Sentenza nº 177 da Constitutional Court (Italy), 12 Luglio 2019

RelatoreGiulio Prosperetti
Data di Resoluzione12 Luglio 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 177

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, lettera b), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, promosso dal Tribunale ordinario di Trento, sezione per le controversie di lavoro, nel procedimento vertente tra G. M. e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), con ordinanza del 21 giugno 2018, iscritta al n. 162 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti l’atto di costituzione dell’INPS, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 4 giugno 2019 il Giudice relatore Giulio Prosperetti;

uditi l’avvocato Antonella Patteri per l’INPS e l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 21 giugno 2018, il Tribunale ordinario di Trento, sezione per le controversie di lavoro, solleva, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, lettera b), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui comporta l’individuazione delle 520 settimane di cui all’art. 5, comma 1, della legge 2 agosto 1990, n. 233 (Riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi), e delle 780 settimane di cui all’art. 1, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), coperte da contribuzione – cui si riferiscono i redditi da computare per la determinazione del reddito medio annuo costituente la base di calcolo del trattamento pensionistico – in quelle anteriori alla data di insorgenza del diritto alla decorrenza della pensione, anziché in quelle anteriori alla data di maturazione dei requisiti per l’accesso al pensionamento.

    La disposizione censurata stabilisce che – con riguardo ai soggetti che maturano i requisiti a decorrere dal 1° gennaio 2011 per l’accesso al pensionamento ai sensi dell’art. 1, comma 6, della legge 23 agosto 2004, n. 243 (Norme in materia pensionistica e deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare e all’occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria), e successive modificazioni e integrazioni, con età inferiori a quelle indicate al comma 1 del medesimo art. 12 – il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico, per coloro i quali conseguono il trattamento di pensione a carico delle gestioni per gli artigiani, i commercianti e i coltivatori diretti nonché della gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, si consegua trascorsi diciotto mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti.

    1.1.– Il giudice rimettente rappresenta che il giudizio principale è stato istaurato a seguito del ricorso, depositato in data 29 aprile 2014, da G. M. nei confronti dell’Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS), per l’accertamento del diritto alla pensione di anzianità nella gestione artigiani, a decorrere dal 1° giugno 2013, avendo maturato, alla data del 31 dicembre 2011, un numero di contributi settimanali (n. 2086) superiore a quello (n. 2080) richiesto, per conseguire il diritto al trattamento pensionistico, dall’art. 1, comma 6, lettera b), numero 1), della legge n. 243 del 2004 e dall’art. 12 del d.l. n. 78 del 2010, come convertito.

    Pur concordando le parti del giudizio a quo sulla decorrenza del trattamento pensionistico (1° giugno 2013), il giudice rimettente riferisce che vi è disaccordo in ordine all’entità del trattamento: per il ricorrente, il rateo mensile di pensione di anzianità alla data del 1° giugno 2013, data di insorgenza del diritto alla decorrenza della pensione, ammonterebbe ad euro 2.703,62; secondo l’INPS, invece, il trattamento corrisponderebbe ad euro 2.462,85.

    Tale difformità è determinata dalla diversa individuazione ad opera delle parti della data rispetto alla quale devono computarsi le ultime 520 settimane coperte da contribuzione, ai fini del computo della cosiddetta quota A del trattamento (inerente, ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1990, alla contribuzione versata dall’interessato alla gestione speciale per gli artigiani fino al 31 dicembre 1992), e le ultime 780 settimane coperte da contribuzione, ai fini del computo della cosiddetta quota B (afferente, ai sensi dell’art. 1, comma 18, della legge n. 335 del 1995, alla contribuzione versata alla medesima gestione previdenziale dal 1° gennaio 1993): secondo il ricorrente, tali settimane devono essere individuate in quelle antecedenti al 30 novembre 2011, data di maturazione dei requisiti per il pensionamento; per l’INPS, le predette settimane vanno invece individuate in quelle antecedenti al 1º giugno 2013, data di insorgenza del diritto alla decorrenza della pensione per effetto della disposizione censurata.

    La questione è se, ai fini dell’individuazione delle 520 e 780 settimane coperte da contribuzione (alle quali si riferiscono i redditi da computare per la determinazione del reddito medio annuo costituente la base di calcolo del trattamento pensionistico), debba essere considerato o no l’intervallo di tempo tra la data di maturazione dei requisiti per l’accesso al pensionamento e la data di insorgenza del diritto alla decorrenza della pensione (cosiddetta finestra mobile), introdotto dall’art. 12, comma 2, lettera b), del d.l. n. 78 del 2010.

    Il rimettente ritiene che il tenore letterale della disposizione denunciata, in coordinato disposto con le ricordate disposizioni dell’art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1990 e dell’art. 1, comma 18, della legge n. 335 del 1995, nel fare espresso riferimento alla «decorrenza del trattamento pensionistico», impone di accogliere la tesi dell’INPS, ovvero di computare le predette settimane in riferimento a quelle anteriori a tale data di decorrenza.

    Tuttavia, secondo il giudice tridentino, ciò determinerebbe conseguenze irragionevoli nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, il lavoratore una volta maturati i requisiti di accesso al pensionamento, anziché cessare l’attività lavorativa, la prosegua nei diciotto mesi previsti dalla disposizione censurata per conseguire il diritto alla decorrenza della pensione, ma produca un reddito che incide negativamente sull’importo del trattamento altrimenti determinabile alla data di perfezionamento dei requisiti.

    1.2.– Il rimettente, pertanto, solleva d’ufficio questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, lettera b), del d.l. n. 78 del 2010, nella parte in cui determinerebbe tale irragionevole effetto, ledendo il principio di razionalità posto dall’art. 3, primo comma, Cost., in quanto, pur in presenza...

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