Sentenza nº 18 da Constitutional Court (Italy), 14 Febbraio 2020

RelatoreMarta Cartabia
Data di Resoluzione14 Febbraio 2020
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 18

ANNO 2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Marta CARTABIA;

Giudici: Aldo CAROSI, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 47-quinquies, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), promosso dalla Corte di cassazione, sezione prima penale, nel procedimento relativo a A. F., con ordinanza del 26 aprile 2019, iscritta al n. 109 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di costituzione di A. F.;

udito nell’udienza pubblica del 15 gennaio 2020 il Giudice relatore Marta Cartabia;

udito l’avvocato Simona Polimeni per A. F.;

deliberato nella camera di consiglio del 15 gennaio 2020.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 26 aprile 2019, iscritta al n. 109 del reg. ord. 2019, la Corte di cassazione, sezione prima penale, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, e 31, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 47-quinquies, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), «nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche nei confronti della condannata madre di prole affetta da handicap totalmente invalidante».

    La Corte di cassazione riferisce di essere chiamata a pronunciarsi sul ricorso di una detenuta condannata per reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione continuata e ricettazione a una pena che, inflitta il 30 aprile 2015, scade, allo stato, il 13 novembre 2024.

    Il provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria impugnato dalla detenuta aveva rigettato una sua istanza di detenzione domiciliare speciale ai sensi dell’art. 47-quinquies, comma 1, ordin. penit., proposta in funzione della cura e dell’assistenza a una figlia affetta da grave disabilità nata nel 1994, e dunque di età superiore ai dieci anni.

    La Corte di cassazione ritiene che il tribunale di sorveglianza abbia ineccepibilmente verificato, sulla base delle deduzioni della madre, della documentazione dalla medesima fornita e degli esiti di una perizia appositamente disposta, che la figlia della condannata è affetta da handicap totale di ordine fisico, a seguito della precoce insorgenza della patologia, non reversibile, descritta dal tribunale come una paralisi cerebrale infantile di ordine bilaterale che, pur conservando le funzioni intellettive della ragazza, da ritenersi corrispondenti all’età anagrafica, l’ha resa totalmente impossibilitata a deambulare e bisognosa dell’aiuto permanente di un accompagnatore.

    La Corte di cassazione ricorda inoltre che il tribunale di sorveglianza aveva negato alla condannata l’accesso alla misura alternativa della detenzione domiciliare speciale non in considerazione della natura dei reati per i quali era stata condannata, parzialmente riconducibili alla categoria dei reati ostativi di cui all’art. 4-bis, comma 1, ordin. penit. (dato che la sentenza costituzionale n. 239 del 2014 ha dichiarato contraria a Costituzione questa preclusione alla concessione della misura), e neanche perché vi fosse un problema di previa espiazione di una quota/parte della pena inflitta (dato che la sentenza costituzionale n. 76 del 2017 ha caducato questa previsione, valevole per i condannati per i reati ostativi di cui sempre all’art. 4-bis, comma 1, ordin. penit.), bensì soltanto perché l’art. 47-quinquies, comma 1, ordin. penit., impedisce l’accesso delle madri detenute alla misura alternativa della detenzione domiciliare speciale quando il figlio, alla data dell’istanza, ha superato il decimo anno di età. Secondo il tribunale di sorveglianza, inoltre, la figlia della detenuta, pur fisicamente invalida al 100 per cento, non avrebbe potuto essere equiparata, sotto il profilo cognitivo-comportamentale, vale a dire per “età mentale”, a un soggetto inferiore ai dieci anni di età.

    Contro tale provvedimento la detenuta aveva proposto ricorso per cassazione eccependo tra l’altro, sia pure in via subordinata, l’illegittimità costituzionale di tale disposizione.

    La Corte di cassazione, respinti i motivi principali del ricorso, afferma che l’esegesi dell’art. 47-quinquies, comma 1, ordin. penit., accolta dal tribunale di sorveglianza riflette un’adeguata lettura dello stato attuale del diritto positivo, ed esclude, sulla scorta di diversi motivati argomenti sia di natura testuale – con richiamo alla sentenza di questa Corte n. 350 del 2003 e a un precedente di legittimità (Corte di cassazione, sezione prima penale, 19 dicembre 2017-5 giugno 2018, n. 25164) – sia di carattere storico sistematico, che l’art. 47-quinquies, comma 1, ordin. penit., possa essere interpretato nel senso che, alle condizioni ivi previste, la detenzione domiciliare possa essere accordata, oltre che alle detenute madri di prole di età inferiore ai dieci anni, anche alle detenute madri di figli di età superiore ai dieci anni ma portatori di handicap totalmente invalidante.

  2. – Dopo avere argomentato sulla impossibilità di procedere a una interpretazione conforme a Costituzione, la Corte di cassazione solleva questioni di legittimità costituzionale dell’art. 47-quinquies, comma 1, ordin. penit., traendo alimento per i dubbi di costituzionalità dalle argomentazioni contenute nella già richiamata sentenza di questa Corte n. 350 del 2003, relativa alla detenzione domiciliare di cui all’art. 47-ter, comma 1, lettere a) e b), ordin. penit., la quale sarebbe omogenea per funzione alla misura della detenzione domiciliare speciale prevista dall’art. 47-quinquies ordin. penit., mirando entrambe a favorire il pieno sviluppo della personalità del figlio del soggetto condannato a pena detentiva attraverso la realizzazione del suo interesse a realizzare un rapporto quanto più normale possibile con il genitore (si richiama altresì la sentenza n. 239 del 2014).

    Anche la disposizione ora sottoposta al giudizio di costituzionalità, infatti, al pari di quella dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 350 del 2003, prevede la possibilità di un trattamento sanzionatorio che non interrompa il continuum educativo-assistenziale del genitore con il figlio, ma tuttavia la limita all’ipotesi del minore di età inferiore a dieci anni e non considera la...

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