Sentenza nº 120 da Constitutional Court (Italy), 16 Maggio 2019

RelatoreGiovanni Amoroso
Data di Resoluzione16 Maggio 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 120

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis del codice penale, promosso dal Tribunale ordinario di Catania, nel procedimento penale a carico di D. C., con ordinanza del 6 marzo 2018, iscritta al n. 167 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 3 aprile 2019 il Giudice relatore Giovanni Amoroso.

Ritenuto in fatto

  1. ‒ Il Tribunale ordinario di Catania, con ordinanza del 6 marzo 2018, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis del codice penale, «nella misura in cui esso non è applicabile ai reati rientranti nella competenza del Giudice di Pace».

    In punto di fatto il rimettente premette che con atto di appello del 5 aprile 2017, D. C., imputato del reato di lesioni colpose lievi (art. 590 cod. pen.), ha proposto impugnazione, anche ai fini delle statuizioni civili, avverso la sentenza del Giudice di pace di Catania, «con la quale il medesimo era stato condannato alla pena di euro 400,00 di multa, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita».

    Il giudice a quo riferisce che l’appellante ha lamentato l’errata valutazione da parte del giudice di primo grado della sussistenza del nesso di causalità tra il sinistro stradale occorso e le lesioni personali riportate dalla persona offesa, nonché l’omessa pronuncia ai sensi dell’art. 35 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468) in ragione dell’intervenuto risarcimento del danno e, in subordine, ha chiesto sentenza di assoluzione ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 530 del codice di procedura penale e 131-bis cod. pen., stante la tenuità dell’offesa subita dalla persona offesa, avendo quest’ultima riportato lesioni personali lievi da cervicalgia post-traumatica, giudicate guaribili in giorni otto.

    Il rimettente aggiunge, inoltre, che il Giudice di pace ha dichiarato la penale responsabilità dell’imputato sulla base dell’attività istruttoria espletata, correttamente ritenendo sussistente il nesso eziologico tra la condotta colposa del medesimo (consistita nella mancata osservanza della distanza di sicurezza mentre si trovava alla guida del veicolo) e il danno patito dalla persona offesa costituitasi parte civile, ma nulla ha statuito in ordine alla possibilità di una pronuncia ai sensi degli artt. 34 e 35 del d.lgs. n. 274 del 2000.

    Riguardo alla doglianza relativa alla mancata applicazione dell’art. 35 del citato decreto legislativo, il rimettente osserva che la giurisprudenza, allo stato, è ondivaga in ordine all’applicabilità di tale disposizione nel giudizio d’appello e che, ad ogni modo, sarebbe preliminare verificare l’applicabilità, nella specie, dell’art. 131-bis cod. pen., stante il disposto dell’art. 129 cod. proc. pen. per cui il giudice deve verificare innanzi tutto la possibilità di emettere una pronuncia di assoluzione nel merito (quale quella di assoluzione ex art. 131-bis cod. pen.) piuttosto che di mero proscioglimento (quale quella di dichiarazione di estinzione del reato per condotte riparatorie ex art. 35 citato).

    Con riferimento, in particolare, al profilo della tenuità del fatto, osserva il rimettente che il Giudice di pace nulla ha deciso in ordine alla possibilità di una pronuncia ai sensi dell’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000 durante tutto il corso del procedimento e che, per contro, l’appellante, nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado, ha richiesto una pronuncia di assoluzione ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.

    Il rimettente si sofferma sulle differenze intercorrenti tra l’art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000 e l’art. 131-bis cod. pen., anche alla luce della sentenza della Corte di cassazione, sezioni unite penali, 22 giugno-28 novembre 2017, n. 53683.

    In punto di rilevanza, il rimettente ritiene che sussisterebbero tutti i presupposti per adottare una pronuncia ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., atteso che la pena prevista per il reato di cui all’art. 590 cod. pen. rientra nei limiti edittali stabiliti dall’art. 131-bis, primo comma, cod. pen. e che si tratta, nella specie, di un’offesa di particolare tenuità, tenendo anche conto delle modalità della condotta, meramente colposa e alla luce dell’esiguità del danno cagionato alla persona offesa.

    Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente afferma che l’art. 131-bis cod. pen., così come interpretato dalla menzionata pronuncia della Corte di cassazione, violerebbe il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), nella misura in cui la causa di non punibilità, prevista dalla disposizione censurata, non è applicabile a fatti di minor disvalore, quali sono quelli rientranti nella sfera di competenza del giudice di pace, mentre ben può trovare applicazione in relazione a fatti di maggiore gravità, rientranti nella cognizione del tribunale.

    Sarebbe, infatti, del tutto irrazionale che una norma di diritto sostanziale, quale è l’art. 131-bis cod. pen. – introdotta per evitare all’imputato le possibili ricadute negative scaturenti dalla condanna per fatti di minima offensività, i quali, per il comune sentire sociale, sono connotati da minimo disvalore – sia inapplicabile proprio ai reati che, per essere di competenza del giudice di pace, sono per definizione di minore gravità.

  2. ‒ Con atto depositato il 18 dicembre 2018, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare la questione inammissibile o infondata.

    L’Avvocatura generale, in primo luogo, eccepisce che il rimettente, nell’argomentare la rilevanza della questione, dà priorità, nell’ordine di trattazione, alla questione relativa all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., rispetto a quella della sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 35 del d.lgs. n. 274 del 2000 come effetto della condotta riparatoria. Afferma che, a differenza di quanto ritenuto dal Tribunale ordinario di Catania, la verifica della sussistenza dei presupposti per un proscioglimento ex art. 131-bis cod. pen. non può che seguire, logicamente e giuridicamente, l’esclusione di una causa di estinzione del reato quale quella prevista dall’art. 35 del d.lgs. n. 274 del 2000.

    Nel merito, l’Avvocatura ritiene che la questione sia comunque infondata e, a tal proposito, richiama la menzionata pronuncia della Corte di cassazione.

    Considerato in diritto

  3. ‒ Il Tribunale ordinario di Catania, con ordinanza del 6 marzo 2018, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 131-bis del codice penale, nella parte in cui tale disposizione non è applicabile ai reati rientranti nella competenza del giudice di pace ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale...

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