Sentenza nº 280 da Constitutional Court (Italy), 20 Dicembre 2019

RelatoreFrancesco Viganò
Data di Resoluzione20 Dicembre 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 280

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Aldo CAROSI;

Giudici: Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera d), numero 2), del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89 (Disposizioni urgenti per il completamento dell’attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari), convertito, con modificazioni, nella legge 2 agosto 2011, n. 129, promossi dalla Corte di cassazione, sezione prima civile, con ordinanze del 7 settembre 2018, iscritte ai numeri 187 e 188 del registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visti gli atti di costituzione di A. U. e F. B., nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 19 novembre 2019 il Giudice relatore Francesco Viganò;

uditi l’avvocato Alessandro Ferrara per A. U. e F. B. e l’avvocato dello Stato Danilo Del Gaizo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con due ordinanze del 7 settembre 2018, di identico tenore, iscritte ai numeri 187 e 188 del registro ordinanze 2018, la Corte di cassazione, sezione prima civile, ha sollevato, in riferimento agli artt. 13 e 24, secondo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1-bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera d), numero 2), del decreto-legge 23 giugno 2011, n. 89 (Disposizioni urgenti per il completamento dell’attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari), convertito, con modificazioni, nella legge 2 agosto 2011, n. 129, nella parte in cui non prevede che il giudizio di convalida dell’obbligo di presentazione, in giorni ed orari stabiliti, presso un ufficio della forza pubblica territorialmente competente «si svolga in udienza, con la partecipazione necessaria del difensore dell’interessato, eventualmente nominato d’ufficio».

    1.1.– La Corte di cassazione è investita di due ricorsi, presentati rispettivamente da A. U. e da F. B. – l’uno cittadino del Bangladesh, l’altro del Senegal – avverso distinti provvedimenti del Giudice di pace di Roma, che hanno convalidato la misura della «consegna del passaporto, con obbligo di firma due giorni alla settimana presso un ufficio di polizia», disposta nei confronti degli interessati, attinti da decreti prefettizi di espulsione.

    Il rimettente premette che, in entrambi i giudizi a quibus, i ricorrenti hanno censurato l’emissione del decreto di convalida senza il previo svolgimento di un’udienza con la partecipazione necessaria di un difensore dell’interessato, affermando che un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 14, comma 1-bis, t.u. immigrazione, imporrebbe di ritenere necessaria, nell’ambito del procedimento di convalida delle misure alternative al trattenimento in un centro di permanenza per i rimpatri (di seguito, CPR), la celebrazione di un’udienza con la partecipazione necessaria del difensore. I ricorrenti hanno altresì denunciato l’apoditticità e la sostanziale inesistenza della motivazione dei decreti di convalida, che si sostanzia nella mera constatazione del mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli interessati.

    A fronte di dette censure, il rimettente solleva, con le due ordinanze di rimessione in epigrafe, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 1-bis, t.u. immigrazione, ravvisandone la contrarietà al disposto degli artt. 13 e 24, secondo comma, Cost.

    1.2.– In punto di rilevanza delle questioni, la Corte di cassazione afferma che non sarebbe possibile ritenere, in via d’interpretazione conforme, che l’art. 14, comma 1-bis, t.u. immigrazione richieda la celebrazione dell’udienza. Invero, la disposizione censurata prevede la facoltà per l’interessato di «presentare personalmente o a mezzo di difensore memorie o deduzioni al giudice della convalida», così inequivocabilmente delineando un procedimento alternativo rispetto alla celebrazione dell’udienza di convalida con partecipazione del difensore, invece prevista, rispettivamente dagli artt. 14, comma 4, e 13, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286 del 1998, in relazione alla convalida del trattenimento in un CPR e dell’accompagnamento alla frontiera. Non potrebbero trarsi elementi di segno contrario dalla pronuncia della Corte di cassazione, sezione sesta civile, 7 febbraio 2018, n. 2297 [recte: 2997], poiché l’affermazione, ivi contenuta, della necessità che si svolga un’udienza di convalida anche in relazione all’adozione di misure ai sensi dell’art. 14, comma 1-bis, t.u. immigrazione, non sarebbe in alcun modo motivata.

    1.3.– Quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, il giudice a quo rammenta che, nella sentenza n. 144 del 1997, questa Corte – chiamata a vagliare la legittimità della disciplina della convalida dell’obbligo di comparizione presso un ufficio di polizia, negli orari in cui si svolgono manifestazioni sportive, misura adottabile dal questore nei confronti di persone distintesi per comportamenti violenti in occasione di dette manifestazioni – ha affermato la necessità di attuare il diritto di difesa e la garanzia dell’assistenza del difensore in forme «adeguate sia alla struttura del singolo procedimento o dell’atto che va adottato (sentenza n. 160 del 1995), sia alle esigenze sostanziali del caso sottoposto all’esame del giudice». In base al rilievo che il provvedimento di convalida allora in discussione aveva «portata e conseguenze molto più limitate sulla libertà personale del destinatario» rispetto alla convalida dell’arresto e del fermo di polizia giudiziaria e che «la necessità di garantire all’interessato una adeguata difesa va coniugata con la celerità nell’applicazione della misura», nella citata sentenza n. 144 del 1997 questa Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 6, comma 3, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche), nella sola parte in cui non prevedeva che la notifica del provvedimento del questore contenesse l’avviso della facoltà dell’interessato di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni al giudice per le indagini preliminari, nell’ambito del giudizio di convalida.

    Del resto – prosegue il rimettente – dalla giurisprudenza costituzionale risulterebbe che l’obbligatorietà della difesa tecnica – con conseguente necessità che il giudice nomini un difensore d’ufficio in mancanza del difensore di fiducia – opera solo in riferimento al processo penale, agli incidenti di esecuzione penale, al processo per l’applicazione delle misure di sicurezza e a quello per l’applicazione delle misure di prevenzione, ossia a procedimenti preordinati all’adozione di misure penali o che trovano causa nella pericolosità sociale-criminale dell’interessato (sono citate le sentenze n. 160 del 1995 e n. 160 del 1982).

    Secondo il giudice a quo, tuttavia, le conclusioni cui è pervenuta questa Corte nella sentenza n. 144 del 1997 non sarebbero trasponibili al procedimento di convalida previsto dall’art. 14, comma 1-bis, t.u. immigrazione. In primo luogo, infatti, la misura dell’obbligo di presentazione presso un ufficio di polizia sarebbe finalizzata, nel caso in esame, ad assicurare l’espulsione dell’interessato con accompagnamento alla frontiera, e dunque costituirebbe un provvedimento di ben altro impatto rispetto al divieto di assistere a manifestazioni sportive, che veniva in rilievo nella citata pronuncia della Corte. In secondo luogo, l’avviso della facoltà di presentare, personalmente o a mezzo di difensore, memorie o deduzioni al giudice della convalida, giudicato nella sentenza n. 144 del 1997 sufficiente ad assicurare all’interessato una «concreta ed effettiva conoscenza delle facoltà di difesa di cui può fruire», non potrebbe ritenersi tale in relazione al procedimento di convalida disciplinato dall’art. 14, comma 1-bis, t.u. immigrazione, atteso che il destinatario della misura è un cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea (in seguito, extracomunitario), «presumibilmente inibito da limiti culturali e sociali che ne ostacolano le consapevolezze, nonché le capacità di autodifesa».

    Si giustificherebbe pertanto il dubbio di compatibilità dell’art. 14, comma 1-bis, t.u. immigrazione – nella parte in cui non prevede la celebrazione, nel giudizio di convalida della misura dell’obbligo di presentazione, di un’udienza con la partecipazione necessaria del difensore dell’interessato, anche nominato d’ufficio – con «la garanzia giurisdizionale di cui all’art. 13 Cost. in tema di provvedimenti limitativi della libertà personale e con il diritto di difesa in giudizio riconosciuto dall’art. 24, comma secondo».

  2. – È intervenuto in entrambi i giudizi, con atti di identico tenore, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate...

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