Sentenza nº 57 da Constitutional Court (Italy), 26 Marzo 2020

RelatoreGiancarlo Coraggio
Data di Resoluzione26 Marzo 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 57

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Marta CARTABIA;

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 89-bis e 92, commi 3 e 4, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), promosso dal Tribunale ordinario di Palermo nel procedimento vertente tra R.M. S., in proprio e nella qualità di titolare della ditta S. S. di R.M. S., e la Commissione provinciale per l’artigianato della Provincia di Palermo costituita presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) di Palermo-Enna, con ordinanza del 10 maggio 2018, iscritta al n. 131 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti gli atti di costituzione di R.M. S., in proprio e nella qualità di titolare della ditta S. S. di R.M. S., e della Commissione provinciale per l’artigianato della Provincia di Palermo costituita presso la CCIAA di Palermo-Enna, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 14 gennaio 2020 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi gli avvocati Girolamo Rubino per R.M. S. in proprio e nella qualità di titolare della ditta S. S. di R.M. S., e Lillo Fiorello per la Commissione provinciale per l’artigianato della Provincia di Palermo costituita presso la CCIAA di Palermo-Enna, nonché l’avvocato dello Stato Marco Corsini per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 29 gennaio 2020.

Ritenuto in fatto

  1. − Il Tribunale ordinario di Palermo, con ordinanza del 10 maggio 2018, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 89-bis e 92, commi 3 e 4, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione.

  2. − Il giudice a quo premette di essere stato adito da R.M. S., in proprio e nella qualità di titolare della ditta S. S. di R.M. S., che ha impugnato, ai sensi dell’art. 7, sesto comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge-quadro per l’artigianato), la cancellazione dall’albo delle imprese artigiane disposta dalla Commissione provinciale per l’artigianato, dopo che il ricorso proposto in via amministrativa alla Commissione regionale per l’artigianato era rimasto senza esito.

  3. − Il provvedimento di cancellazione richiamava gli artt. 67 e 89-bis del d.lgs. n. 159 del 2011, ed era fondato sulla nota della Prefettura di Palermo con la quale veniva comunicato, ai sensi dell’art. 91, comma 7-bis, del d.lgs. n. 159 del 2011, l’adozione, nei confronti della suddetta impresa artigiana, di informazione antimafia interdittiva.

  4. − Il rimettente precisa, quindi, di non essere stato chiamato a verificare la sussistenza dei presupposti della informazione antimafia interdittiva, che è devoluta alla giurisdizione amministrativa, ma a sindacarne le conseguenze, e cioè se tale misura integri o meno il presupposto per la cancellazione dall’albo delle imprese artigiane.

    Tanto premesso, il Tribunale di Palermo osserva quanto segue.

  5. − L’art. 67, comma 1, del d.lgs. n. 159 del 2011 ricollega all’applicazione di una misura di prevenzione personale «con provvedimento definitivo» il divieto di ottenere benefici, erogazioni pubbliche, autorizzazioni, concessioni e iscrizioni di vario genere, comprese «altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati» (lettera f), nonché, ai sensi del comma 2, la decadenza di diritto da quelli già ottenuti.

    L’art. 83, comma 1, del d.lgs. n. 159 del 2011 individua i soggetti pubblici tenuti all’acquisizione della documentazione antimafia, mentre l’art. 84 del medesimo decreto legislativo definisce il contenuto della comunicazione antimafia e della informazione antimafia.

    La prima, ai sensi dell’art. 84, comma 2, «consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67».

    La seconda, ai sensi dell’art. 84, comma 3, «consiste nell’attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67, nonché, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 91, comma 6, nell’attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate indicati nel comma 4».

    L’informazione antimafia è richiesta solo per operazioni che superino certe soglie di valore, ovvero che siano poste in essere in settori sensibili.

    A differenza della comunicazione antimafia, che ha una valenza ricognitiva dell’esistenza di cause di revoca, decadenza o divieto tipizzate, l’informazione antimafia è il frutto di una valutazione dell’autorità prefettizia, che, fondandosi su una serie di elementi sintomatici, esprime un motivato giudizio, in chiave preventiva, circa il pericolo di infiltrazione mafiosa all’interno dell’impresa, interdicendole l’inizio o la prosecuzione di attività con l’amministrazione pubblica, o l’ottenimento di qualsiasi sussidio, beneficio economico o sovvenzione, e determinando la revoca di quelli già eventualmente in essere.

    In tale contesto, si inserisce l’art. 89-bis del d.lgs. n. 159 del 2011, che stabilisce al comma 1: «Quando in esito alle verifiche di cui all’articolo 88, comma 2, venga accertata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, il prefetto adotta comunque un’informazione antimafia interdittiva e ne dà comunicazione ai soggetti richiedenti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, senza emettere la comunicazione antimafia».

    Al successivo comma 2, la suddetta disposizione sancisce: «L’informazione antimafia adottata ai sensi del comma 1 tiene luogo della comunicazione antimafia richiesta».

  6. − Assume il rimettente che l’art. 89-bis del d.lgs. n. 159 del 2011 ha esteso al settore delle autorizzazioni, tradizionalmente inciso dalla comunicazione antimafia, gli effetti dell’informazione antimafia, ampliando l’ambito di rilevanza del tentativo di infiltrazione mafiosa.

    Tale impostazione, secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, è coerente con l’impostazione del d.lgs. n. 159 del 2011, e la stessa non può dar luogo a perplessità, allorchè trovi applicazione nel caso in cui non vi sia un rapporto contrattuale con l’amministrazione pubblica, atteso che, anche in ipotesi di attività soggette a mera autorizzazione, l’esistenza di infiltrazioni mafiose inquina l’economia legale, altera il funzionamento della concorrenza e costituisce una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica.

  7. − Tanto premesso, il Tribunale di Palermo afferma di condividere i princìpi espressi dal Consiglio di Stato in ordine alla pervasività e alla profonda lesività dell’infiltrazione mafiosa nell’economia, e alla conseguente necessità di una risposta efficace da parte dello Stato che si estenda a tutto campo, e...

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