Sentenza nº 70 da Constitutional Court (Italy), 24 Aprile 2020

RelatoreAugusto Antonio Barbera
Data di Resoluzione24 Aprile 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 70

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Marta CARTABIA;

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Puglia 17 dicembre 2018, n. 59, recante «Modifiche e integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale)», e degli artt. 7 e 8 della legge della Regione Puglia 28 marzo 2019, n. 5, recante «Modifiche alla legge regionale 30 novembre 2000, n. 17 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi in materia di tutela ambientale) e istituzione del Sistema informativo dell’edilizia sismica della Puglia, nonché modifiche alle leggi regionali 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale) e 17 dicembre 2018, n. 59 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14)», promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 15 febbraio e il 30 maggio 2019, depositati in cancelleria il 20 febbraio e il 3 giugno 2019, iscritti, rispettivamente, ai numeri 27 e 63 del registro ricorsi 2019 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 16 e 27, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visti gli atti di costituzione della Regione Puglia;

udito nell’udienza pubblica dell’11 febbraio 2020, il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

uditi l’avvocato dello Stato Gabriella D’Avanzo per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Anna Bucci per la Regione Puglia;

deliberato nella camera di consiglio del 9 marzo 2020.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con ricorso notificato il 15 febbraio 2019 e depositato il successivo 20 febbraio, iscritto al n. 27 del reg. ric. 2019, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2 della legge della Regione Puglia 17 dicembre 2018, n. 59, recante «Modifiche e integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale)», per violazione degli artt. 3, 97, 117, terzo comma, della Costituzione, anche in relazione agli artt. 36 e 37 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (Testo A)» (d’ora in avanti anche: t.u. edilizia), e all’art. 5, comma 10, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, recante «Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l’economia» (da ora in poi anche: “decreto sviluppo”), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2011, n. 106.

    1.1.– L’impugnato art. 2 della legge reg. Puglia n. 59 del 2018, rubricato «Norma interpretativa del comma 1 dell’articolo 4 della l.r. 14/2009», prevede che «il comma 1 dell’articolo 4 della l.r. 14/2009 deve essere interpretato nel senso che l’intervento edilizio di ricostruzione da effettuare a seguito della demolizione di uno o più edifici a destinazione residenziale o non residenziale, può essere realizzato anche con una diversa sistemazione plano-volumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo consentito all’interno dell’area di pertinenza, alle condizioni di cui all’articolo 5, comma 3, della medesima l.r. 14/2009 e qualora insista in zona dotata delle urbanizzazioni primarie previste dalle vigenti disposizioni normative, statali e regionali».

  2. – Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la menzionata disposizione, lungi dall’individuare una mera interpretazione dell’art. 4, comma 1, della legge della Regione Puglia 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell’attività edilizia e per il miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale), presenterebbe «aspetti del tutto innovativi rispetto a quella che intende interpretare». La previgente disposizione regionale ha consentito «interventi di demolizione e ricostruzione di edifici residenziali e non residenziali o misti con realizzazione di un aumento di volumetria sino al 35 per cento di quella legittimamente esistente alla data di entrata in vigore della presente legge da destinare, per la complessiva volumetria risultante a seguito dell’intervento, ai medesimi usi preesistenti legittimi o legittimati, ovvero residenziale, e/o a usi strettamente connessi con le residenze, ovvero ad altri usi consentiti dallo strumento urbanistico». A seguito della novella legislativa, disposta dall’art. 2 della legge reg. Puglia n. 59 del 2018, simili interventi possono essere realizzati «anche con una diversa sistemazione plano-volumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo consentito all’interno dell’area di pertinenza».

    2.1.– Tale disposizione non avrebbe assegnato alla norma oggetto di interpretazione autentica un significato in quest’ultima già contenuto, desumibile da una delle possibili letture del testo originario, né avrebbe chiarito una oggettiva incertezza del quadro normativo in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto; la norma censurata avrebbe piuttosto legittimato «deroghe volumetriche ad interventi di ristrutturazione su edifici, oltre i limiti consentiti dalla originaria disciplina regionale del 2009».

    2.2.– La disciplina impugnata violerebbe, dunque, l’art. 3 Cost. e il principio di ragionevolezza, il quale ridonderebbe nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento, pregiudicando la tutela dell’affidamento, la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico (viene citata la sentenza n. 271 del 2011); nel caso di specie, l’irragionevolezza si dovrebbe desumere anche dalla constatazione che la norma censurata introduce innovazioni «destinate, per lo più, ad ampliare facoltà in deroga ai relativi strumenti urbanistici, peraltro non necessariamente in termini di logica continuità con il quadro generale di riferimento sul quale le stesse sono destinate ad incidere» (così la sentenza n. 73 del 2017, citata dalla difesa statale).

    2.3.– Secondo la difesa dello Stato, la norma regionale impugnata avrebbe un «indubbio carattere innovativo, con efficacia retroattiva», consentendo la «regolarizzazione ex post di opere che, al momento della loro realizzazione, erano in contrasto con gli strumenti urbanistici di riferimento, dando corpo […] ad una surrettizia ipotesi di sanatoria straordinaria che esula dalle competenze regionali».

    A risultare pregiudicate, inoltre, sarebbero le posizioni soggettive di potenziali controinteressati «che facevano affidamento sulla stabilità dell’assetto normativo vigente all’epoca delle rispettive condotte», come peraltro riconosciuto dalla stessa giurisprudenza costituzionale (sono citate le sentenze di questa Corte n. 209 del 2010 e n. 73 del 2017).

  3. – Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene altresì che vi sarebbe la violazione degli artt. 3 e 97 Cost., posto che, alla luce della disciplina impugnata, le amministrazioni comunali non sarebbero in grado di individuare «ciò che è stato realizzato […] nei periodi intercorrenti» tra la prima e la seconda normativa, oggi censurata.

  4. – Infine, l’Avvocatura dello Stato ritiene violato l’art. 117, terzo comma, Cost., e la competenza concorrente in materia di «governo del territorio». In particolare, vi sarebbe un evidente contrasto tra la norma impugnata e gli artt. 36 e 37, comma 4, del t.u. edilizia, che esprimono un principio fondamentale nella materia citata, richiedendo la cosiddetta doppia conformità, e cioè la conformità dell’intervento agli strumenti urbanistici sia al momento della realizzazione dell’opera sia al momento della presentazione della domanda.

    La portata retroattiva della disposizione regionale impugnata finirebbe infatti per sanare ex post vizi sostanziali di interventi che, al momento della loro realizzazione, non erano conformi alle prescrizioni urbanistiche all’epoca vigenti. La sanatoria per il mancato rispetto della doppia conformità, continua la difesa dello Stato, è ammissibile solo per vizi formali, per interventi realizzati in assenza di permesso di costruire o in difformità da esso, ovvero in assenza o difformità dalla denuncia di inizio attività (DIA) o dalla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).

    4.1.– Inoltre, la norma oggetto di impugnazione si porrebbe in contrasto con l’art. 5, comma 10, del “decreto sviluppo”, che esclude interventi edilizi in deroga riferiti «ad edifici abusivi o siti nei centri storici o in aree ad inedificabilità assoluta, con esclusione degli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria».

  5. – Il 13 marzo 2019 si è costituita in giudizio la Regione Puglia, ritenendo il ricorso inammissibile e, in subordine, infondato.

    5.1.– Ad avviso della Regione resistente, le censure sarebbero inammissibili perché prive di «qualunque motivazione specifica»: non emergerebbero adeguatamente i profili di contrasto con i parametri costituzionali ed interposti evocati. La «carenza di collegamento» tra le argomentazioni svolte e il parametro non consentirebbe di verificare la compatibilità costituzionale delle disposizioni impugnate. Tale assunto varrebbe soprattutto per l’evocata violazione dell’art. 5, comma 10, del “decreto sviluppo”, in relazione al quale non sarebbe «neppur minimamente accennato» il tenore dell’asserita violazione costituzionale. In relazione a questo specifico aspetto, la questione sarebbe comunque infondata «per...

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