Sentenza nº 97 da Constitutional Court (Italy), 18 Aprile 2019

RelatoreLuca Antonini
Data di Resoluzione18 Aprile 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 97

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 84, comma 1, lettera b), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, che inserisce il comma 1-bis all’art. 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali), dell’art. 84, comma 1, lettera i), dello stesso d.l. n. 69 del 2013, nella parte in cui aggiunge il comma 4-bis, secondo periodo, all’art. 8 del citato d.lgs. n. 28 del 2010, nonché del comma 2 del medesimo art. 84 e dell’art. 5, comma 4, lettera a), del citato d.lgs. n. 28 del 2010, promossi dal Tribunale ordinario di Verona con ordinanze del 30 gennaio e del 23 febbraio 2018, iscritte, rispettivamente, ai numeri 62 e 98 del registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 16 e 27, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 marzo 2019 il Giudice relatore Luca Antonini.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza iscritta al n. 62 r.o. 2018, il Tribunale ordinario di Verona ha sollevato – in riferimento agli art. 3 e 77, secondo comma, della Costituzione – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 84, comma 1, lettera i), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui aggiunge il comma 4-bis, secondo periodo, all’art. 8 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali), nonché del comma 2 del medesimo art. 84.

  2. – Il rimettente premette di essere chiamato a decidere la controversia instaurata da una società a responsabilità limitata nei confronti di una banca per ottenere l’accertamento della nullità, per difetto della forma scritta, di un contratto di conto corrente e di «due contratti di apertura di conto corrente», nonché la condanna della convenuta alla restituzione delle somme indebitamente percepite, nel corso dei rapporti originati da tali contratti, a titolo di interessi usurari e di commissione di massimo scoperto.

    Quindi, il giudice a quo riferisce che la parte attrice ha attivato vanamente, prima della instaurazione della controversia, il procedimento di mediazione previsto quale condizione di procedibilità della domanda dall’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, non avendovi la convenuta partecipato.

    Dopo avere precisato che la causa oggetto del processo principale è «giunta a decisione», il Tribunale ordinario di Verona osserva che la mancata partecipazione al procedimento di mediazione non sarebbe sorretta da giustificato motivo, non essendo questo ravvisabile nelle ragioni, specificamente indicate nell’ordinanza di rimessione, addotte dalla società convenuta al fine di legittimare il proprio comportamento omissivo: essa, pertanto, ai sensi dell’art. 8, comma 4-bis, secondo periodo, del d.lgs. n. 28 del 2010, dovrebbe essere condannata, anche d’ufficio e a prescindere dalla sua eventuale soccombenza, al versamento, in favore dello Stato, di un importo corrispondente a quello del contributo unificato dovuto per il giudizio.

    2.1.– In ordine alla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, il giudice rimettente ricorda, anzitutto, che il comma 4-bis è stato aggiunto all’art. 8 del d.lgs. n. 28 del 2010 dall’art. 84, comma 1, lettera i), del d.l. n. 69 del 2013.

    Quindi, sostiene che il secondo periodo del citato comma 4-bis – a mente del quale «[i]l giudice condanna la parte costituita che […] non ha partecipato al procedimento [preliminare di mediazione] senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio» – violerebbe l’art. 77, secondo comma, Cost. per difetto dei requisiti di necessità e d’urgenza.

    Al riguardo, il rimettente – richiamato l’orientamento della giurisprudenza costituzionale sui presupposti della decretazione d’urgenza – premette che questa Corte avrebbe anche precisato che l’urgente necessità di provvedere in via legislativa presupporrebbe la «intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico»: i requisiti cui è subordinata la legittimità dell’adozione del decreto-legge potrebbero, pertanto, anche riguardare una pluralità di norme, purché queste siano, tuttavia, accomunate, sul piano obiettivo, «dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate», ovvero, sul piano teleologico, in caso di interventi eterogenei afferenti a materie diverse, «dall’unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare» (viene richiamata la sentenza n. 22 del 2012).

    Ad avviso del giudice a quo, peraltro, la «uniformità teleologica» che deve accomunare le norme contenute in un decreto-legge sarebbe vanificata ove, come nel caso in esame, esse non abbiano «il medesimo termine di efficacia».

    Fatte tali premesse, il Tribunale di Verona evidenzia come l’entrata in vigore delle disposizioni dettate dall’art. 84, comma 1, del d.l. n. 69 del 2013 sia stata differita, dal successivo comma 2, al decorso «di trenta giorni rispetto al momento della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale» (recte: rispetto al momento della entrata in vigore della legge di conversione del d.l.): questo differimento rappresenterebbe un elemento sintomatico della «manifesta insussistenza», nel caso di specie, dei requisiti di necessità e d’urgenza, tanto più in considerazione della distonia con la diversa scelta di attribuire, invece, efficacia immediata alle altre norme contenute nel medesimo decreto-legge.

    Del resto, prosegue il giudice rimettente, la posticipazione in parola contrasterebbe anche con l’art. 15, comma 3, della legge 22 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri), che, nella parte in cui stabilisce che i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione, espliciterebbe «ciò che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa» di tali provvedimenti normativi.

    2.1.1.– Il giudice a quo ritiene, inoltre, che l’art. 84, comma 2, del d.l. n. 69 del 2013 – che, come detto, ha procrastinato l’applicabilità delle disposizioni di cui al precedente comma 1 al decorso di trenta giorni «[…] dall’entrata in vigore della legge di conversione[…]» – recherebbe un vulnus all’art. 3 Cost., in relazione al principio di ragionevolezza.

    A suo parere, la scelta, operata con la norma censurata, di differire l’efficacia delle disposizioni dettate dal precedente comma 1, peraltro difforme da quella adottata per le altre norme del medesimo d.l. aventi «la stessa finalità di contribuire a rendere maggiormente efficiente il sistema giudiziario», sarebbe, difatti, «immotivata e priva di una ragione logica».

  3. – È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate manifestamente inammissibili e, comunque, infondate.

    3.1.– L’eccezione preliminare d’inammissibilità è basata, innanzitutto, sulla asserita erroneità di una delle argomentazioni addotte dal Tribunale rimettente.

    Contrariamente a quanto da esso sostenuto, infatti, a mente dell’art. 86 del d.l. n. 69 del 2013, le disposizioni poste dall’art. 84, comma 1, sarebbero entrate in vigore, come del resto tutte le altre norme contenute nel medesimo decreto-legge, il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, mentre ne sarebbe stata posticipata soltanto l’efficacia: il legislatore avrebbe, pertanto, disposto «semplicemente […] un differimento nella efficacia di talune disposizioni […]» contenute nel d.l.

    3.1.1.– Sotto altro profilo, la difesa statale ritiene che sia inammissibile la questione, avente ad oggetto l’art. 84, comma 2, del d.l. n. 69 del 2013, sollevata in riferimento all’art. 3 Cost.

    L’irragionevolezza della norma censurata sarebbe stata, infatti, dedotta in maniera apodittica, essendosi il giudice a quo in sostanza limitato a sostenere che, in sede di decretazione d’urgenza, non possa essere procrastinata l’applicabilità di alcune disposizioni, senza illustrare i motivi per cui siffatta scelta sarebbe illogica.

    In proposito, l’Avvocatura generale osserva altresì che le ragioni dell’evidenziato differimento, la cui valutazione è d’altro canto rimessa al discrezionale apprezzamento del legislatore, sarebbero ravvisabili, per un verso, in «comprensibili problemi organizzativi»; per altro verso, nella necessità, correlata alla natura sanzionatoria della condanna conseguente alla mancata partecipazione al procedimento di mediazione, che le parti siano tempestivamente rese edotte degli obblighi su di esse incombenti.

    Del resto, prosegue la difesa statale, il Tribunale rimettente avrebbe trascurato di rilevare che il legislatore non avrebbe posticipato l’efficacia soltanto dell’art. 84, comma 1, del d.l. n. 69 del 2013, ma anche di altre norme contenute nel medesimo decreto-legge.

    3.2.– Ad avviso dell’interveniente, le questioni di legittimità...

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