Sentenza nº 248 da Constitutional Court (Italy), 25 Novembre 2020

RelatoreFrancesco Viganò
Data di Resoluzione25 Novembre 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 248

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Mario Rosario MORELLI

Giudici: Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», e dell’art. 590-bis del codice penale, promossi dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Treviso con ordinanza dell’11 aprile 2019, dal Tribunale ordinario di Milano, sezione quinta penale, con ordinanza del 24 maggio 2019 e dal Tribunale ordinario di Pisa con ordinanza del 12 luglio 2019, iscritte, rispettivamente, ai numeri 183 e 225 del registro ordinanze 2019 e al n. 5 del registro ordinanze 2020 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 44 e 51, prima serie speciale, dell’anno 2019 e n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visti gli atti di costituzione di B. B., di E. V. e di D. B., nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 4 novembre 2020 il Giudice relatore Francesco Viganò;

uditi gli avvocati Stefano Pietrobon per B. B., Guido Aldo Carlo Camera e Marco Bisceglia per E. V., Salvatore Salidu e Stefano Borsacchi per D. B. e l’avvocato dello Stato Maurizio Greco, in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 30 ottobre 2020;

deliberato nella camera di consiglio del 4 novembre 2020.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza dell’11 aprile 2019 (r.o. n. 183 del 2019), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Treviso ha sollevato questioni di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», nella parte in cui non ricomprende tra i reati perseguibili a querela il delitto di lesioni stradali gravi e gravissime di cui all’art. 590-bis, primo comma, del codice penale, denunciandone il contrasto con gli artt. 76, 77, primo comma, 25, secondo comma, e 3 della Costituzione.

    1.1.– Il rimettente è investito dell’opposizione a un decreto penale di condanna emesso nei confronti di un imputato per il reato previsto dall’art. 590-bis, primo e ottavo comma, cod. pen., per avere, alla guida della propria autovettura, omesso di rispettare il segnale di stop e svolta obbligatoria a destra e di concedere la precedenza a un’altra autovettura, in violazione degli artt. 7, commi 1 e 14, e 145, commi 5 e 10, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), così cagionando a una persona lesioni personali gravi, con prognosi di guarigione in oltre quaranta giorni, nonché lesioni lievi ad altre tre persone.

    1.1.1.– In punto di rilevanza delle questioni sollevate, il giudice a quo riferisce che l’imputato ha proposto tempestiva opposizione al decreto penale di condanna; che non ricorre alcuna delle circostanze aggravanti a effetto speciale previste dall’art. 590-bis cod. pen., essendo quella delineata al suo ottavo comma (lesioni cagionate a più persone) un’ipotesi di concorso formale di reati, unificati solo quoad poenam (è citata Corte di cassazione, sezione quarta penale, sentenza 20 settembre 1982, n. 8083); che nessuna delle persone offese ha sporto querela; che, tuttavia, il delitto risulta perseguibile d’ufficio, non essendo annoverato tra quelli per i quali il d.lgs. n. 36 del 2018 ha previsto la procedibilità a querela.

    1.1.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo preliminarmente espone che l’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario) aveva delegato il Governo a «prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di cui all’articolo 610 del codice penale, e per i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale, salva in ogni caso la procedibilità d’ufficio qualora ricorra una delle seguenti condizioni: 1) la persona offesa sia incapace per età o per infermità; 2) ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell’articolo 339 del codice penale; 3) nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravità».

    Nell’esercitare la delega con l’adozione del d.lgs. n. 36 del 2018, il Governo non ha annoverato l’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. tra le fattispecie oggetto della modifica del regime di procedibilità, sostenendo, nella relazione illustrativa al provvedimento, che il delitto in questione rientrasse nelle ipotesi eccettuate dalla punibilità a querela, essendo la malattia, derivante da lesioni gravi e gravissime commesse in violazione delle norme di disciplina della circolazione stradale, equiparabile all’infermità che cagioni incapacità della vittima.

    E però, il legislatore delegante avrebbe inteso collegare l’esclusione della procedibilità a querela alla commissione del reato in danno della persona offesa che si trovi in uno stato di incapacità preesistente alla condotta criminosa e, dunque, in condizioni di particolare vulnerabilità e di minorata difesa. L’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni, derivante da lesioni gravi o gravissime in conseguenza di un sinistro stradale, non porrebbe invece la vittima in condizione di «soggezione» all’autore del reato, sicché non si giustificherebbe la necessità di una tutela rafforzata della persona offesa, la quale, ove impossibilitata a sporgere personalmente querela, potrebbe farlo attraverso gli strumenti previsti dagli artt. 121 cod. pen. e 77 del codice di procedura penale.

    Del resto, la Commissione giustizia della Camera dei deputati avrebbe condizionato il proprio parere favorevole allo schema di decreto legislativo presentato dal Governo all’inclusione della fattispecie di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. nel novero dei reati procedibili a querela; condizione che, invece, il Governo avrebbe disatteso, invocando il «particolare allarme sociale» connesso al delitto in questione.

    Le lesioni personali stradali, nell’ipotesi base di cui al primo comma dell’art. 590-bis cod. pen. – caratterizzata dalla generica violazione delle norme in materia di circolazione stradale – non si connoterebbero tuttavia per particolare gravità, a differenza delle ipotesi aggravate di cui ai commi successivi, caratterizzate dalla violazione di regole cautelari specifiche o dall’uso di sostanze alcooliche o stupefacenti.

    1.1.2.1.– La lettura della delega data dal Governo comporterebbe una violazione dei principi e criteri direttivi impartiti dal legislatore delegante, con conseguente vulnus all’art. 76 Cost. La scelta del legislatore delegato frustrerebbe infatti la ratio deflattiva sottesa alla legge n. 103 del 2017, che aveva delegato il Governo ad aumentare le ipotesi di procedibilità a querela e contestualmente introdotto l’istituto dell’estinzione del reato per condotte riparatorie (art. 162-ter cod. pen.), al fine di «evitare la celebrazione di processi ai quali le stesse persone offese non hanno (più) interesse, una volta ottenuta soddisfazione (in termini risarcitori) dall’autore del reato».

    1.1.2.2.– La mancata inclusione del delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. nel novero dei reati perseguibili a querela determinerebbe altresì una lesione dell’art. 77, primo comma, Cost., «disciplinante i limiti (qui violati per difetto) entro i quali l’esecutivo può emanare decreti aventi valore di legge ordinaria», poiché il Governo avrebbe «oltrepassato il chiaro limite dettatogli dal Parlamento».

    1.1.2.3.– Risulterebbe poi violato l’art. 25, secondo comma, Cost., poiché, nel disattendere i principi e criteri direttivi impartiti dalla legge delega n. 103 del 2017, il Governo si sarebbe discostato dalle scelte di politica criminale del Parlamento, così ledendo il principio della riserva di legge in materia penale, che attribuisce al Parlamento funzione centrale nella individuazione dei fatti da sottoporre a pena, delle sanzioni loro applicabili e delle materie da depenalizzare (è citata la sentenza di questa Corte n. 127 del 2017).

    1.1.2.4.– La mancata previsione della procedibilità a querela per il delitto di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. si porrebbe infine irragionevolmente in contrasto con la ratio complessiva della legge n. 103 del 2017, così violando l’art. 3 Cost.

    E invero, la perseguibilità d’ufficio, da un lato, impedirebbe alla persona offesa di scegliere sia se avanzare istanza di punizione dell’autore del reato, sia se rinunciarvi, rimettendo la querela sporta, una volta conseguito il risarcimento del danno. Dall’altro lato, tale regime di procedibilità, rendendo inoperante la causa di estinzione del reato prevista dall’art. 162-ter cod. pen., disincentiverebbe l’autore del reato a ristorare la vittima, atteso che al risarcimento del danno non potrebbe comunque conseguire il proscioglimento.

    1.2.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate inammissibili o...

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