Sentenza nº 199 da Constitutional Court (Italy), 02 Settembre 2020

RelatoreGiovanni Amoroso
Data di Resoluzione02 Settembre 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 199

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Mario Rosario MORELLI;

Giudici: Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 11, 14, 22, commi 2 e 3, e 26, comma 2, della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2019, n. 1 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2019. Legge di stabilità regionale), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 24 aprile-3 maggio 2019, depositato in cancelleria il 3 maggio 2019, iscritto al n. 54 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;

udito nella udienza pubblica del 21 luglio 2020 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi l’avvocato dello Stato Ruggero Di Martino per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Marina Valli per la Regione Siciliana;

deliberato nella camera di consiglio del 21 luglio 2020.

Ritenuto in fatto

  1. ‒ Con ricorso notificato il 24 aprile-3 maggio 2019, depositato il 3 maggio 2019 e iscritto al n. 54 del registro ricorsi 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, tra le altre (già decise con sentenze n. 194 e n. 144 del 2020), questioni di legittimità costituzionale degli artt. 11, 14, 22, commi 2 e 3, della legge della Regione Siciliana 22 febbraio 2019, n. 1 (Disposizioni programmatiche correttive per l’anno 2019. Legge di stabilità regionale), in riferimento agli artt. 51 e 97, quarto comma, della Costituzione, nonché dell’art. 26, comma 2, della medesima legge regionale Siciliana, in riferimento agli artt. 81, e 117, secondo comma, lettera l), Cost.

  2. ‒ In primo luogo, il ricorrente impugna l’art. 11 della legge reg. Siciliana n. 1 del 2019 rubricato «Personale ASU Assessorato Beni Culturali», il quale stabilisce che: «[a]l fine di garantire la continuità dei servizi prestati presso gli uffici dell’assessorato regionale dei beni culturali e dell’identità siciliana i soggetti di cui all’articolo 1 della legge regionale 5 novembre 2001, n. 17 e successive modifiche ed integrazioni, utilizzati fino alla data di entrata in vigore della presente legge in tali uffici, transitano in utilizzazione presso gli stessi».

  3. ‒ La difesa statale impugna, poi, l’art. 14 della legge reg. Siciliana citata, il quale dispone «[a]l fine di garantire la continuità del servizio antincendio boschivo regionale il personale di cui all’articolo 12 della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5, in ragione dell’elevata esperienza professionale acquisita durante il servizio prestato nel quinquennio 2014-2018 presso le Sale operative provinciali, è mantenuto nelle medesime mansioni senza determinare maggiori oneri a carico del bilancio regionale».

    Secondo il ricorrente, tale disposizione consentirebbe che il personale forestale possa essere utilizzato con un inquadramento riservato, e ciò in mancanza di qualsiasi termine finale e senza alcuna limitazione numerica.

  4. ‒ Inoltre, quanto all’impugnato art. 22, comma 2, il ricorrente osserva che dal quadro normativo di riferimento emerge una contrapposizione tra la disciplina di cui all’art. 20, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75 (Modifiche e integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a, e 2, lettere b, c, d ed e e 17, comma 1, lettere a, c, e, f, g, h, l, m, n, o, q, r, s e z, della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), il quale nelle procedure di stabilizzazione prevede la garanzia dell’adeguato accesso dall’esterno e quella contenuta nella disposizione impugnata, là dove si prevede che le procedure di cui all’art. 3, comma 6, della legge della Regione Siciliana 29 dicembre 2016, n. 27 (Disposizioni in materia di autonomie locali e per la stabilizzazione del personale precario) e di cui all’art. 26, comma 6, della legge della Regione Siciliana 8 maggio 2018, n. 8 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2018. Legge di stabilità regionale) sono da intendere come procedure di stabilizzazione del personale precario «interamente riservate» a detto personale.

    Il ricorrente, poi, alla luce della deliberazione della Corte dei conti, sezione di controllo per la Regione Siciliana, n. 28 del 2019 ‒ con cui il giudice contabile si è pronunciato sulla corretta interpretazione degli artt. 20, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017, dell’art. 3, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 27 del 2016 e 26, comma 6, della legge reg. Siciliana n. 8 del 2018, ‒ afferma che la disposizione censurata è incompatibile sia con la disciplina contenuta nell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017, sia con il principio dell’adeguato accesso dall’esterno, che costituisce un precipitato della previsione di cui all’art. 97, quarto comma, Cost., secondo cui «[a]gli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge».

  5. ‒ Il ricorrente impugna, poi, l’art. 22, comma 3, della legge regionale in oggetto il quale prevede che le procedure seguite per l’assunzione del personale precario costituiscono requisito utile all’applicazione del comma 1, lettera b) dell’art. 20 del d.lgs. n. 75 del 2017.

    La diposizione in esame, dunque, qualificherebbe come procedure concorsuali quelle seguite per il reclutamento del personale a tempo determinato. Sul punto, il ricorrente ribadisce che la procedura selettiva di tipo concorsuale rimane la regola per l’accesso al pubblico impiego, nonostante il carattere speciale riconosciuto alle norme in materia di stabilizzazione. Del resto, – osserva la difesa erariale – il requisito di cui alla lettera b) dell’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 75 del 2017 è predicabile esclusivamente con riguardo ai cosiddetti precari che, in quanto già scelti all’esito di un precedente pubblico concorso, garantiscono comunque un’elevata professionalità all’amministrazione presso la quale prestano servizio.

    Ciò premesso, ad avviso del ricorrente, tutte le disposizioni richiamate presentano analoghi profili di incostituzionalità.

    Al riguardo, l’Avvocatura generale richiama il consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui il principio del pubblico concorso, per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, quando l’intento è di valorizzare esperienze professionali maturate all’interno dell’amministrazione, può andare incontro a deroghe ed eccezioni, attraverso la previsione di trasformazione delle posizioni di lavoro a tempo determinato, già ricoperte da personale precario dipendente.

    Affinché, però, «sia assicurata la generalità della regola del concorso pubblico disposta dall’art. 97 Cost.», è necessario che «l’area delle eccezioni» alla regola sancita dal suo primo comma sia «delimitata in modo rigoroso» (sentenze n. 9 del 2010, n. 215 del 2009 e n. 363 del 2006).

    In particolare, la difesa statale ricorda come sia indispensabile che le eccezioni al principio del pubblico concorso siano numericamente contenute in percentuali limitate, rispetto alla globalità delle assunzioni poste in essere dall’amministrazione; che l’assunzione corrisponda a una specifica necessità funzionale dell’amministrazione stessa; e, soprattutto, che siano previsti adeguati accorgimenti per assicurare comunque che il personale assunto abbia la professionalità necessaria allo svolgimento dell’incarico (sentenza n. 215 del 2009).

    Il ricorrente osserva, ancora, che tale principio non è destinato a subire limitazioni neppure nel caso in cui il personale da stabilizzare abbia fatto ingresso, in forma precaria, nell’amministrazione con procedure di evidenza pubblica, e neppure laddove la selezione a suo tempo svolta sia avvenuta con pubblico concorso, dato che la necessità del concorso per le assunzioni a tempo indeterminato discende non solo dal rispetto del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 Cost., ma anche dalla necessità di consentire a tutti i cittadini l’accesso alle funzioni pubbliche, in base all’art. 51 Cost.

    Aggiunge, poi, che «la natura comparativa e aperta della procedura è [..] elemento essenziale del concorso pubblico», sicché deve escludersi la legittimità costituzionale di «procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilità di accesso dall’esterno» violando il carattere pubblico del concorso (in tal senso, sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 100 del 2010 e n. 293 del 2009).

    Ad avviso del ricorrente, poi, «il previo superamento di una qualsiasi “selezione pubblica” presso qualsiasi “ente pubblico”, è requisito troppo generico per autorizzare una successiva stabilizzazione senza concorso», perché esso «non garantisce che la previa selezione avesse natura concorsuale e fosse riferita alla tipologia e al livello delle funzioni che il personale successivamente stabilizzato è chiamato a svolgere» (è richiamata la sentenza di questa Corte n. 225 del 2010).

    Non sarebbe conforme al quadro normativo delineato la possibilità, per chiunque, e anche per i precari assunti a tempo determinato con modalità alternative al pubblico concorso, di accedere, senza previo espletamento di una procedura concorsuale, ai benefici della stabilizzazione ogniqualvolta per quelle specifiche mansioni sia possibile un’assunzione nei ruoli del pubblico impiego, non potendosi ritenere che l’attingere alle graduatorie di cui alla legge della Regione Siciliana 21 dicembre 1995, n. 85 (Norme per l’inserimento lavorativo dei soggetti partecipanti ai progetti di utilità...

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