Sentenza nº 155 da Constitutional Court (Italy), 21 Giugno 2019

RelatoreFrancesco Viganò
Data di Resoluzione21 Giugno 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 155

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 459, comma 1-bis, del codice di procedura penale, introdotto dall’art. 1, comma 53, della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario), promossi dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Termini Imerese, con ordinanza del 12 febbraio 2018, e dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Macerata, con due ordinanze del 20 settembre 2017, iscritte rispettivamente ai numeri 88, 168 e 184 del registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 24 e 47, prima serie speciale, dell’anno 2018 e numero 1, prima serie speciale, dell’anno 2019.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell’8 maggio 2019 il Giudice relatore Francesco Viganò.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 12 febbraio 2018, iscritta al n. 88 del registro ordinanze 2018, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Termini Imerese ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, 27 e 11 [recte: 111] della Costituzione – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 459, comma 1-bis, del codice di procedura penale, introdotto dall’art. 1, comma 53, della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario), «nella parte in cui prevede che ai fini della determinazione dell’ammontare della pena pecuniaria in sostituzione di una pena detentiva il giudice deve tener conto della condizione economica complessiva dell’imputato e del suo nucleo familiare e che comunque il valore giornaliero non può essere inferiore alla somma di euro 75 di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva e non può superare di tre volte tale ammontare».

    1.1.– L’ordinanza di rimessione è stata pronunciata nel procedimento a carico di V. Z., imputato del reato di cui all’art. 116, commi 15 e 17 (guida senza patente), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in relazione al quale il pubblico ministero ha chiesto l’emissione di decreto penale di condanna, indicando la pena da irrogare in 1.950 euro di ammenda. Tale importo è stato calcolato dal pubblico ministero a partire da una pena base di 20 giorni di arresto e 2.400 euro di ammenda, sulla quale è stata operata la diminuzione prevista dall’art. 459, comma 2, cod. proc. pen. in ragione della specialità del rito, pervenendosi così a una pena di 10 giorni di arresto e 1.200 euro di ammenda. La pena detentiva è stata quindi convertita in pena pecuniaria ai sensi dell’art. 459, comma 1-bis, cod. proc. pen. in ragione di 75 euro pro die, per un totale di 750 euro, da sommare ai restanti 1.200 euro di ammenda.

    1.2.– In punto di rilevanza delle questioni, il rimettente espone che «dalle stesse dipende la possibilità per questo Giudice di definire il procedimento mediante l’emissione di decreto penale di condanna come richiesto dal pubblico ministero, ovvero l’obbligo di rigettare la richiesta rimettendo gli atti al [p]ubblico [m]inistero affinché proceda con altro rito».

    1.3.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo dubita anzitutto della compatibilità della disposizione censurata con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost.

    Prescrivendo che, nel determinare la pena pecuniaria sostituiva della pena detentiva, il giudice tenga conto delle condizioni economiche dell’imputato e del suo nucleo familiare, l’art. 459, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdurrebbe «una doppia valutazione delle condizioni economiche del reo», che sarebbero valorizzate «una prima volta in sede di determinazione della pena pecuniaria da irrogare, ex art. 133-bis c.p., ed una seconda volta in sede di determinazione della pena pecuniaria sostitutiva». Tale meccanismo creerebbe una irragionevole disparità di trattamento «tra i soggetti meno abbienti (giudicati più favorevolmente) e i soggetti più abbienti (giudicati meno favorevolmente)».

    Il principio di eguaglianza sarebbe altresì leso in ragione del trattamento irragionevolmente differenziato che subirebbero i soggetti imputati del medesimo reato, a seconda che il pubblico ministero decida o meno di esercitare l’azione penale mediante richiesta di emissione di decreto di condanna. Nel primo caso, infatti, la pena pecuniaria sostitutiva della pena detentiva sarebbe determinata ai sensi dell’art. 459, comma 1-bis, cod. proc. pen., secondo una variabile compresa tra 75 e 225 euro per ogni giorno di pena detentiva. Nel secondo caso, invece, si applicherebbe il regime di conversione della pena detentiva in pena pecuniaria stabilito in via generale dall’art. 135 del codice penale, che ragguaglia un giorno di pena detentiva alla somma fissa di 250 euro.

    1.4.– Il giudice a quo denuncia altresì la contrarietà della norma censurata al principio di personalità della responsabilità penale, sancito dall’art. 27 Cost., nella misura in cui il comma 1-bis dell’art. 459 cod. proc. pen. obbliga il giudice a tenere in considerazione, per determinare la pena pecuniaria sostitutiva della pena detentiva, le condizioni economiche non del solo imputato, ma anche del nucleo familiare dello stesso.

    1.5.– Il rimettente dubita, infine, della compatibilità della norma censurata con il canone di ragionevole durata del processo, sancito dall’art. 111, secondo comma, Cost. La necessità che il giudice, onde stabilire l’ammontare della pena pecuniaria sostitutiva di quella detentiva, disponga accertamenti sulle condizioni economiche dell’imputato e del nucleo familiare determinerebbe infatti «una chiara, inevitabile e ingiustificata dilatazione dei tempi di definizione del procedimento per decreto, per sua natura di rapida definizione».

  2. – È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni di legittimità costituzionale siano dichiarate inammissibili o infondate.

    2.1.– L’interveniente evidenzia anzitutto l’insufficienza e l’erroneità della motivazione del giudice a quo in ordine alla rilevanza delle questioni, prospettate con esclusivo riferimento all’alternativa tra accoglimento della richiesta di decreto penale e restituzione degli atti al pubblico ministero. Il rimettente avrebbe omesso di considerare che, nell’ambito del rito speciale, il giudice potrebbe altresì ritenere incongrua la pena in riferimento all’imputazione oppure prosciogliere l’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.; e avrebbe, conseguentemente, omesso di dare conto della rilevanza delle questioni «ai fini di ciascuno dei possibili esiti della vicenda processuale principale». L’ordinanza di rimessione non chiarirebbe poi le ragioni per cui, rispetto al caso concreto – nemmeno sommariamente descritto – la pena determinata ai sensi dell’art. 459, comma 1-bis, cod. proc. pen. dovrebbe ritenersi incongrua.

    2.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri sottolinea, in ogni caso, la radicale infondatezza delle questioni sollevate.

    Non sarebbe predicabile alcuna violazione del principio di eguaglianza, sotto il profilo di un eventuale trattamento di maggior favore dei soggetti meno abbienti, posto che il comma secondo dell’art. 3 Cost. mira precisamente alla rimozione degli ostacoli di ordine economico e «presuppone dunque una distinzione tra abbienti e meno abbienti, in senso opposto a quello proposto in ordinanza».

    Neppure sarebbe irragionevole l’obbligo di valutare le condizioni economiche dell’imputato, anche con riguardo ai componenti del nucleo familiare, posto che l’art. 459, comma 1-bis, cod. proc. pen. ricalca la formulazione dell’art. 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al...

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