Sentenza nº 254 da Constitutional Court (Italy), 05 Dicembre 2019

RelatoreDaria de Pretis
Data di Resoluzione05 Dicembre 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 254

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 72, commi 1, 2 e 5, secondo periodo, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), come modificati dall’art. 1, comma 1, lettera c), della legge della Regione Lombardia 3 febbraio 2015, n. 2, recante «Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) - Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi», promossi dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia con decisioni del 3 agosto e dell’8 ottobre 2018, rispettivamente iscritte ai numeri 159 e 172 del registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 45 e 48, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti gli atti di costituzione dell’Associazione Culturale Islamica Ticinese (già Associazione Comunità Islamica Ticinese), nonché gli atti di intervento della Regione Lombardia e, fuori termine, dell’Associazione culturale Assalam di Cantù;

udito nell’udienza pubblica del 22 ottobre 2019 il Giudice relatore Daria de Pretis;

uditi gli avvocati Piera Pujatti per la Regione Lombardia e Aldo Travi per l’Associazione Culturale Islamica Ticinese (già Associazione Comunità Islamica Ticinese).

Ritenuto in fatto

  1. – Con sentenza non definitiva del 3 agosto 2018, iscritta al reg. ord. n. 159 del 2018, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 72, commi 1 e 2, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 1, comma 1, lettera c), della legge della Regione Lombardia 3 febbraio 2015, n. 2, recante «Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) - Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi», per contrasto con gli artt. 2, 3 e 19 della Costituzione.

    L’art. 72, comma 1, stabilisce che «[l]e aree che accolgono attrezzature religiose o che sono destinate alle attrezzature stesse sono specificamente individuate nel piano delle attrezzature religiose, atto separato facente parte del piano dei servizi, dove vengono dimensionate e disciplinate sulla base delle esigenze locali, valutate le istanze avanzate dagli enti delle confessioni religiose di cui all’articolo 70». Il comma 2 dispone che «[l]’installazione di nuove attrezzature religiose presuppone il piano di cui al comma 1; senza il suddetto piano non può essere installata nessuna nuova attrezzatura religiosa da confessioni di cui all’articolo 70».

    Il TAR riferisce che l’Associazione Culturale Madni, una associazione volta a mantenere e valorizzare le tradizioni culturali dei paesi di origine dei musulmani residenti nel territorio e a rafforzare il legame con i cittadini locali, ha ottenuto il 15 gennaio 2016 un permesso edilizio al fine di adibire un complesso immobiliare ad attività di culto. Successivamente tale permesso è stato annullato d’ufficio dal Comune di Castano Primo con determinazione del 13 marzo 2017, dal momento che l’intervento edilizio, essendo preordinato alla realizzazione di un’attrezzatura religiosa ai sensi della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, avrebbe richiesto la preventiva approvazione del piano delle attrezzature religiose (di seguito: PAR), di cui invece il Comune di Castano Primo ha ritenuto di non dotarsi. L’Associazione ha impugnato l’annullamento d’ufficio (e il rapporto della Polizia locale del 9 novembre 2016) e ha chiesto il risarcimento del danno.

    Il rimettente ricostruisce la cornice normativa in cui si inquadra la controversia e ricorda che la sentenza n. 63 del 2016 della Corte costituzionale, resa nell’ambito di un giudizio in via principale, ha annullato alcune delle norme introdotte dalla legge reg. Lombardia n. 2 del 2015 in materia di attrezzature religiose, senza però toccare – in quanto non impugnate – le previsioni dell’art. 72 che subordinano la realizzazione di tali attrezzature all’approvazione di un apposito piano.

    Il TAR respinge come infondati tutti i numerosi motivi di ricorso presentati dall’associazione ricorrente, ad eccezione di quello relativo all’illegittimità costituzionale dell’art. 72 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, come modificato nel 2015.

    1.1.– Quanto alla rilevanza, il TAR spiega che la decisione della causa dipende esclusivamente dalla soluzione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 72 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, sulla cui base è stato assunto il provvedimento di autotutela censurato. L’esercizio del potere di autotutela richiede, infatti, ai sensi dell’articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), anzitutto l’illegittimità del provvedimento annullato, e l’accertamento di tale profilo «riposa esclusivamente nella soluzione delle questioni di legittimità costituzionale prospettate nei confronti della legge regionale».

    Il TAR non ritiene, invece, che incida sulla rilevanza della questione la sopravvenuta legge della Regione Lombardia 25 gennaio 2018, n. 5 (Razionalizzazione dell'ordinamento regionale. Abrogazione di disposizioni di legge), la quale, all’art. 2 dispone che «[a] decorrere dall’entrata in vigore della presente legge sono o restano abrogate: [...] b) le seguenti leggi o disposizioni operanti modifiche alla legislazione regionale [...] 69) L.R. 3 febbraio 2015, n. 2 (Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) - Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi)». In primo luogo, il TAR rileva che il provvedimento impugnato nel presente giudizio è precedente alla legge reg. Lombardia n. 5 del 2018, sicché la norma regionale abrogatrice sopravvenuta non potrebbe comunque far venire meno la rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale relative al testo della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, nella formulazione in vigore al tempo del rilascio del permesso di costruire e della determinazione di autotutela censurata nel giudizio amministrativo. In secondo luogo, il TAR ritiene che comunque l’art. 72 della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005 sia a tutt’oggi vigente nel tenore risultante dalle modificazioni apportate dalla legge reg. Lombardia n. 2 del 2015. La legge reg. Lombardia n. 5 del 2018, infatti, avrebbe attuato un mero riordino legislativo, come risulterebbe dall’art. 1 e in particolare dall’art. 4, ove si dispone che restano «confermate […] le variazioni testuali apportate alla legislazione vigente dalle leggi abrogate dalla presente legge, ove non superate da integrazioni, modificazioni o abrogazioni disposte da leggi intervenute successivamente». Le leggi modificate, dunque, non sarebbero state toccate dall’intervento di riordino.

    Infine, il TAR precisa che nel giudizio a quo non è rilevante l’eventuale illegittimità costituzionale dell’art. 72, comma 5, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, nella parte in cui «indica come meramente facoltativa l’adozione del Piano delle attrezzature religiose entro il termine di diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge regionale n. 2 del 2015».

    1.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il TAR ritiene che l’art. 72, commi 1 e 2, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, nel prevedere che in assenza o comunque al di fuori delle previsioni del PAR i comuni non possano consentire l’apertura di spazi destinati all’esercizio del culto, sia di dubbia costituzionalità in quanto preordina «una completa e assoluta programmazione pubblica della realizzazione di “attrezzature religiose”, in funzione delle “esigenze locali” – rimesse all’apprezzamento discrezionale del Comune – a prescindere dalle caratteristiche in concreto di tali opere, e persino della loro destinazione alla fruizione da parte di un pubblico più o meno esteso, introducendo così un controllo pubblico totale, esorbitante rispetto alle esigenze proprie della disciplina urbanistica, in ordine all’apertura di qualsivoglia spazio destinato all’esercizio del culto».

    Secondo il rimettente, «l’equivoco di fondo» da cui muove il legislatore regionale consisterebbe nell’individuazione di una «corrispondenza biunivoca» tra le «attrezzature religiose di interesse comune», di cui all’art. 71, comma 1, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005, costituenti opere di urbanizzazione secondaria, e le «attrezzature religiose» di cui all’art. 72, di modo che «tutte tali attrezzature sono trattate allo stesso modo, ossia quali opere di urbanizzazione secondaria soggette alla necessaria previa programmazione comunale», «prescindendo […] dalla circostanza che tali attrezzature siano o non siano strettamente necessarie ad assicurare la dotazione di standard urbanistici funzionale a un dato insediamento residenziale».

    Che sia così si evincerebbe, secondo il rimettente, dal combinato disposto dell’art. 71, comma 1, e dell’art. 72, comma 2, della legge reg. Lombardia n. 12 del 2005; inoltre, tale interpretazione sarebbe accolta nella prassi amministrativa fondata sulla circolare regionale 20 febbraio 2017, n. 3, recante «Indirizzi per l’applicazione della legge regionale 3 febbraio 2015, n. 2 “Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (legge per il governo del territorio) – Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi”».

    1.3.– Tale impostazione contrasterebbe anzitutto con l’art. 19...

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