Sentenza nº 88 da Constitutional Court (Italy), 17 Aprile 2019

RelatoreGiovanni Amoroso
Data di Resoluzione17 Aprile 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 88

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 590-quater del codice penale, inserito dall’art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), e dell’art. 222, commi 2 e 3-ter, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato dall’art. 1, comma 6, lettera b), numeri 1) e 2), della legge n. 41 del 2016, promossi dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma e dal Tribunale ordinario di Torino, con ordinanze del 16 maggio 2017 e dell’8 giugno 2018, iscritte rispettivamente al n. 144 del registro ordinanze 2017 e al n. 139 del registro ordinanze 2018 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2017 e n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti gli atti di costituzione di F. M. e di M. V., nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella udienza pubblica del 19 febbraio 2019 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi gli avvocati Massimiliano Cataldo per F. M., Riccardo Salomone per M. V. e l’avvocato dello Stato Carlo Sica per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale ordinario di Roma, con ordinanza del 16 maggio 2017 (r.o. n. 144 del 2017), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 590-quater del codice penale, inserito dall’art. 1, comma 2, della legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27 della Costituzione, nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza e di equivalenza dell’attenuante speciale di cui all’art. 589-bis cod. pen.

    1.1.– In punto di fatto il rimettente, che riferisce essere in sede di giudizio abbreviato, premette che il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio dell’imputato per i reati di cui agli artt. 589-bis, secondo e ottavo comma, cod. pen. e 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e che all’udienza del 28 febbraio 2017 il difensore dell’imputato ha sollevato l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 590-quater cod. pen.

    In particolare, il rimettente riferisce che l’imputato è stato tratto a giudizio per i suddetti reati per avere guidato un’autovettura in stato di ebbrezza e per avere tamponato un autocarro, in tal modo provocando la morte di uno dei soggetti trasportati su quest’ultimo mezzo, nonché il ferimento di un altro trasportato e del guidatore dello stesso (fatto avvenuto dopo l’entrata in vigore della legge n. 41 del 2016). Rileva, inoltre, che dagli atti emergono diversi elementi che, all’esito del giudizio abbreviato potrebbero comportare l’attribuzione di responsabilità concorrenti con quelle dell’imputato, atteso che il guidatore dell’autocarro tamponato era a sua volta sotto l’effetto di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, sicché anche la sua condotta di guida potrebbe avere risentito di tale stato contribuendo al sinistro; che il trasportato deceduto non indossava la cintura di sicurezza; che il tratto di strada su cui è avvenuto il sinistro presentava illuminazione non funzionante.

    L’accertamento di uno o più di queste concause del sinistro comporterebbe l’applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 589-bis, settimo comma, cod. pen. con conseguente diminuzione della pena fino alla metà. Tale diminuente potrebbe però operare solo sulla quantità di pena determinata ai sensi della circostanza aggravante di cui all’art. 589-bis, secondo comma, cod. pen., poiché l’art. 590-quater cod. pen. impedisce il bilanciamento delle circostanze aggravanti ed attenuanti per il reato di omicidio stradale.

    In particolare, il rimettente dà atto che nel capo di imputazione è stata contestata la circostanza aggravante di aver guidato in stato di ebbrezza (art. 589-bis, secondo comma, cod. pen.); ricorre poi anche l’aumento di pena previsto dell’art. 589-bis, ottavo comma, cod. pen., per aver provocato la morte di una persona e lesioni personali ad altre due.

    Pertanto, in caso di condanna, qualora il giudice dovesse riconoscere la sussistenza della diminuente del concorso di colpa, dovrebbe essere applicato prima l’aumento di pena per l’aggravante e soltanto dopo la diminuzione di pena per la circostanza attenuante, stante il predetto divieto di bilanciamento delle circostanze.

    In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente dà atto che la norma introduce, per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen., una deroga alla disciplina generale prevista dagli artt. 63 e seguenti cod. pen. In tal modo – osserva il rimettente – è stato esteso ai delitti di omicidio stradale e lesioni personali stradali il meccanismo di limitazione della discrezionalità del giudice penale nella valutazione degli aumenti e della diminuzione della pena, già previsto in relazione ad altre ipotesi.

    Al riguardo, il rimettente cita il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti previsto dall’art. 69, quarto comma, cod. pen. a seguito della modifica introdotta dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), con riferimento alla recidiva reiterata di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen.

    In ordine alla legittimità, in via generale, di tale divieto il rimettente richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui le deroghe all’ordinaria disciplina del bilanciamento delle circostanze non devono trasmodare nella manifesta irragionevolezza; in particolare, le sentenze n. 105 del 2014 e n. 251 del 2012 che hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale del divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti in particolari ipotesi.

    Il rimettente osserva che, ricorrendo la diminuente di cui al settimo comma dell’art. 589-bis cod. pen., la pena prevista dall’art. 589-bis, primo comma, cod. pen. (da due a sette anni) può ridursi fino al minimo di un anno di reclusione. Ricorrendo, invece, l’aggravante di cui al secondo comma della medesima disposizione (pena da otto a dodici anni di reclusione), la pena minima di otto anni di reclusione potrebbe essere diminuita, ai sensi del settimo comma dell’art. 589-bis cod. pen. in caso di riconoscimento di concorso di colpa della parte offesa, a quattro anni di reclusione.

    Là dove il divieto di bilanciamento delle circostanze previsto dalla disposizione censurata non operasse, potrebbe aversi, in caso di prevalenza della circostanza attenuante, la diminuzione fino alla metà sulla pena prevista per il delitto base sicché dal minimo edittale di due anni si scenderebbe a un anno di reclusione.

    Il risultato complessivo è che per effetto dell’art. 590-quater cod. pen. l’imputato subisce un aumento della cornice edittale pari al quadruplo.

    Sottrarre al giudice la possibilità di valutare nel caso concreto la prevalenza della diminuente rispetto all’aggravante contestata potrebbe comportare un aumento sproporzionato di pena anche nel caso di percentuale minima di colpa dell’imputato; ad esempio – osserva il giudice rimettente – in un caso in cui fosse accertato nei confronti del soggetto che si sia posto alla guida in stato di ebbrezza alcoolica una colpa dell’evento mortale pari a una percentuale dell’1 per cento e del 99 per cento in capo al soggetto rimasto ucciso la pena minima sarà pur sempre di quattro anni, non potendo in alcun modo essere valutata la circostanza che la colpa sia minima e quindi come prevalente sulla circostanza della guida in stato di ebbrezza. In sostanza la pena subisce un aumento esorbitante e inevitabile solo per effetto dello stato di ebbrezza e non in relazione all’effettivo contributo causale della condotta del colpevole. Il legislatore attribuirebbe eccessiva considerazione all’integrazione dell’aggravante dello stato di ebbrezza, senza tener conto che l’ipotesi di guida in stato di ebbrezza è punita a titolo contravvenzionale dall’art. 186 cod. strada.

    In sintesi, il divieto di bilanciamento delle circostanze del reato, previsto dalla disposizione censurata (art. 590-quater cod. pen.), ha l’effetto che la fattispecie dell’omicidio stradale aggravato dalla guida in stato di ebbrezza (art. 589-bis, secondo comma, cod. pen.) risulta punita in misura sproporzionata rispetto alla fattispecie di omicidio stradale non aggravato così compromettendo anche la finalità rieducativa della pena.

    1.2.– Nel presente giudizio di costituzionalità si è costituito l’imputato F.M. e, condividendo le argomentazioni dell’ordinanza di rimessione in punto di irragionevolezza della cornice edittale del contestato reato, ha concluso per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della disposizione censurata.

    1.3.– Con atto depositato il 7 novembre 2017 è intervenuto nel presente giudizio di legittimità costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo di dichiarare le questioni non fondate, vertendosi in un...

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