Sentenza nº 71 da Constitutional Court (Italy), 24 Aprile 2020

RelatoreAldo Carosi
Data di Resoluzione24 Aprile 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 71

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Marta CARTABIA;

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 53 della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34, «Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale (Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2011). Articolo 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002», promosso dalla Corte d’appello di Roma sezione specializzata degli usi civici nel procedimento vertente tra Lamezia Europa spa e il Comune di Maida e altra, con ordinanza del 15 febbraio 2019, iscritta al n. 107 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 2020 il Giudice relatore Aldo Carosi;

deliberato nella camera di consiglio del 12 febbraio 2020.

Ritenuto in fatto

  1. – La Corte d’appello di Roma, sezione specializzata degli usi civici, con ordinanza del 15 febbraio 2019, iscritta al n. 107 del registro ordinanze 2019, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 53 della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34, «Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale (Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2011). Articolo 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002», per violazione degli artt. 3, 9, 42 e 117, secondo comma, lettera s), (recte:lettera l), della Costituzione.

    Il giudice rimettente premette di essere investito del reclamo, ai sensi dell’art. 32 della legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Conversione in legge del R. decreto 22 maggio 1924, n. 751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del R. decreto 28 agosto 1924, n. 1484, che modifica l’art. 26 del R. decreto 22 maggio 1924, n. 751, e del R. decreto 16 maggio 1926, n. 895, che proroga i termini assegnati dall’art. 2 del R. decreto-legge 22 maggio 1924, n. 751), avverso la sentenza del Commissario per la liquidazione degli usi civici della Calabria del 27 ottobre 2017, n. 5, che aveva dichiarato terre gravate da usi civici e appartenenti al demanio universale del Comune di Maida determinati fondi, individuati nel catasto terreni del Comune di Lamezia Terre, Località Sant’Eufemia.

    Già in precedenza la medesima Corte d’appello si era occupata della qualitas di detti terreni, allorché, nell’esaminare un analogo reclamo, aveva rinviato la causa al giudice di primo grado affinché venisse disposto l’espletamento di un’ulteriore consulenza tecnica d’ufficio per accertare se i terreni in questione rientrassero o meno tra le aree di sviluppo industriale di cui all’art. 20 della legge della Regione Calabria 24 dicembre 2001, n. 38 (Nuovo regime giuridico dei Consorzi per le Aree, i Nuclei e le Zone di Sviluppo Industriale), e se, comunque, fossero intervenuti atti di esproprio. Accertati sia l’appartenenza dei terreni alle aree di sviluppo industriale che il mancato esperimento delle procedure espropriative, il Commissario per la liquidazione degli usi civici della Calabria aveva pronunciato la predetta sentenza, oggetto di reclamo.

    La disposizione censurata prevede che i diritti di uso civico, di cui all’art. 2, comma 1, della legge della Regione Calabria 21 agosto 2007, n. 18 (Norme in materia di usi civici), sono da ritenersi cessati quando insistano sulle aree di cui all’art. 20 della legge reg. Calabria n. 38 del 2001, vale a dire sulle aree di sviluppo industriale.

    In punto di rilevanza, il giudice rimettente evidenzia che, essendo preclusa, alla luce del chiaro tenore letterale, una diversa interpretazione della disposizione in esame, dovrebbe dichiarare l’avvenuta trasformazione del bene demaniale in allodiale e la conseguente estinzione dei diritti di uso civico gravanti sui terreni oggetto di causa. Non sarebbero difatti necessari a tale fine né ulteriori atti amministrativi ‒ quale l’espropriazione per pubblica utilità in favore dei Consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale ‒ diversamente da quanto ritenuto dal Commissario, né ulteriori accertamenti tecnici.

    In punto di non manifesta infondatezza la Corte d’appello di Roma ritiene che la sottrazione e l’affrancamento di terreni gravati da usi civici potrebbero avvenire solo con le formalità e nei limiti previsti dalla legge n. 1766 del 1927 e dal R. decreto 26 febbraio 1928, n. 332 (Approvazione del regolamento per la esecuzione della legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici nel Regno).

    E infatti con il decreto del Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n. 11 (Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, di caccia e di pesca nelle acque interne e dei relativi personali ed uffici), e con il decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), sarebbero state trasferite dallo Stato alle Regioni le sole funzioni amministrative connesse alle ipotesi di liquidazione degli usi civici, in materia «agricoltura e foreste», ma non la stessa potestà di emanare norme unilaterali derogatorie di quelle statali, attraverso l’introduzione di nuove ipotesi di cessazione degli usi civici, non previste dalla normativa statale.

    Dovrebbe, in definitiva, essere ribadita la spettanza alla competenza esclusiva statale (sono citate le sentenze di questa Corte n. 178 e n. 113 del 2018) della “sclassificazione” demaniale dei beni di uso civico, con conseguente illegittimità delle disposizioni che prevedano decisioni unilaterali del legislatore regionale, suscettibili di pregiudicare la pianificazione concertata Stato-Regione in materia paesistico-ambientale.

    L’art. 53 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010 sarebbe quindi in contrasto, innanzitutto, con l’art. 117, secondo comma, lettera s) (recte:lettera l), Cost., in quanto il regime dominicale degli usi civici appartiene alla materia «ordinamento civile» di competenza esclusiva dello Stato. Esso sarebbe, inoltre, lesivo dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza espressi dall’art. 3 Cost., «stante l’esigenza di garantire l’interesse superprimario dello Stato-Amministrazione e dello Stato-Comunità nel conservare gli usi civici e l’integrità dello stato dei luoghi (qui trattasi di una striscia di terreno, limitrofa al mare) a fronte di irreversibili trasformazioni industriali del territorio che conseguirebbero alla unilaterale sdemanializzazione dell’area, a beneficio esclusivo dei meri detentori privati di aree civiche».

    Sarebbe altresì violato l’art. 9 Cost., in considerazione del forte collegamento funzionale tra la tutela dell’ambiente da un lato e la pianificazione paesaggistica e territoriale dall’altro, esercitate di concerto da Stato e Regione, secondo quanto stabilito da questa Corte con la sentenza n. 210 del 2014, al fine di assicurare un impiego del bene a beneficio della collettività locale che ne rimane intestataria.

    La cessazione degli usi civici attraverso la “sclassificazione” prevista dalla censurata legge calabrese colliderebbe, quindi, con la regola inderogabile che attribuisce alla collettività locale il potere di controllare lo stato dei luoghi e di verificare il fatto che la nuova utilizzazione mantenga nel tempo caratteri conformi alla originaria destinazione dei beni, suscettibile di cambiare solo per nuove finalità pubbliche, comunque di concerto tra Stato e Regione.

    Infine, l’art. 53 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010 contrasterebbe anche con l’art. 42 Cost., in quanto farebbe venire meno l’ordinario regime di proprietà e di «accessibilità diffusa dei beni gravati ope legis da usi civici».

    Considerato in diritto

  2. – La Corte d’appello di Roma, sezione specializzata degli usi civici, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 53 della legge della Regione Calabria 29 dicembre 2010, n. 34, «Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale (Collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2011). Articolo 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002», in riferimento agli artt. 3, 9, 42 e 117, secondo comma, lettera s) (recte: lettera l), della Costituzione.

    L’art. 53 della legge reg. Calabria n. 34 del 2010 prevede che i diritti di uso civico sono da ritenersi cessati, ai sensi dell’art. 24, comma 1, della legge della Regione Calabria 1° agosto 2007, n. 18 (Norme in materia di usi civici), quando insistano sulle aree di sviluppo industriale, disciplinate dall’art. 20 della legge della...

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