Sentenza nº 223 da Constitutional Court (Italy), 24 Ottobre 2019

RelatoreFrancesco Viganò
Data di Resoluzione24 Ottobre 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 223

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all’articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», nella parte in cui non prevede la punibilità a querela anche per i delitti previsti dall’art. 590-bis, primo comma, del codice penale, promosso dal Tribunale ordinario di La Spezia, sezione penale, nel procedimento penale a carico di C.S. S., con ordinanza dell’8 ottobre 2018, iscritta al n. 3 del registro ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 settembre 2019 il Giudice relatore Francesco Viganò.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza dell’8 ottobre 2018, iscritta al n. 3 del registro ordinanze 2019, il Tribunale ordinario di La Spezia, sezione penale, ha sollevato, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, recante «Disposizioni di modifica della disciplina del regime di procedibilità per taluni reati in attuazione della delega di cui all'articolo 1, commi 16, lettere a) e b), e 17, della legge 23 giugno 2017, n. 103», nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela anche per i delitti previsti dall’art. 590-bis, primo comma, del codice penale, in contrasto con quanto stabilito dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario).

    1.1.– Il rimettente premette di dover giudicare della responsabilità penale di C.S. S., imputata del reato previsto dall’art. 590-bis (Lesioni personali stradali gravi o gravissime), primo e ottavo comma, cod. pen., per avere, alla guida della propria autovettura, omesso di concedere la precedenza a un motociclo, in violazione dell’art. 145, commi 4 e 10, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), così cagionando al conducente del motociclo F. N. e al passeggero N. F. lesioni personali gravi.

    1.2.– In punto di rilevanza della questione di legittimità costituzionale, il giudice a quo riferisce che C.S. S., tratta a giudizio con citazione diretta, è stata ammessa al rito abbreviato condizionato all’espletamento di perizia medico-legale sulla persona di F. N.; che secondo le risultanze dell’esame peritale – esteso anche alle lesioni riportate da N. F. – F. N. ha sofferto, in conseguenza del sinistro stradale oggetto di imputazione, una malattia di durata inferiore a venti giorni, mentre N. F. ha patito una malattia guarita in settanta giorni; che dagli atti processuali emerge inequivocabilmente la responsabilità colposa dell’imputata; che le vittime del sinistro non hanno sporto querela.

    Il rimettente osserva che, con riferimento alla persona offesa F. N., la contenuta durata della malattia impone la riqualificazione del fatto di reato nell’ipotesi di cui all’art. 590 cod. pen. (lesioni personali colpose), con conseguente pronuncia, nei confronti dell’imputata, di sentenza di non doversi procedere per difetto di querela della vittima. Diversamente, in relazione alla persona offesa N. F., essendo la malattia di quest’ultima durata settanta giorni, si configura il reato di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., perseguibile d’ufficio; di talché, sussistendo la responsabilità di C.S. S., il processo non potrebbe che concludersi con una sentenza di condanna. Un diverso esito sarebbe conseguibile solo ove il reato di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. fosse punibile a querela, che, in specie, non è stata presentata.

    1.3.– Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il giudice a quo evidenzia che l’art. 1, comma 16, lettera a), della legge n. 103 del 2017 aveva delegato il Governo, entro un anno dall’entrata in vigore del provvedimento, a «prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di cui all’articolo 610 del codice penale, e per i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale, salva in ogni caso la procedibilità d’ufficio qualora ricorra una delle seguenti condizioni: 1) la persona offesa sia incapace per età o per infermità; 2) ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell’articolo 339 del codice penale; 3) nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravità».

    Nell’esercitare la delega con l’adozione del d.lgs. n. 36 del 2018, il Governo ha omesso di annoverare l’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. tra le fattispecie oggetto della modifica del regime di procedibilità, con la conseguenza che il reato in questione è tuttora procedibile d’ufficio e non a querela, benché punito con una pena (reclusione da tra mesi a un anno per le lesioni gravi e da uno a tre anni per le lesioni gravissime) compresa nella forbice edittale per la quale il legislatore delegante aveva previsto l’introduzione della condizione di procedibilità della querela.

    Il rimettente sostiene che la mancata previsione della procedibilità a querela per il reato di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. sarebbe frutto non di una mera dimenticanza, ma di una specifica scelta del legislatore delegato. Ciò emergerebbe inequivocabilmente dalla relazione illustrativa al d.lgs. n. 36 del 2018, nella quale si sosteneva che il delitto in questione rientrasse nelle ipotesi eccettuate dalla punibilità a querela in forza dell’art. 1, comma 16, lettera a), numero 1), della legge n. 103 del 2017, essendo la malattia derivante da lesioni gravi e gravissime commesse in violazione delle norme di disciplina della circolazione stradale equiparabile all’infermità che cagioni incapacità della vittima.

    Il giudice a quo ritiene non condivisibile tale assunto del Governo, poiché il legislatore delegante avrebbe escluso la procedibilità a querela per i soli reati contro la persona che, pur puniti con una pena detentiva non superiore a quattro anni, siano posti in essere ai danni di una persona offesa la quale, già prima della commissione del reato, si trovi in stato di incapacità per età o infermità e sia, pertanto, impossibilitata a sporgere querela. Colui che subisce lesioni gravi o gravissime in conseguenza di un sinistro stradale potrebbe non versare affatto in stato di incapacità, ad esempio ove subisca lesioni traumatiche quali il cosiddetto “colpo di frusta” o l’amputazione di un arto, che pur possono determinare una malattia di lunga durata. Non sussisterebbe, dunque, alcuna «correlazione diretta e costante» tra le lesioni gravi o gravissime riportate a seguito di un sinistro stradale e lo stato di incapacità.

    Ad avviso del rimettente, la lettura della delega data dal Governo, secondo cui le vittime di un...

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