Sentenza nº 100 da Constitutional Court (Italy), 27 Maggio 2020

RelatoreGiancarlo Coraggio secondo le prescrizioni del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020
Data di Resoluzione27 Maggio 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 100

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Marta CARTABIA;

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 192, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria nel procedimento vertente tra la S.C.T. Group srl (già S.C.T. Sistemi di Controllo Traffico srl) e il Comune di Alassio e altri, con ordinanza del 15 novembre 2018, iscritta al n. 77 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visti l’atto di costituzione della S.C.T. Group srl (già S.C.T. Sistemi di Controllo Traffico srl);

udito il Giudice relatore Giancarlo Coraggio secondo le prescrizioni del decreto della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1) lettere a) e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in data 5 maggio 2020;

deliberato nella camera di consiglio del 5 maggio 2020.

Ritenuto in fatto

  1. − Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha sollevato, in riferimento all’art. 76 della Costituzione – ed in relazione all’art. 1, comma 1, lettere a) ed eee), della legge 28 gennaio 2016, n. 11 (Deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture) – questione di legittimità costituzionale dell’art. 192, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), nella parte in cui prevede che le stazioni appaltanti danno conto, nella motivazione del provvedimento di affidamento in house, delle ragioni del mancato ricorso al mercato.

    1.1.− Il rimettente espone in punto di fatto che:

    − la società ricorrente, S.C.T. Sistemi di Controllo Traffico srl, gestiva, in esito a procedura aperta bandita nell’anno 2011, il servizio di parcheggio a pagamento nel Comune di Alassio;

    − quest’ultimo, nel corso del 2017, in prossimità della scadenza del contratto stipulato con la ricorrente, aveva bandito una gara pubblica per l’affidamento di diversi servizi nel campo della mobilità, tra cui quello di gestione della sosta a pagamento;

    − la gara era andata deserta e l’amministrazione, anziché indire una nuova procedura con diversi parametri economici e minori investimenti a carico del concessionario, aveva prorogato, alle medesime condizioni, il contratto di affidamento a S.C.T.;

    − il Comune di Alassio aveva in seguito affidato, senza gara, il servizio di gestione dei parcheggi alla società in house GE.S.CO. srl;

    − la ricorrente ha impugnato la deliberazione della Giunta comunale 7 maggio 2018, n. 154, di affidamento del servizio, per il periodo 11 giugno 2018-31 dicembre 2023, alla società in house GE.S.CO. srl, nonché la presupposta deliberazione del Consiglio comunale 5 aprile 2018, n. 25, di approvazione della relazione illustrativa delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per l’affidamento in house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, richiesta dall’art. 34, comma 20, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221;

    − a sostegno del ricorso, la S.C.T. ha proposto un’unica articolata censura, rubricata «violazione dell’art. 106 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e dei principi comunitari in materia di in house providing – violazione dell’articolo 1 della L. n. 241/1990 e del principio di trasparenza – violazione dell’articolo 3 della legge 241/1990 e del principio della motivazione – violazione dell’articolo 192, comma 2, del d.lgs. 50/2016 – violazione dell’art. 34, comma 20, decreto-legge 179/2012 – violazione degli articoli 3 bis commi 1 bis e 6 bis del d.l. 138/2011 – eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della carenza di istruttoria»;

    − sotto un primo profilo, la ricorrente lamenta la violazione dei princìpi comunitari in materia di in house providing, non avendo l’amministrazione dato adeguatamente conto della preferenza per tale modello rispetto alle altre possibili forme di affidamento, delle valutazioni economico-qualitative dei servizi offerti e della verifica dell’effettiva capacità del gestore di svolgere correttamente il servizio affidato; nonchè la violazione dell’art. 192, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 (d’ora in avanti: codice dei contratti pubblici), ai sensi del quale l’affidamento diretto dovrebbe essere necessariamente preceduto da una valutazione che dia conto delle ragioni che fanno propendere per una delle diverse tipologie, «motivando, secondo una logica di preferenza via via decrescente, in ordine all’impossibilità di utilizzare: 1) in prima battuta, lo strumento – altrimenti sempre preferibile – dell’affidamento mediante procedura di evidenza pubblica; 2) in subordine, quello dell’affidamento a società mista, che in ogni caso presuppone la gara per la scelta del socio privato; 3) in via di ulteriore subordine, quello dell’affidamento in house e senza gara»;

    − sotto un secondo profilo, incentrato sull’inesistenza di qualsiasi comparazione tra le forme di gestione e sulla carenza di motivazione e istruttoria, la ricorrente deduce che sarebbe quanto meno «sospetto» il comportamento del Comune, che, dopo avere bandito una procedura andata deserta a causa di valutazioni tecnico-economiche sugli investimenti necessari palesemente erronee, anziché «aggiustare il tiro», con l’indizione di una nuova procedura strutturata su un progetto tecnico-economico sostenibile per il mercato, avrebbe sottratto ad ogni possibile confronto concorrenziale soltanto una parte dei servizi precedentemente posti in gara (la gestione dei parcheggi a pagamento); «[l]a stessa progressione temporale degli atti impugnati costituirebbe spia dell’eccesso di potere per sviamento, apparendo verosimile che la decisione di affidare il servizio in house fosse antecedente, e prescindesse del tutto dalle valutazioni contenute nella relazione illustrativa», predisposta dal Comune ai sensi dell’art. 34, comma 20, del d.l. n. 179 del 2012;

    − oltre alla domanda di annullamento la ricorrente ha spiegato anche domanda risarcitoria;

    − il Comune di Alassio, costituitosi in giudizio, ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, essendo il contratto con la ricorrente scaduto l’11 giugno 2018, e, nel merito, ne ha chiesto il rigetto.

    1.2.− Ciò premesso, il rimettente afferma, in punto di rilevanza, che l’eccezione di inammissibilità del ricorso è infondata, dal momento che, secondo la pacifica giurisprudenza amministrativa, la semplice qualità di operatore del settore legittimerebbe senz’altro la ricorrente a impugnare l’affidamento diretto.

    Il TAR Liguria deduce, poi, che il contratto per cui è causa ha ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza e rientra, in ragione dell’importo del canone di concessione (euro 200.000,00 annui, dall’11 gennaio 2018 al 31 dicembre 2023), nella soglia di rilevanza comunitaria di cui all’art. 4, lettera c), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE.

    Osserva ancora il rimettente che la norma sospettata di illegittimità costituzionale impone alle stazioni appaltanti di valutare l’opportunità e la convenienza dei provvedimenti di affidamento in house, alla luce, innanzitutto, «delle ragioni del mancato ricorso al mercato», di cui occorre dare conto in motivazione.

    Essa costituirebbe, dunque, alla luce dell’unico motivo di ricorso, il parametro legislativo alla stregua del quale il rimettente è chiamato a valutare la legittimità dei provvedimenti impugnati, sotto il profilo dell’indicazione espressa delle ragioni del mancato ricorso al mercato e della congruità e/o adeguatezza delle stesse, e ciò perché la società S.C.T. non contesterebbe affatto la sussistenza, in capo alla controinteressata GE.S.CO. srl, delle condizioni stabilite dall’art. 5, comma 1, lettere a), b) e c), del codice dei contratti pubblici per il legittimo ricorso all’in house providing (controllo dell’amministrazione aggiudicatrice analogo a quello esercitato sui propri servizi, 80 per cento dell’attività della controllata effettuato nello svolgimento dei compiti affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante, e assenza di partecipazione diretta di capitali privati).

    1.3.− In relazione alla non manifesta infondatezza, il TAR Liguria afferma che è noto l’ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale sull’in house providing, che costituisce una modalità di aggiudicazione di una concessione o di un appalto pubblici a soggetti formalmente distinti ma sottoposti ad un controllo talmente penetrante di un’amministrazione da costituirne sostanzialmente un’articolazione organizzativa, e che rappresenta una modalità alternativa all’esternalizzazione (così detto outsourcing) mediante l’avvio di una procedura di evidenza pubblica.

    L’istituto, di origine pretoria, avrebbe trovato la sua prima codificazione nell’ordinamento europeo ad opera della citata direttiva 2014/24/UE, la quale, al quinto considerando, afferma che «nessuna disposizione della presente direttiva...

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