Sentenza nº 247 da Constitutional Court (Italy), 25 Novembre 2020

RelatoreGiancarlo Coraggio
Data di Resoluzione25 Novembre 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 247

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Mario Rosario MORELLI;

Giudici: Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 11 e 20 della legge della Regione Veneto 25 luglio 2019, n. 29 (Legge regionale di adeguamento ordinamentale 2018 in materia di governo del territorio e paesaggio, parchi, trasporto pubblico, lavori pubblici, ambiente, cave e miniere, turismo e servizi all’infanzia), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 27 settembre – 2 ottobre 2019, depositato in cancelleria il 1° ottobre 2019 ed iscritto al n. 102 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di costituzione della Regione Veneto;

udito nella udienza pubblica del 20 ottobre 2020 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato dello Stato Federico Basilica per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Andrea Manzi per la Regione Veneto;

deliberato nella camera di consiglio del 5 novembre 2020.

Ritenuto in fatto

  1. − Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso iscritto al reg. ric. n. 102 del 2019, ha impugnato gli artt. 11 e 20 della legge della Regione Veneto 25 luglio 2019, n. 29 (Legge regionale di adeguamento ordinamentale 2018 in materia di governo del territorio e paesaggio, parchi, trasporto pubblico, lavori pubblici, ambiente, cave e miniere, turismo e servizi all’infanzia), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere m) ed e), e terzo comma, della Costituzione.

    1.1.− Osserva il ricorrente che l’impugnato art. 11 inserisce nella legge della Regione Veneto 23 aprile 2004, n. 11 (Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio), l’art. 40-bis (Disposizioni relative a immobili costitutivi della memoria e dell’identità storico-culturale del territorio), il quale, al comma 5, dispone l’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione nell’ipotesi di cambio di destinazione d’uso di immobili funzionali alla conservazione della memoria e dell’identità storico-culturale del territorio, al ricorrere delle ulteriori condizioni ivi previste (riconoscimento da parte del Comune di un interesse pubblico, sussistenza di adeguate opere di urbanizzazione primarie e mancanza di aumento dei carichi urbanistici).

    E ciò in contrasto con la disciplina statale che, invece, imporrebbe, nell’ipotesi di cambio di destinazione d’uso, l’obbligo di corrispondere gli oneri di urbanizzazione in relazione alla situazione esistente al momento della presentazione della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) o del permesso di costruire.

    Viene ricordato dall’Avvocatura generale dello Stato che la Corte costituzionale ha riconosciuto la natura di norme di principio alle disposizioni che definiscono l’onerosità dell’attività edilizia, ma anche a quelle che, incidendo su tale principio, concorrono a determinare l’effettiva portata e la caratterizzazione positiva del principio medesimo, in quanto ad esso legate da un rapporto di coessenzialità o di integrazione necessaria (sentenze n. 231 del 2016 e n. 1033 del 1988).

    1.1.1.− Il ricorrente assume un ulteriore profilo di contrasto con la disciplina statale di riferimento alla luce del combinato disposto dei commi 2 (il quale prevede l’approvazione, da parte del Comune, di una variante al Piano degli interventi comunali) e 5 dell’art. 40-bis oggetto di esame.

    Vi sarebbe, infatti, violazione, in particolare, del disposto dell’art. 16, comma 4, lettera d-ter, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), da considerarsi anch’esso norma di principio, il quale prevede la debenza di un contributo straordinario in ipotesi di «interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d’uso».

    L’Avvocatura generale dello Stato puntualizza che le previsioni contenute nel medesimo art. 16 del d.P.R. n. 380 del 2001 (d’ora in avanti: TUE), ai commi 4-bis e 5 – in base alle quali vengono fatte salve le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali – si riferirebbero alla disciplina del calcolo del maggior valore e agli obiettivi cui il «contributo straordinario» deve essere vincolato e lascerebbero dunque inalterato il principio in base al quale, per quanto di interesse nel caso di specie, qualora si sia in presenza di varianti urbanistiche con cambio di destinazione d’uso è dovuto un «contributo straordinario», in ragione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili.

    1.1.2.− Il gravato art. 11 violerebbe, dunque, l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto si porrebbe in contrasto con i princìpi fondamentali dettati in materia di governo del territorio dagli artt. 16 e 17 del TUE.

    1.2.− Ulteriore questione ha ad oggetto l’art. 20 della medesima legge regionale n. 29 del 2019 che modifica la legge della Regione Veneto 31 dicembre 2012, n. 55 (Procedure urbanistiche semplificate di sportello unico per le attività produttive e disposizioni in materia urbanistica, di edilizia residenziale pubblica, di mobilità, di noleggio con conducente e di commercio itinerante), introducendo l’art. 6-bis (Disposizioni per l’applicazione delle procedure di sportello unico per le attività produttive). A parere del ricorrente esso violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed m), Cost.

    L’art. 6-bis, nell’ambito delle procedure relative allo sportello unico per le attività produttive di cui al d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160 (Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133), prevede che, decorsi inutilmente i termini fissati dall’art. 7, commi 1 e 2, del medesimo d.P.R. senza che il responsabile del procedimento presso la struttura dello sportello unico comunale o intercomunale abbia comunicato il provvedimento conclusivo ovvero abbia attivato la conferenza di servizi di cui al successivo comma 3 dello stesso art. 7, il richiedente può presentare istanza alla struttura provinciale o della città metropolitana competente in materia di sportello unico per le imprese affinché, entro quindici giorni dalla richiesta, convochi una conferenza di servizi finalizzata ad individuare le modalità per l’eventuale prosecuzione del procedimento.

    Tale disposizione, dunque, introdurrebbe una deroga al predetto art. 7, comma 3, ai sensi del quale, scaduto il termine stabilito per la conclusione del procedimento davanti allo sportello unico ovvero in caso di mancato ricorso alla conferenza di servizi, si applicherebbe la regola del «silenzio assenso», in virtù del rinvio all’art. 38, comma 3, lettera h), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133.

    La legge regionale in esame determinerebbe, quindi, un aggravamento procedimentale poiché escluderebbe l’applicazione della regola del «silenzio assenso», che consente la chiusura certa del procedimento, prevedendo l’attivazione di una conferenza di servizi al fine non di definire il procedimento ma di individuare le modalità per la sua eventuale prosecuzione.

    La stessa Corte costituzionale – rammenta il ricorrente – con la sentenza n. 15 del 2010 ha riconosciuto la competenza statale per la disciplina in materia di sportello unico, valorizzando «la funzione di coordinamento perseguita dalla normativa che disciplina compiti e funzionamento dello “sportello unico per le imprese”, attraverso la istituzione di un procedimento amministrativo uniforme volto a consentire ai soggetti in possesso dei requisiti di...

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