N. 26 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 dicembre 2009

LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di responsabilita' promosso dal Procuratore Regionale nei confronti di Annamaria Cavalli e Liliana Manzillo Visto l'atto introduttivo del giudizio iscritto al n. 58610 del registro di segreteria.

Visti gli altri atti e documenti di causa.

Udito nella pubblica udienza del 13 ottobre 2009, il Consigliere Relatore prof. Michael Sciascia.

Uditi altresi' nella medesima udienza l'avv. Alessandro Biamonte per la convenuta Annamaria Cavalli e l'avv. Attilio Davide per la convenuta Liliana Manzillo, nonche' il sostituto procuratore generale dott. Aurelio Laino .

Ritenuto in fatto Con citazione depositata in data 29 settembre 2008 a firma del vice procuratore generale dott. Filippo Esposito, il procuratore regionale presso questa sezione giurisdizionale ha chiamato a giudizio Annamaria Cavalli e Liliana Manzillo, dipendenti del Ministero delle Finanze (ora dell'Economia e delle Finanze), per il risarcimento di danni subiti dallo Stato.

Infatti, nella prospettazione di parte attrice, le due convenute, dipendenti di tale dicastero ed assegnate al 2° Ufficio II. DD. di Napoli, avrebbero con ruoli diversi collaborato nella procedura di esame delle domande di rimborso di quote inesigibili presentate dalla Finert S.p.a., quale gestore delle ex esattorie dei comuni di Marano e Villaricca (Napoli), con ammissione di esse a rimborso, nonostante falsificazioni documentali. Le due convenute sono state sottoposte a procedimento penale, unitamente ad altri concorrenti nel disegno criminoso, per reati di falsita' materiale ed ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici (articoli 476 e 479 c.p.), di truffa (art. 640 c.p.) e di corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio (art. 319 c.p.).

A conclusione di una lunga vicenda giudiziaria la Cavalli e' stata condannata con giudicato per il reato di falso ideologico con contestuale assoluzione per prescrizione relativamente ai restanti capi d'imputazione, mentre la Manzillo e' stata assolta con formula piena da tutti i capi d'imputazione. Nella pubblica udienza del 13 ottobre 2009 sono intervenuti nel dibattimento ove hanno formulato le seguenti conclusioni: l'avv. Alessandro Biamonte, per la convenuta Annamaria Cavalli, nel chiedere l'assoluzione della sua assistita, ha in via subordinata segnalato l'opportunita' di integrare il contraddittorio con esponenti dell'Intendenza di Finanza e della Ragioneria Provinciale dello Stato di Napoli;

l'avv. Attilio Davide ha insistito per l'assoluzione della convenuta Liliana Manzillo, in ragione della piena assoluzione in sede penale;

il sostituto procuratore generale dott. Aurelio Laino, per il danno patrimoniale, ha confermato la richiesta di condanna di ambedue le convenute tenendosi conto del maggior apporto causale della Cavalli, mentre per il danno all'immagine ha osservato che nessun interessato ha eccepito la nullita' ed ha chiesto la condanna della sola convenuta Cavalli con assoluzione della convenuta Manzillo, sollevando sul punto in via preliminare eccezione di legittimita' costituzionale della disposizione di cui all'art. 30-ter, periodi 2 e 3, legge n. 102/2009 di conversione d.l. n. 78/2009, modif. da art. 1 comma 1 lettera c del d.l. n. 103/2009 convertito nella legge n.

141/2009 con precise argomentazioni specificate in una nota contestualmente depositata. In essa si profila il contrasto della citata normativa con gli articoli 3, 24, 25, 97 e 103, sottolineando che 'data la condanna definitiva della Cavalli per i reati p. e p.

dagli articoli 478 e 479, a seguito di dibattimento penale e ben tre gradi di giudizio, non si comprende davvero in che modo una cosi' conclamata trasgressione ai propri doveri d'ufficio - consistiti nell'aver omesso dolosamente e per denaro di esercitare gli obbligatori controlli formali di legge per agevolare l'ex esattore delle imposte nel rimborso indebito di quote inesigibili, con cio' concretando un falso documentale - non dia luogo alla lesione del prestigio dell'amministrazione finanziaria, mentre la darebbe, secondo la visione del legislatore, un episodio di peculato (art.314 c.p.), ovvero di rivelazione di segreti d'ufficio p. e p. dall'art.

325 c.p. (sic!), piuttosto che di omissione d'atto d'ufficio (323 c.p.), ovvero di corruzione impropria susseguente (ex art. 318 c.p.).

In sede di replica i difensori delle due convenute hanno giudicato tale eccezione irrilevante, in quanto il danno all'immagine sarebbe prescritto, chiedendo comunque la sospensione dell'intero processo in attesa di pronuncia della Consulta, mentre il procuratore regionale ha osservato che sussistono atti interruttivi della prescrizione e che la contestata norma sospende la prescrizione durante io svolgimento del processo penale.

Considerato in diritto 1. Il Collegio preliminarmente giudica non manifestamente infondata e...

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