione.

    La disposizione è stata censurata, in riferimento ai parametri evocati, in quanto impone al giudice adito con ricorso sommario di cognizione di dichiarare inammissibile la domanda riconvenzionale proposta dal convenuto, non rientrante nell’ambito applicativo del relativo rito speciale, laddove devoluta alla...

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