Sentenza nº 153 da Constitutional Court (Italy), 20 Luglio 2020

RelatoreGiancarlo Coraggio nella camera di consiglio del 24 giugno 2020
Data di Resoluzione20 Luglio 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 153

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Marta CARTABIA;

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 6-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), come introdotto dall’art. 6, comma 1, lettera c), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011, n. 148, promosso dal Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, sezione staccata di Parma, nel procedimento vertente tra R. P. e altro e il Comune di F. e altro, con ordinanza del 22 gennaio 2019, iscritta al n. 138 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito il Giudice relatore Giancarlo Coraggio nella camera di consiglio del 24 giugno 2020, svolta ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera a);

deliberato nella camera di consiglio del 25 giugno 2020.

Ritenuto in fatto

  1. − Con sentenza parziale, il Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, sezione staccata di Parma, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 6-ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).

    1.1.− Il rimettente espone in punto di fatto che:

    − i ricorrenti R. P. e M. A., proprietari di un appartamento al piano terreno di un immobile condominiale, hanno chiesto l’annullamento di due segnalazioni certificate d’inizio attività (SCIA) del 6 dicembre 2016 e 21 febbraio 2017, presentate dalla condomina M. S., nonché del verbale di sopralluogo effettuato il 31 ottobre 2017 presso il citato immobile e della comunicazione con cui il Comune di F. aveva loro trasmesso tale verbale;

    − quest’ultimi atti erano stati adottati dall’amministrazione comunale a seguito della «segnalazione di presunto abuso edilizio e di irregolarità nella presentazione di SCIA edilizie», inoltrata dai ricorrenti il 26 ottobre 2017;

    − nel merito, il ricorso si basa sui seguenti motivi: 1) il progetto edilizio contestato avrebbe previsto una sopraelevazione della gronda e del colmo di circa sedici centimetri, in contrasto con quanto prescritto dall’art. 80 del regolamento urbanistico ed edilizio (RUE) del Comune di F.; 2) la modificazione dell’altezza interna avrebbe comportato anche un aumento di quella esterna, in violazione dell’art. 2 della legge della Regione Emilia-Romagna 6 aprile 1998, n. 11 (Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti); 3) la distanza, inferiore a dieci metri, esistente tra il fabbricato oggetto dell’intervento e quello adiacente, avrebbe dovuto impedire ogni maggiore altezza, ai sensi dell’art. 9 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spezi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 765 del 1967); 4) la tesi secondo cui la maggiore altezza sarebbe legittima, data la possibilità di realizzare un cordolo strutturale di venticinque centimetri, sarebbe erronea, in quanto, da un lato, il decreto ministeriale 14 gennaio 2008 (Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni) impedirebbe di considerare l’inserimento del cordolo sommitale quale sopraelevazione solo a fini sismici, e, dall’altro, il richiamo al d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)» non consentirebbe di derogare alle altre normative edilizie; 5) le opere realizzate avrebbero potuto essere eseguite solo con l’autorizzazione di tutti i condomini; 6) l’intervento sarebbe una vera e propria sopraelevazione, non attuabile tramite SCIA ma autorizzabile solo una volta verificato il rispetto delle distanze e acquisite le necessarie certificazioni sismica e sulla sicurezza;

    − il Comune di F. si è costituito in giudizio, instando per il rigetto del ricorso;

    − il Collegio ha disposto una verificazione tecnica, che è giunta alle seguenti conclusioni: l) vi è stata una sopraelevazione media di quindici/sedici centimetri in gronda e di quattordici centimetri in colmo; 2) il progetto contrasta con l’art. 80 del RUE del Comune di F., nella versione vigente al momento della presentazione della SCIA n. 256 del 2016; 3) la modificazione dell’altezza interna ha comportato anche un aumento di quella esterna di circa venti centimetri; 4) la distanza esistente rispetto al fabbricato adiacente è inferiore a dieci metri, ma l’intervento di mero recupero della preesistenza non è assoggettato alle distanze minime previste dal d.m. n. 1444 del 1968; 5) la maggiore altezza accertata è contenuta nello spessore del cordolo sommitale realizzato, per cui l’intervento, ai fini sia dell’applicazione della normativa antisismica sia della sua classificazione edilizia, non si configura quale sopraelevazione e rimane nell’ambito della ristrutturazione; 6) sono state prodotte le necessarie attestazioni e certificazioni sismica e sulla sicurezza.

    1.2.− Ciò premesso in punto di fatto, il rimettente afferma, innanzitutto, di condividere le considerazioni tecniche del verificatore, in virtù dell’accurata ricostruzione della fattispecie e della corretta metodologia seguita.

    Osserva poi il TAR che «le due SCIA edilizie presentate dalla controinteressata sono equiparate dalla legge ad atti di iniziativa privata e non ad atti costitutivi» di corrispondenti provvedimenti autorizzatori impliciti, sicché di essi non è possibile ottenere l’annullamento; e che, con gli altri due atti impugnati (il verbale di sopralluogo e la sua comunicazione ai ricorrenti), il Comune ha verificato la conformità dei lavori edilizi al progetto edilizio presentato, decidendo «di non intervenire in autotutela».

    Resterebbe quindi da verificare se tali ultimi atti possano essere ritenuti veri e propri provvedimenti impugnabili.

    Si dovrebbe considerare, al riguardo, che l’amministrazione resistente è intervenuta su sollecitazione dei terzi a compiere le verifiche di cui all’art. 19, comma 6-ter, della legge n. 241 del 1990, con cui è stata denunciata, «primariamente», un’altezza esterna superiore a quella originaria del fabbricato (non rilevando nel giudizio a quo le censure “privatistiche” relative alla mancata autorizzazione condominiale).

    In risposta a tale segnalazione, i tecnici del Comune di F. hanno riscontrato la conformità delle opere realizzate ai titoli abilitativi e tale riscontro è stato condiviso dall’amministrazione comunale, sì che la manifestazione di volontà contenuta nella comunicazione inviata ai ricorrenti sarebbe un vero e proprio provvedimento di diniego dell’intervento richiesto.

    Vi sarebbe, poi, un profilo di inerzia nella condotta dell’amministrazione, che ha rinviato ad ulteriori approfondimenti l’accertamento della conformità dello stato di fatto dichiarato a quello preesistente.

    Rispetto a tale profilo il TAR, ai sensi dell’ultimo periodo del citato comma 6-ter dell’art. 19, potrebbe accertare la fondatezza della pretesa dei ricorrenti, con riqualificazione della domanda di annullamento, seppure nei limiti di cui all’art. 31, comma 3, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo).

    1.3.− Nel merito, sarebbe corretta la contestazione secondo cui l’accertata modificazione dell’altezza interna dell’immobile avrebbe comportato anche un aumento di quella esterna di circa venti centimetri.

    Tale maggiore altezza, tuttavia, come osservato dal verificatore, in quanto «contenuta nello spessore del cordolo sommitale realizzato», non integrerebbe una sopraelevazione, e quindi l’intervento, non comportando un aumento di volumetria, andrebbe qualificato come ristrutturazione edilizia, legittimamente realizzata a mezzo SCIA.

    Né avrebbe alcun rilievo la distanza inferiore a dieci metri tra il fabbricato ristrutturato e quello adiacente, trattandosi di un intervento concretizzatosi «in un mero recupero della preesistenza», non assoggettato al divieto posto dal citato d.m. n. 1444 del 1968.

    Sarebbe invece accertata la violazione dell’art. 80...

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