Sentenza nº 151 da Constitutional Court (Italy), 16 Luglio 2020

RelatoreGiulio Prosperetti ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020
Data di Resoluzione16 Luglio 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 151

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Marta CARTABIA;

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 31, comma 2, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 64, recante «Disciplina della scuola italiana all’estero, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera h), della legge 13 luglio 2015, n. 107», promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza-ter, nel procedimento vertente tra il sindacato Unione Italiana del Lavoro (UIL) Scuola nazionale e altri e il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e altri, con ordinanza del 30 settembre 2019, iscritta al n. 3 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell’anno 2020.

Visti gli atti di costituzione della UIL Scuola nazionale, di G. C. e di S. S., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito il Giudice relatore Giulio Prosperetti ai sensi del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettere a) e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data 10 giugno 2020;

deliberato nella camera di consiglio del 23 giugno 2020.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 30 settembre 2019 (reg. ord. n. 3 del 2020), il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza-ter, solleva questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, dell’art. 31, comma 2, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 64, recante «Disciplina della scuola italiana all’estero, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera h), della legge 13 luglio 2015, n. 107», nella parte in cui prevede, come requisito per l’affidamento da parte delle scuole italiane all’estero di insegnamenti obbligatori secondo l’ordinamento italiano, che il personale italiano o straniero interessato sia «residente nel paese ospitante da almeno un anno».

    1.1.– La questione è insorta nel corso di un giudizio promosso dal sindacato Unione Italiana del Lavoro (UIL) Scuola nazionale, insieme ad alcuni docenti, nei confronti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, nonché di alcuni istituti scolastici italiani all’estero.

    Il giudice rimettente riferisce che i ricorrenti hanno impugnato i bandi di concorso adottati tra i mesi di marzo e aprile 2018 da alcune scuole italiane all’estero (nel dettaglio: il bando della Scuola italiana di Atene, del 21 marzo 2018; il bando della Scuola statale italiana di Madrid, del 19 marzo 2018; il bando dell’Istituto statale comprensivo “Leonardo da Vinci” di Parigi, del 7 marzo 2018; il bando della Scuola media e liceo scientifico statale “I.M.I.” di Istanbul, del 29 marzo 2018; il bando dell’Istituto italiano statale comprensivo di Barcellona, del 13 aprile 2018; il bando dell’Istituto statale omnicomprensivo “Galileo Galilei” di Addis Abeba, del 10 aprile 2018).

    Si tratta di bandi per il reclutamento di personale docente cosiddetto locale da parte delle menzionate scuole italiane all’estero, emanati ai sensi dell’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 64 del 2017, secondo cui «[n]elle scuole statali all’estero un numero limitato di insegnamenti obbligatori nell’ordinamento italiano può essere affidato a personale italiano o straniero, residente nel paese ospitante da almeno un anno, in possesso dei requisiti previsti dalla normativa italiana e avente una conoscenza certificata della lingua italiana con finalità didattiche a livello avanzato secondo il Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue. Con decreto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sentito il Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, sono stabiliti, avendo riguardo alle specificità dei contesti locali e delle discipline caratterizzanti i diversi indirizzi di studio, gli insegnamenti ai quali in ciascuna scuola si applicano le disposizioni del presente comma, nonché i criteri e le procedure di selezione e di assunzione del personale interessato».

    Il giudice a quo rappresenta che i ricorrenti hanno impugnato, altresì, il decreto 8 gennaio 2018, prot. n. 3615/2501, con cui il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale Direzione generale per la promozione del sistema Paese, in attuazione di quanto previsto dalla seconda parte dell’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 64 del 2017 ha individuato gli insegnamenti obbligatori secondo l’ordinamento italiano che, nelle scuole statali all’estero, possono essere affidati a personale docente con contratto a tempo indeterminato, regolato dalla legge locale, nonché i criteri e le procedure di selezione e assunzione di detto personale.

    I ricorrenti, nel domandare l’annullamento, previa sospensione cautelare, degli atti impugnati, hanno censurato, tra le altre cose, la previsione, quale requisito di partecipazione alla selezione, del possesso di un titolo di residenza di almeno un anno nel paese estero ove dovrebbe svolgersi il rapporto di lavoro, requisito che i cinque professori ricorrenti hanno allegato di non possedere.

    Nel giudizio si sono costituiti il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ed il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del gravame.

    Il Collegio rimettente prosegue riferendo che, esaurita la fase cautelare, la causa è stata decisa con sentenza parziale n. 11409 del 2019, nella quale, ritenute non fondate le eccezioni preliminari sollevate dalle parti resistenti, sono stati rigettati nel merito tutti i motivi di censura sollevati dai ricorrenti, ad eccezione di quello concernente la prospettata illegittimità costituzionale della disposizione di cui all’art. 31, comma 2, del d.lgs. n. 64 del 2017, nella parte in cui stabilisce il requisito della residenza almeno annuale nel paese estero. Ciò in quanto i ricorrenti assumono che tale requisito, nel limitare di fatto la partecipazione alle selezioni de quibus, contrasterebbe con gli artt. 3 e 97 Cost., violando il principio del pubblico concorso.

    Ciò premesso, il giudice a quo, in accoglimento del predetto motivo di gravame, ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disposizione in oggetto, laddove stabilisce il predetto requisito.

    1.2.– In ordine alla rilevanza della questione, il giudice a quo rappresenta che i bandi di concorso e il citato decreto ministeriale 8 gennaio 2018, prot. n. 3615/2501, oggetto d’impugnazione da parte dei ricorrenti, riproducono la previsione normativa censurata, contemplando il possesso da parte degli aspiranti del requisito della residenza da almeno un anno nel paese estero ospitante la scuola italiana che indice la procedura di reclutamento.

    Poiché i professori ricorrenti non posseggono il requisito suddetto, non possono prendere parte alle selezioni, da cui «l’impugnazione – per tale specifico motivo – dei bandi e del decreto ministeriale presupposto».

    Il rimettente ravvisa la rilevanza della questione in quanto la decisione del giudizio (limitatamente all’unico profilo rimasto ancora da decidere) «non può prescindere dalla valutazione circa la legittimità costituzionale della norma di legge che ha introdotto il requisito censurato»: l’eventuale annullamento, in parte qua, della disposizione censurata determinerebbe difatti l’illegittimità derivata degli atti amministrativi impugnati e, quindi, l’accoglimento della censura sollevata dai ricorrenti, i quali «per l’effetto, all’esito di una rinnovata attività amministrativa di definizione dei criteri di partecipazione alle selezioni (con espunzione del criterio giudicato illegittimo), finirebbero col beneficiare della possibilità di prendere effettivamente parte alle procedure selettive».

    Esclusa la possibilità di una interpretazione adeguatrice della disposizione censurata, stante il suo chiaro tenore letterale, il rimettente precisa che essa «per il fatto stesso di prevedere il criterio restrittivo della residenza almeno annuale, finisce con l’imporlo (a valle) a quelle istituzioni scolastiche estere che vogliano bandire una selezione per il proprio personale c.d. locale, nonché (a monte) alla stessa amministrazione ministeriale chiamata ad adottare l’atto normativo generale previsto dalla seconda parte del comma 2 dell’art. 31» con cui sono stabiliti, tra l’altro, «i criteri e le procedure di selezione e di assunzione del personale interessato».

    1.3.– In ordine alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo preliminarmente richiama la giurisprudenza costituzionale secondo cui il concorso pubblico, nel consentire di attuare il principio di uguaglianza nell’accesso ai pubblici uffici di cui all’art. 51 Cost., costituisce la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, «in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost., potendo a tale regola derogarsi solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici e purché le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie ed irragionevoli forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi (cfr., tra le tante, Corte cost., sent. n. 159 del 2005)», sicché «le deroghe possono essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a...

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