Sentenza nº 128 da Constitutional Court (Italy), 28 Maggio 2019

RelatoreGiancarlo Coraggio
Data di Resoluzione28 Maggio 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 128

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 6, della legge della Regione Marche 19 dicembre 2001, n. 35 (Provvedimenti tributari in materia di addizionale regionale all’IRPEF, di tasse automobilistiche e di imposta regionale sulle attività produttive), dell’art. 5, comma 1, della legge della Regione Lazio 13 dicembre 2001, n. 34 (Disposizioni in materia di imposta regionale sulle attività produttive in attuazione del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446), e Tabella A, e dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), promossi dalla Commissione tributaria provinciale di Padova e dalla Commissione tributaria regionale del Lazio, con ordinanze del 7 marzo e del 28 settembre 2017, iscritte rispettivamente ai nn. 38 e 89 del registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 10 e 25, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti gli atti di costituzione della Banca Monte dei Paschi di Siena spa, quale incorporante della Banca Antonveneta spa, della Banca Nazionale del Lavoro spa, della BNP Paribas sa;

Visti gli atti di intervento della Regione Marche e della Regione Siciliana;

udito nella udienza pubblica del 16 aprile 2019 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi gli avvocati Pasquale Russo per la Banca Monte dei Paschi di Siena spa, quale incorporante della Banca Antonveneta spa, Gabriele Escalar per la Banca Nazionale del Lavoro spa e per la BNP Paribas sa, Stefano Grassi per la Regione Marche e Marina Valli per la Regione Siciliana.

Ritenuto in fatto

  1. − La Commissione tributaria provinciale (CTP) di Padova, con ordinanza del 21 febbraio 2017 (r.o. n. 38 del 2018), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 6, della legge della Regione Marche 19 dicembre 2001, n. 35 (Provvedimenti tributari in materia di addizionale regionale all’IRPEF, di tasse automobilistiche e di imposta regionale sulle attività produttive), dell’art. 5, comma 1, della legge della Regione Lazio 13 dicembre 2001, n. 34 (Disposizioni in materia di imposta regionale sulle attività produttive in attuazione del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446), e dell’art. 7, comma 1, della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione.

    La Commissione tributaria regionale (CTR) del Lazio, con ordinanza del 25 settembre 2017 (r.o. n. 89 del 2018), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, della legge reg. Lazio n. 34 del 2001 e della Tabella A ad essa allegata, in riferimento all’art. 117 Cost.

    Tutte le disposizioni regionali censurate apportano, per il periodo di imposta 2002, per le banche e gli altri enti e società finanziari, oltre che per le imprese assicurative, un incremento dell’aliquota dell’imposta sulle attività produttive (IRAP) – fissata dal comma 2 dell’art. 45 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali), nella misura del 4,75 per cento – elevandola al 5,75 per cento (per le Regioni Marche e Lazio) ed al 5,25 per cento (per la Regione Siciliana).

  2. − La CTP di Padova premette di essere stata adita dalla Banca Monte dei Paschi di Siena spa (BMPS), in qualità di società incorporante la Banca Antoniana Veneta spa (BAV), che, con ricorso depositato il 16 febbraio 2015, aveva impugnato, nei confronti dell’Agenzia delle entrate, il silenzio-rifiuto, formatosi in capo a quest’ultima, in ordine alla istanza di rimborso da essa ricorrente prodotta in data 29 ottobre 2004, avente ad oggetto la maggiore IRAP versata per l’anno 2002 da BAV.

    Quest’ultima aveva corrisposto, infatti, l’importo complessivo di euro 34.809.171,00, in applicazione delle aliquote IRAP riferibili alle diverse Regioni ove la BAV operava, pari al 5,75 per cento dell’imponibile per le Regioni Marche, Lazio e Lombardia ed al 5,25 per cento per la Regione Siciliana, ma riteneva che l’imposta avrebbe dovuto essere calcolata facendo applicazione dell’aliquota del 4,75 per cento, a norma del comma 2 dell’art. 45 del d.lgs. n. 446 del 1997. La ricorrente aveva, quindi, dedotto che le Regioni, con le censurate disposizioni, avevano ecceduto le proprie competenze legislative in materia di IRAP, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto avevano disposto un aumento dell’aliquota speciale (prevista cioè per le banche e gli altri enti e società finanziarie, nonché per le imprese assicurative, ossia i soggetti di cui agli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 446 del 1997), disciplinata dall’art. 45, comma 2, del d.lgs. 446 del 1997, nel testo allora vigente, e fissata, per il periodo di imposta 2002, nella misura del 4,75 per cento, mentre tale facoltà di incremento dell’aliquota IRAP era attribuita alle Regioni dall’art. 16, comma 3, del medesimo d.lgs. n. 446 del 1997 unicamente per l’aliquota ordinaria, prevista per la generalità dei soggetti passivi, disciplinata dal comma 1 del medesimo art. 16 e fissata nella misura del 4,25 per cento.

    Tanto premesso, il collegio rimettente, afferma, in punto di rilevanza, che la «questione è assolutamente determinante ai fini della decisione del procedimento instaurato avanti questo Giudice, giacché da essa dipende la debenza o meno della imposta chiesta a rimborso della società ricorrente».

    Quanto alla non manifesta infondatezza, la CTP di Padova ricorda che, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., è riservata alla competenza legislativa esclusiva statale la disciplina della materia tributaria dello Stato, e quindi anche dell’IRAP, e che, conseguentemente, l’intervento del legislatore regionale è ammesso solo nei termini stabiliti dalla norma statale.

    Nel caso in esame la facoltà riconosciuta, dal comma 3 dell’art. 16 del d.lgs. n. 446 del 1997, al legislatore regionale di disporre l’incremento della aliquota IRAP, a far tempo dal terzo anno successivo a quello della entrata in vigore della normativa istitutiva della suddetta imposta, ossia dall’anno 2000, sarebbe limitata alla cosiddetta aliquota ordinaria, di cui all’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 446 del 1997, rimanendo esclusa, quindi, l’aliquota speciale di cui all’art. 45, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 446 del 1997, che riguarda alcune specifiche categorie di soggetti, tra i quali, appunto, le banche.

    Pertanto le censurate disposizioni regionali, stabilendo un incremento dell’aliquota speciale, eccederebbero la facoltà attribuita al legislatore regionale e si paleserebbero in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

    Viene poi ricordata la sentenza n. 177 del 2014 di questa Corte che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 5, della legge della Regione Lombardia 18 dicembre 2001, n. 27 (Legge finanziaria 2002), che disponeva analogo aumento dell’aliquota speciale.

    2.1.– Con atto del 23 marzo 2018, depositato il successivo 26 marzo, è intervenuta in giudizio la Regione Marche, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile o comunque infondata.

    2.1.1.– Quanto al primo profilo, viene eccepito il difetto di motivazione della rilevanza della questione, in quanto il giudice rimettente non chiarisce se siano maturati i termini di prescrizione e decadenza fissati dall’art. 21, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), il quale dispone che «Il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione di cui all’art. 19, comma 1, lettera g) [ovvero il rifiuto della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti], può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di restituzione presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d'imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto. La domanda di restituzione, in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata dopo due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione».

    Posto che il rimborso riguardante il pagamento dell’IRAP effettuato per l’anno 2002 è stato richiesto in data 29 ottobre 2004, il ricorso avverso il silenzio-rifiuto, che risulta depositato il 16 febbraio 2015 – in assenza di ulteriori atti interruttivi (non menzionati dal giudice a quo) – risulterebbe proposto oltre il termine decennale di prescrizione del diritto alla restituzione richiesta.

    Inoltre, la CTP rimettente non preciserebbe se il ricorso proposto fosse ammissibile in relazione al termine di decadenza di cui...

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