Sentenza nº 52 da Constitutional Court (Italy), 12 Marzo 2020

RelatoreNicolò Zanon
Data di Resoluzione12 Marzo 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 52

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Marta CARTABIA;

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso dal Tribunale di sorveglianza di Firenze, nel procedimento a carico di R. D.S., con ordinanza del 21 marzo 2019, iscritta al n. 116 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 12 febbraio 2020 il Giudice relatore Nicolò Zanon;

deliberato nella camera di consiglio del 12 febbraio 2020.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Tribunale di sorveglianza di Firenze, con ordinanza depositata il 21 marzo 2019 e iscritta al n. 116 del registro ordinanze 2019, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), «nella parte in cui non esclude dal novero dei reati ivi ricompresi quello di cui all’art. 630 c.p., allorché sia stata riconosciuta l’attenuante del fatto di lieve entità, ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n° 68 del 23 marzo 2012».

  2. – Il tribunale rimettente si trova a decidere sulla richiesta di affidamento in prova al servizio sociale, avanzata ai sensi dell’art. 47 ordin. penit., da R. D.S., detenuto dal 30 giugno 2017 in esecuzione della pena di nove anni e otto mesi di reclusione, irrogata per i reati di sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 del codice penale) e lesioni personali (artt. 582, 585 e 576, numero 1, cod. pen.), commessi in concorso con altri (art. 110 cod. pen.).

    Espone il collegio rimettente che, con la sentenza di condanna (divenuta definitiva il 26 giugno 2017), è stata riconosciuta, per il reato di sequestro di persona, «la diminuente dell’art. 311 c.p., come da sentenza della Corte Costituzionale n. 68 del 19-03-2012», in ragione della limitata durata nel tempo del sequestro (tre giorni), del luogo di restrizione (appartamento) e della parziale libertà di movimento delle persone offese (non soggette a strumenti di coercizione). È stata altresì riconosciuta l’attenuante del risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 62, numero 6), cod. pen.

    Riferisce il giudice a quo che il detenuto, a sostegno della propria istanza, ha prospettato la disponibilità di domicilio e lavoro in Roma, specificando inoltre che la durata della pena da espiare, in quanto non superiore ai quattro anni (essendo il fine pena fissato per il 16 dicembre 2022), rientrerebbe nei limiti previsti dal comma 3-bis dell’art. 47 ordin. penit.

    Il rimettente rileva, tuttavia, che la condanna è stata inflitta per il reato di cui all’art. 630 cod. pen., contemplato dal comma 1 dell’art. 4-bis ordin. penit., che vieta la concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale in assenza di collaborazione con la giustizia. Collaborazione di cui, del resto, il detenuto non ha avanzato richiesta di accertamento, in quanto «in effetti non […] prestata», come riferisce sempre il giudice a quo. Neppure risulta chiesto l’accertamento della collaborazione cosiddetta impossibile o inesigibile.

    Di qui, l’inammissibilità dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale.

    2.1.– In punto di non manifesta infondatezza, il collegio rimettente richiama l’ordinanza della Corte di cassazione «del 21-09-2018 [recte: 16 novembre 2018], prima sezione, n. 51877 […], in materia in parte analoga», e ritiene di dover sollevare «la medesima questione di legittimità costituzionale, già prospettata dalla Corte di legittimità, pur riguardando il caso oggi ad oggetto l’accesso ad una misura alternativa e non ad un permesso premio», venendo sempre in rilievo il profilo «dell’´ostatività` del reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, pur nell’ipotesi attenuata della lieve entità».

    Anche il Tribunale di sorveglianza di Firenze – riportandosi «integralmente» alle motivazioni contenute nella citata ordinanza della Corte di cassazione – prospetta la violazione degli artt. 3 e 27 Cost. in conseguenza dell’inclusione, fra i reati cosiddetti ostativi alla concessione della misura alternativa...

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