Sentenza nº 106 da Constitutional Court (Italy), 05 Giugno 2020

RelatoreSilvana Sciarra
Data di Resoluzione05 Giugno 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 106

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Marta CARTABIA;

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 9, 10, 12, 13, commi 1 e 3, e 27 della legge della Regione Basilicata 13 marzo 2019, n. 4 (Ulteriori disposizioni urgenti in vari settori d’intervento della Regione Basilicata), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 13-20 maggio 2019, depositato in cancelleria il 21 maggio 2019, iscritto al n. 60 del registro ricorsi 2019 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di costituzione della Regione Basilicata;

udito il Giudice relatore Silvana Sciarra, secondo le prescrizioni del decreto della Presidente della Corte del 24 marzo 2020, punto 1), lettera c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data 7 aprile 2020;

deliberato nella camera di consiglio dell’8 aprile 2020.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso notificato il 13-20 maggio 2019, depositato il 21 maggio 2019, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato varie disposizioni della legge della Regione Basilicata 13 marzo 2019, n. 4 (Ulteriori disposizioni urgenti in vari settori d’intervento della Regione Basilicata), fra cui gli artt. 9, 10, 12, 13, commi 1 e 3, e 27, in riferimento agli artt. 3, 41, 97, 117, commi primo, secondo, lettera s), e terzo della Costituzione.

    1.1.– Sono anzitutto impugnati gli artt. 9 e 10 della legge reg. Basilicata n. 4 del 2019, nella parte in cui modificano la previgente disciplina (di cui, rispettivamente, al paragrafo 1.2.1.4. dell’Appendice A al Piano di indirizzo energetico ambientale regionale – PIEAR, approvato con legge della Regione Basilicata 19 gennaio 2010, n. 1, recante «Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale. D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 – L.R. n. 9/2007», e all’art. 38 della legge della Regione Basilicata 22 novembre 2018, n. 38, recante «Seconda variazione al bilancio di previsione pluriennale 2018/2020 e disposizioni in materia di scadenza di termini legislativi e nei vari settori di intervento della Regione Basilicata») e pongono condizioni relative alla distanza degli aerogeneratori dalle abitazioni e dalle strade.

    Secondo il ricorrente tali norme violerebbero l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità), e al paragrafo 1.2. dell’Allegato al decreto ministeriale 10 settembre 2010 (Linee guida nazionali per l’autorizzazione degli impianti a fonte rinnovabile), che rinvia al successivo paragrafo 17 dell’Allegato 3 delle Linee guida per le modalità di individuazione delle aree non idonee.

    Il ricorrente afferma che la disciplina statale dell’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili non tollera eccezioni, proprio perché contiene i principi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione dell’energia». Le norme regionali impugnate, nello stabilire in via generale, senza istruttoria e valutazione in concreto, in sede procedimentale, distanze minime non previste dalla legislazione statale, non garantirebbero il rispetto di tali principi fondamentali. In linea con questi ultimi, infatti, – sottolinea la difesa statale – le Regioni possono solo individuare le aree non idonee sulla base di un’apposita istruttoria, da realizzarsi in seno al procedimento amministrativo, in cui – come già più volte affermato dalla giurisprudenza costituzionale – può e deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela.

    Considerato che fra i principi fondamentali stabiliti dal legislatore statale vi è quello, di derivazione comunitaria, della massima diffusione degli impianti di energia a fonte rinnovabile, non spetterebbe, pertanto, alla Regione stabilire limiti generali alla realizzazione di tali impianti, specie nella forma delle distanze minime. Queste ultime – ricorda il ricorrente – sono previste dalle Linee guida nazionali di cui al d.m. 10 settembre 2010, all’Allegato 4, solo come possibili misure di mitigazione dell’impatto ambientale e non come condizioni perentorie o prescrizioni generali. Pertanto, la soluzione legislativa adottata dalla Regione Basilicata – che impone in via generale distanze minime per la localizzazione degli impianti, senza istruttoria e senza alcuna valutazione in concreto dei siti – violerebbe i principi fondamentali stabiliti dal legislatore statale e non permetterebbe un’adeguata tutela dei molteplici e rilevanti interessi coinvolti.

    1.2.– È anche impugnato l’art. 12 della legge reg. Basilicata n. 4 del 2019, là dove introduce il comma 1-bis all’art. 3 della legge della Regione Basilicata 26 aprile 2012, n. 8 (Disposizioni in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili) e dispone una possibile proroga del termine per la presentazione della documentazione prevista dal PIEAR, ai fini dell’autorizzazione regionale di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, su istanza dell’interessato e solo quando il ritardo sia dovuto a motivi indipendenti dalla volontà di quest’ultimo, per un periodo massimo di 60 giorni.

    Secondo il ricorrente, la norma in esame sarebbe, anzitutto, in contrasto con l’art. 27-bis, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale). Esso stabilisce che, con riferimento al provvedimento autorizzatorio unico regionale, per i progetti assoggettati a valutazione di impatto ambientale (VIA), l’autorità competente può concedere, su richiesta motivata del proponente, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a 180 giorni.

    Vi sarebbe, pertanto, un contrasto con l’esigenza di uniformità normativa sul territorio nazionale, in violazione dell’art. 3 Cost., e con il principio di buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost. Nello stabilire un ulteriore termine di proroga del procedimento di autorizzazione, la norma regionale ne dilaterebbe la relativa durata, immotivatamente aggravandolo in modo arbitrario, in conflitto con i canoni di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa.

    Sarebbe, inoltre, violata la sfera di competenza legislativa statale esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in cui rientra la disciplina della VIA. In riferimento a quest’ultima – precisa la difesa statale – spetta allo Stato fissare, anche in attuazione degli obblighi europei, livelli di tutela dell’ambiente uniforme sull’intero territorio nazionale, che si impongono alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in materie di loro competenza.

    Il ricorrente sottolinea che l’intervento regionale previsto dalla legislazione statale deve avvenire nel rispetto delle procedure e dei criteri fissati dalla legislazione stessa, motivando la scelta compiuta in modo da garantire la controllabilità della discrezionalità esercitata nelle sedi giurisdizionali.

    1.3.– Il ricorrente impugna, inoltre, l’art. 13, comma 1, della medesima legge reg. Basilicata n. 4 del 2019, là dove, sostituendo il comma 2 dell’art. 11 della legge regionale n. 8 del 2012, pone ulteriori condizioni per l’esclusione degli impianti di energia da fonti rinnovabili di potenza nominale non superiore a 200 kW dal computo di quelli che concorrono al raggiungimento delle potenze installabili di cui alla Parte terza, paragrafo 1.2.3, Tabelle 1-4, del PIEAR. La difesa statale segnala che le ulteriori condizioni, attraverso una serie di rinvii ad altre disposizioni, sono quelle indicate all’art. 32 della legge reg. Basilicata n. 38 del 2018 (che ha modificato l’art. 6 della legge regionale n. 8 del 2012), già impugnato davanti alla Corte costituzionale con un precedente ricorso (iscritto al n. 7 del reg. ricorsi del 2019). Pertanto, il ricorrente ribadisce le censure di illegittimità costituzionale, per violazione degli artt. 41, 117, primo e terzo comma, Cost., già rivolte al citato art. 32, là dove, anzitutto, prescrive una distanza minima tra impianti di energia da fonti rinnovabili, in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dal legislatore statale nella materia di competenza concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», e in particolare con l’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 e con i paragrafi 1.2 e 17.1 delle Linee guida nazionali approvate con il d.m. 10 settembre 2010, recanti specifici indirizzi in merito all’individuazione delle aree non idonee.

    Lo stesso art. 32 della legge reg. Basilicata n. 38 del 2018 – e di conseguenza l’art. 13, comma 1, della legge reg. Basilicata n. 4 del 2019, ora impugnato, che al primo fa rinvio – sarebbe illegittimo anche nella parte in cui prevede, quale ulteriore condizione, la «disponibilità di un suolo la cui estensione sia pari o superiore a tre volte la superficie del generatore fotovoltaico», sul quale, peraltro, non potrà essere realizzato altro impianto di produzione di energia da qualunque tipo di fonte rinnovabile, in contrasto con l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 che, per l’autorizzazione unica, cioè per un regime abilitativo più complesso, prevede al comma 4-bis, la mera «disponibilità del suolo su cui realizzare l’impianto».

    Da ciò si desumerebbe la...

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