Sentenza nº 33 da Constitutional Court (Italy), 04 Marzo 2019

RelatoreLuca Antonini
Data di Resoluzione04 Marzo 2019
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 33

ANNO 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Giorgio LATTANZI;

Giudici: Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi 26, 27, 28, 28-bis, 29, 30 e 31, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122, anche come modificato dall’art. 19, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 135, e dell’art. 1, commi 110 e 111, della legge della Regione Campania 7 agosto 2014, n. 16, recante «Interventi di rilancio e sviluppo dell’economia regionale nonché di carattere ordinamentale e organizzativo (collegato alla legge di stabilità regionale 2014)», promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima ter, nel procedimento vertente tra il Comune di Liveri e altri e il Ministero dell’interno e altri, con ordinanza del 20 gennaio 2017, iscritta al n. 65 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti l’atto di costituzione del Comune di Liveri e altri, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica dell’8 gennaio 2019 il Giudice relatore Luca Antonini;

uditi l’avvocato Aldo Sandulli per il Comune di Liveri e l’avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 20 gennaio 2017 (r.o. n. 65 del 2017), il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima ter, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, commi da 26 a 31, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, anche come modificato dall’art. 19, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, e dell’art. 1, commi 110 e 111, della legge della Regione Campania 7 agosto 2014, n. 16, recante «Interventi di rilancio e sviluppo dell’economia regionale nonché di carattere ordinamentale e organizzativo (collegato alla legge di stabilità regionale 2014)».

    Ad avviso del giudice rimettente, la normativa statale si porrebbe in contrasto, nel complesso, con gli artt. 3, 5, 77, secondo comma, 95, 97, 114, 117, primo comma – in relazione all’art. 3 della Carta europea dell’autonomia locale, firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985, ratificata e resa esecutiva con legge 30 dicembre 1989, n. 439 – e sesto comma, 118, 119 e 133, secondo comma della Costituzione.

    La normativa regionale contrasterebbe con gli artt. 3, 5, 95, 97, 114, 117, primo comma – in relazione all’art. 3 della Carta europea dell’autonomia locale – e sesto comma, e 118 Cost., per aver pretermesso il necessario coinvolgimento degli enti locali nella individuazione degli ambiti ottimali per l’esercizio associato delle funzioni fondamentali.

    La normativa statale, in sintesi, stabilisce le funzioni fondamentali dei Comuni e prevede l’obbligo per i più piccoli di tali enti (quelli con popolazione fino a 5.000 abitanti o a 3.000, se montani) di esercitare le predette funzioni in forma associata; la normativa regionale, in attuazione di una delle impugnate disposizioni statali, individua la dimensione territoriale ottimale e omogenea funzionale all’esercizio associato, nonché le scadenze temporali per l’avvio di tale modalità di gestione.

  2. – Il TAR rimettente è chiamato a decidere un ricorso introdotto congiuntamente da cinque Comuni campani e dalla Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali – ASMEL, associazione esponenziale degli enti locali: questi hanno impugnato la circolare del Ministero dell’interno del 12 gennaio 2015 n. 323, con la quale ai prefetti sono state impartite indicazioni operative per procedere alla ricognizione dello stato di attuazione della normativa e per diffidare i Comuni inadempienti; i ricorrenti hanno altresì chiesto di accertare di non essere obbligati a quanto previsto dalle disposizioni di legge censurate. A sostegno del ricorso, i Comuni e l’associazione hanno dedotto che il provvedimento ministeriale sarebbe affetto da illegittimità derivata a causa della illegittimità costituzionale della disciplina legislativa sulla cui base è stato adottato.

    2.1.– In punto di rilevanza, l’ordinanza ritiene la decisione del ricorso strettamente dipendente dall’esito del giudizio di costituzionalità e ravvisa nel giudizio principale un petitum separato e distinto dalla questione di legittimità costituzionale.

    L’ordinanza riconosce anche l’attualità dell’interesse a ricorrere, che permane «nonostante le intervenute proroghe del termine fissato dalla legge per l’attuazione dell’obbligo legale gravante sugli enti locali ricorrenti». Per un verso, il differimento del termine non inciderebbe sull’attualità della lesione, rimanendo comunque certo il momento in cui la stessa si realizzerà; per altro verso, la circolare impugnata imporrebbe precise attività prodromiche all’attuazione dell’obbligo legislativamente imposto, costituenti obblighi attuali sia al momento della proposizione del ricorso che dell’ordinanza di rimessione.

    2.2.– In punto di non manifesta infondatezza, l’ordinanza ripercorre gli interventi normativi che hanno interessato la materia in esame e illustra partitamente le censure.

    In particolare, il giudice rimettente sostiene la «carenza dei presupposti di necessità e di urgenza per l’adozione del decreto-legge», richiesti dall’art. 77, secondo comma, Cost.: richiamando la sentenza n. 220 del 2013, evidenzia che le norme di cui all’art. 14, commi da 26 a 31, del d.l. n. 78 del 2010 introdurrebbero una riforma ordinamentale giungendo a «delineare in via definitiva l’elenco delle funzioni fondamentali dei Comuni», ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. p), Cost. e a «incidere sull’assetto organizzativo dei Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti prevedendo, in via definitiva, l’obbligo di esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali stesse». Pertanto, in parte qua, il d.l. n. 78 del 2010 non trarrebbe la propria legittimazione dalla necessità di disciplinare casi straordinari, bensì detterebbe «un’ordinaria disciplina ordinamentale degli enti locali, senza peraltro contenere misure di immediata applicazione»; tale profilo risulterebbe anche dalla previsione, contenuta nel comma 31-ter dell’art. 14 del d.l. n. 78 del 2010, di una «attuazione dilazionata nel tempo», confermata dalle ulteriori proroghe disposte. Infine, l’ordinanza ritiene che le medesime disposizioni non sarebbero «adeguatamente giustificate nemmeno sotto il profilo dei risparmi di spesa che si sarebbero potuti ottenere in virtù dell’intervento riformatore, risparmi che, nella specie, non risultano essere stati mai quantificati» (sono richiamati al riguardo dei passaggi della relazione tecnica presentata dal Governo alle Camere, riferiti rispettivamente al testo originario dell’art. 14 del d.l. n. 78 del 2010 e al testo novellato dall’art. 19 del d.l. n. 95 del 2012, come convertito).

    2.3.– Un distinto gruppo di questioni di legittimità costituzionale delle norme di cui all’art. 14, commi da 26 a 31, del d.l. n. 78 del 2010, come convertito, è sollevato per contrasto con gli artt. 3, 5, 95 e 97, 117, sesto comma, 114, 118 Cost., con riferimento ai principi di buon andamento, differenziazione e tutela delle autonomie locali; nonché per contrasto con l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 3 della Carta europea dell’autonomia locale.

    Gli argomenti a sostegno delle censure si incentrano sulla obbligatorietà e sulla rigidità del nuovo assetto dell’esercizio associato delle funzioni comunali, a fronte della diversa caratterizzazione che i relativi istituti avevano prima della introduzione della disciplina in questione, quando era prevista «la volontarietà nell’an e la flessibilità nel quomodo della scelta delle forme associative alle quali aderire».

    Da ciò conseguirebbero, secondo il giudice rimettente, «delle rilevanti conseguenze sul normale funzionamento del circuito democratico», in quanto gli organi gestionali non sarebbero più sottoposti all’indirizzo politico di quelli rappresentativi, con conseguente accentramento delle funzioni di indirizzo e vulnus del principio di responsabilità politica degli organi democraticamente eletti, espresso dagli artt. 95 e 97 Cost., nonché dell’autonomia degli enti locali coinvolti (viene richiamata la sentenza n. 52 del 1969). Inoltre, la disciplina introdotta non assicurerebbe il rispetto dell’art. 3 della Carta europea dell’autonomia locale; ai sensi di tale disposizione «[p]er autonomia locale, s’intende il diritto e la capacità effettiva, per le collettività locali, di regolamentare ed amministrare nell’ambito della legge, sotto la loro responsabilità, e a favore delle popolazioni, una parte importante di affari pubblici», precisando che «[t]ale diritto è esercitato da consigli e assemblee costituiti da membri eletti a suffragio libero, segreto, paritario, diretto ed universale, in grado di...

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