Sentenza nº 36 da Constitutional Court (Italy), 06 Marzo 2019

RelatoreDaria de Pretis
Data di Resoluzione06 Marzo 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 36

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190), promosso dal Tribunale ordinario di Lecce, nel procedimento vertente tra F. F. e altra e il Ministero dell’interno e altri, con ordinanza del 31 marzo 2017, iscritta al n. 163 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti l’atto di costituzione di F. F., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 22 gennaio 2019 il Giudice relatore Daria de Pretis;

uditi l’avvocato Carlo Malinconico per F. F. e gli avvocati dello Stato Gabriella Palmieri e Agnese Soldani per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Il Tribunale ordinario di Lecce ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190), in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 2, 3, 48 e 51, primo comma, della Costituzione.

    La questione è sorta nel corso di un giudizio promosso da F. F. ed avente ad oggetto il decreto del 2 agosto 2016 con cui il Prefetto di Lecce ha accertato la sussistenza in capo al ricorrente di una causa di sospensione di diritto dalla carica di consigliere del Comune di Gallipoli, ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 235 del 2012, secondo il quale «[s]ono sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma 1 dell’articolo 10 […] coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all’articolo 10, comma 1, lettere a), b) e c)».

    Il rimettente riferisce che la sospensione si fonda sulla sentenza di condanna non definitiva pronunciata dal Tribunale ordinario di Lecce ai danni di F. F. il 21 gennaio 2016, prima della sua candidatura alla carica di sindaco di Gallipoli e della sua elezione alla carica di consigliere comunale (avvenute rispettivamente nel maggio e nel giugno del 2016), per i delitti (commessi nel 2008) di cui agli artt. 319, 323 e 326 del codice penale, compresi tra quelli indicati all’art. 10, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 235 del 2012.

    La norma è censurata nella parte in cui non prevede che la sospensione dalla carica consegua solo alle sentenze non definitive di condanna pronunciate «dopo l’elezione o la nomina», come è previsto invece alla lettera b) del medesimo art. 11, comma 1, che assoggetta alla stessa misura «coloro che, con sentenza di primo grado, confermata in appello per la stessa imputazione, hanno riportato, dopo l’elezione o la nomina, una condanna ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non colposo».

    Il rimettente non ritiene possibile l’interpretazione conforme a Costituzione (secondo la quale la norma si applicherebbe solo in caso di condanne successive all’elezione), perché la diversa interpretazione, secondo cui la sospensione si applica anche in caso di condanna precedente l’elezione, sarebbe consolidata e formerebbe «diritto vivente» (sono citate la sentenza della Corte di cassazione, sezione prima civile, 30 luglio 2012, n. 13653, e le sentenze della Corte costituzionale n. 276 del 2016 – che esprimerebbe tale orientamento «indirettamente» – e n. 141 del 1996).

    1.1.– Quanto alla rilevanza, il rimettente afferma che l’applicazione dell’art. 11, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 235 del 2012 è necessaria per definire il giudizio principale, il cui esito in senso favorevole o sfavorevole al ricorrente dipenderebbe, pertanto, dalla risoluzione della questione sollevata.

    1.2.– Il giudice a quo ricostruisce poi l’evoluzione normativa della materia, dalla quale emergerebbe che anche l’art. 59 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) collegava la sospensione solo alle condanne non definitive successive all’elezione.

    1.3.– Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente svolge diversi argomenti.

    In primo luogo, sostiene che l’«intrinseca finalità» della sospensione, quale risulta anche dalla sua applicazione originaria, sarebbe quella di «disciplinare […] le situazioni che sopravvengono dopo l’elezione o la nomina», mentre il diritto vivente determinerebbe una «discrasia del quadro normativo», dovuta al «fatto che la medesima situazione (sentenza non definitiva di condanna prima dell’elezione), del tutto priva di influenza all’inizio e nel corso del processo elettorale fino all’elezione, assuma poi rilevanza tale da incidere direttamente sui risultati di quest’ultima, pur svoltasi in condizioni di piena regolarità e, soprattutto, senza che nel frattempo sia intervenuto alcun mutamento delle circostanze». Disattendendo l’«implicito presupposto» della sospensione (cioè, che il requisito soggettivo venga meno dopo l’elezione), la norma censurata non avrebbe operato un ragionevole bilanciamento degli interessi costituzionali in gioco, in quanto è nel caso di condanna successiva all’elezione che si porrebbe «concretamente e, comunque, in maggiore e più rilevante misura, il problema della “credibilità” dell’amministrazione, che “incrinerebbe il rapporto di fiducia dei cittadini verso l’istituzione”, se si consentisse la permanenza nella carica del soggetto attinto da una sentenza di condanna, pur non definitiva, successiva alla sua elezione». In questo caso, la sospensione sarebbe «misura proporzionata e ragionevole al fine di impedire, non l’accesso all’esercizio della carica, bensì la permanenza nell’esercizio della stessa». In questo senso, dunque, le due situazioni (condanna precedente o successiva all’elezione) sarebbero diverse nella prospettiva della volontà del cittadino elettore.

    In secondo luogo, sarebbe irragionevole il diverso trattamento riservato alla fattispecie in esame rispetto a quella disciplinata alla lettera b) dello stesso art. 11, comma 1, del d.lgs. n. 235 del 2012. Ad avviso del rimettente, la minore gravità dei reati considerati alla lettera b) giustifica la scelta legislativa di pretendere, in questa ipotesi, un maggiore grado di stabilità della condanna non definitiva (che dev’essere stata confermata in appello) ai fini della sospensione, ma non vi sarebbe alcuna «correlazione automatica, e tantomeno logica, tra grado e momento della pronunzia», per cui sarebbe «irragionevole che il legislatore abbia inteso prevedere anche un differente ambito applicativo a livello temporale, tra le ipotesi di cui alla lett. a) e quelle di cui alla lett. b)».

    In terzo luogo, secondo il rimettente, «l’applicabilità della misura della sospensione a sentenze non definitive di condanna intervenute prima dell’elezione» falserebbe «la libera concorrenza elettorale dal lato passivo» e finirebbe «col pregiudicare la libera scelta del cittadino elettore dal lato attivo». In sostanza, la norma censurata inciderebbe «pesantemente sui meccanismi di partecipazione al voto», ledendo il diritto di elettorato attivo e quello di elettorato passivo (artt. 48 e 51 Cost.), con conseguente violazione degli artt. 1, 2 e 3 Cost.

    1.4.– Infine, il rimettente rileva che, «per mitigare l’irragionevolezza» della disposizione censurata, potrebbe essere sufficiente «delimitarne l’applicazione al solo periodo precedente l’elezione, quello cioè […] compreso tra la candidatura e l’elezione», rimanendo l’illegittimità circoscritta, in tale ipotesi, alla parte in cui la norma non prevede l’inciso «dopo la candidatura».

  2. – Con atto depositato in cancelleria il 3 novembre 2017 si è costituito in giudizio F. F., ricorrente nel processo principale, chiedendo l’accoglimento delle questioni sollevate dal giudice a quo.

    2.1.– Con una memoria depositata in cancelleria il 12 dicembre 2017, F. F., da un lato, ha svolto argomenti adesivi in riferimento ai parametri evocati nell’ordinanza di rimessione, dall’altro ha avanzato ulteriori censure di illegittimità della norma censurata.

    Sotto il primo profilo, F. F. osserva, tra l’altro, che, mentre con la sentenza n. 141 del 1996 la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la previsione della incandidabilità in caso di condanna non ancora passata in giudicato, la norma censurata avrebbe introdotto «una...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA
2 temas prácticos
  • SENTENZA Nº 201900616 di TAR Marche, 02-10-2019
    • Italia
    • Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche (Italia)
    • 2 Octubre 2019
    ...del TAR Milano (decreto n. 1004/2019 e ordinanza n. 1126/2019), nonché le sentenze della Corte Costituzionale n. 236 del 2015 e n. 36 del 2019. 3. Si sono costituiti in giudizio il Comune di -OMISSIS-, il dott. C. e gli altri consiglieri di maggioranza eletti, eccependo preliminarmente l’in......
  • SENTENZA Nº 202004340 di Consiglio di Stato, 18-06-2020
    • Italia
    • Council of State (Italy)
    • 18 Junio 2020
    ...applicazione senza soluzione di continuità, ed in tal senso andrebbero intese le pronunce della Corte Costituzionale n. 276 del 2016, n. 36 del 2019, che, peraltro, sovente farebbero anche esplicito riferimento ad una sospensione che consegue “in via - nel caso di specie, la sospensione del......
2 sentencias
  • SENTENZA Nº 201900616 di TAR Marche, 02-10-2019
    • Italia
    • Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche (Italia)
    • 2 Octubre 2019
    ...del TAR Milano (decreto n. 1004/2019 e ordinanza n. 1126/2019), nonché le sentenze della Corte Costituzionale n. 236 del 2015 e n. 36 del 2019. 3. Si sono costituiti in giudizio il Comune di -OMISSIS-, il dott. C. e gli altri consiglieri di maggioranza eletti, eccependo preliminarmente l’in......
  • SENTENZA Nº 202004340 di Consiglio di Stato, 18-06-2020
    • Italia
    • Council of State (Italy)
    • 18 Junio 2020
    ...applicazione senza soluzione di continuità, ed in tal senso andrebbero intese le pronunce della Corte Costituzionale n. 276 del 2016, n. 36 del 2019, che, peraltro, sovente farebbero anche esplicito riferimento ad una sospensione che consegue “in via - nel caso di specie, la sospensione del......

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT