Sentenza nº 150 da Constitutional Court (Italy), 19 Giugno 2019

RelatoreDaria de Pretis
Data di Resoluzione19 Giugno 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 150

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 17 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria nel procedimento vertente tra C. D. S. e il Ministero della giustizia e altro, con ordinanza del 6 aprile 2018, iscritta al n. 107 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti l’atto di costituzione di C. D. S., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 21 maggio 2019 il Giudice relatore Daria de Pretis;

uditi l’avvocato Ardo Arzeni per C. D. S. e l’avvocato dello Stato Beatrice Gaia Fiduccia per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 6 aprile 2018, iscritta al n. 107 reg. ord. 2018, il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 17 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale) in riferimento agli artt. 3 e 97, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede che, nel procedimento disciplinare nei confronti degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria iniziato a seguito di condanna penale per i medesimi fatti oggetto di incolpazione, si applichino i termini per la promozione e la conclusione del procedimento stabiliti dall’art. 9, comma 2, della legge 7 febbraio 1990, n. 19 (Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti).

    Le questioni sono sorte nel corso di un giudizio promosso da C. D. S., vice questore aggiunto della Polizia di Stato, per l’annullamento della decisione emessa il 27 ottobre 2014 dalla commissione competente a decidere sui ricorsi nei procedimenti disciplinari contro gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria. La decisione impugnata ha confermato la sanzione della sospensione per quattro mesi dall’impiego, irrogata a C. D. S. dalla commissione disciplinare presso la Corte di appello di Genova sulla base della sua condanna definitiva alla pena principale di tre anni e otto mesi di reclusione, nonché alla pena accessoria dell’interdizione temporanea per cinque anni dai pubblici uffici, per i reati di cui agli artt. 110, 61, numero 2), e 419 del codice penale, in relazione ai fatti verificatisi nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001 nell’istituto scolastico «Armando Diaz» durante il vertice “G8” di Genova.

    Il giudice a quo riferisce che il ricorrente nel processo principale lamenta, tra l’altro, l’eccessiva durata del procedimento disciplinare e la violazione dei termini perentori per l’avvio, lo svolgimento e la conclusione del procedimento stesso, previsti dall’art. 9, comma 2, della legge n. 19 del 1990, alla cui stregua il «procedimento disciplinare […] deve essere proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni». Precisa che, nel caso di specie, tra la notizia della sentenza irrevocabile e la notifica dell’atto di incolpazione sarebbero trascorsi più di sette mesi e comunque sarebbe trascorso oltre un anno dall’avvio del procedimento fino alla sua conclusione.

    1.1.– Le questioni sarebbero rilevanti, in quanto, né l’art. 17 censurato, né l’art. 127 del codice di procedura penale, in esso richiamato, prevedono termini perentori per l’avvio e la conclusione del procedimento disciplinare nei confronti degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria a seguito di una sentenza penale irrevocabile di condanna per gli stessi fatti addebitati nell’incolpazione. Il processo principale non potrebbe dunque essere definito indipendentemente dalla risoluzione delle questioni.

    Neppure sarebbe possibile interpretare la norma censurata in senso costituzionalmente orientato, per la univocità del suo dato letterale e per la specialità del procedimento disciplinare regolato dagli artt. 16 e 17 delle norme att. cod. proc. pen., che non contempla la sanzione della destituzione, prevista invece dall’art. 9 della legge n. 19 del 1990, norma da assumere a tertium comparationis. Una diversa soluzione interpretativa, perseguita mediante «l’applicazione analogica» dei termini previsti in quest’ultima disposizione, «si tradurrebbe in un’inammissibile operazione additiva del dettato legislativo».

    1.2.– La mancata previsione, nella norma censurata, di termini perentori per l’avvio e per la conclusione del procedimento, a pena di decadenza del potere disciplinare, determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, in contrasto con i...

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