N. 28 SENTENZA 25 - 28 gennaio 2010

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Francesco AMIRANTE;

Giudici: Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI;

ha pronunciato la seguente

Sentenza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 183, comma 1, lettera n), quarto periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.

152 (Norme in materia di ambiente) - nel testo antecedente alle modifiche introdotte con l'art. 2, comma 20, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale) - promossi dal Tribunale ordinario di Venezia, sezione distaccata di Dolo, con ordinanze del 29 settembre e del 13 ottobre 2008, iscritte, rispettivamente, ai nn. 2 e 140 del registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 4 e 20, prima serie speciale, dell'anno 2009.

Visti l'atto di costituzione di P. S., nonche' gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 12 gennaio 2010 e nella camera di consiglio del 13 gennaio 2010 il giudice relatore Gaetano Silvestri;

Uditi l'avvocato Giampaolo Maria Cogo per P.S. e l'avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 29 settembre 2008 il Tribunale ordinario di Venezia, sezione distaccata di Dolo, ha sollevato, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 183, comma 1, lettera n), quarto periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia di ambiente) - nel testo antecedente alle modifiche introdotte con l'art. 2, comma 20, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale) nella parte in cui prevede che le ceneri di pirite rientrano tra i sottoprodotti non soggetti alle disposizioni contenute nella parte quarta del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006.

Dall'ordinanza indicata risulta che lo stesso rimettente, nell'ambito del medesimo giudizio a quo, aveva sollevato una questione identica a quella odierna, definita dalla Corte costituzionale con un provvedimento di restituzione degli atti in forza di variazioni normative sopravvenute (ordinanza n. 83 del 2008). L'odierno atto di promovimento riproduce, in gran parte, il testo di quello precedente.

1.1. - Il Tribunale riferisce di essere chiamato a giudicare due imputati nei cui confronti e' stato emesso decreto di citazione a giudizio per la violazione, tra l'altro, degli artt. 51, commi 1 e 5, e 51-bis del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), trasfusi rispettivamente nell'art. 256, commi 1 e 5, e nell'art. 257 del d.lgs. n. 152 del 2006.

Il procedimento penale e' stato instaurato in relazione al sequestro preventivo, in data 22 marzo 2002, di un deposito di ceneri di pirite (in quantita' pari a circa un milione di tonnellate), sito in localita' Gambarare del Comune di Mira. Secondo l'accusa, nell'area in sequestro, di estensione pari a circa 80.000 metri quadrati, la societa' Veneta Mineraria S.p.A. (di cui uno dei due imputati risultava all'epoca legale rappresentante) e la ditta individuale appaltatrice dei lavori di movimentazione e carico delle ceneri (il cui titolare e' l'altro imputato) avrebbero effettuato attivita' di gestione di rifiuti pericolosi in assenza di autorizzazione, ovvero sulla base di un'autorizzazione scaduta, in violazione dell'art. 57 del d.lgs. n. 22 del 1997, in particolare 'espletando, su tale discarica non piu' attiva, realizzata negli anni '70, la messa in riserva di tali rifiuti in vista del loro avvio a recupero presso cementifici'. Inoltre, la gestione e messa in riserva delle ceneri di pirite sarebbe stata effettuata in carenza di misure precauzionali atte a tutelare l'integrita' dell'ambiente; in particolare, l'area sarebbe stata sottoposta ad attivita' di escavazione, con conseguente esposizione delle ceneri di pirite agli agenti atmosferici e al dilavamento, 'senza che fossero stati adottati presidi idonei ad intercettare le acque di percolazione, dal che sarebbe derivata una grave compromissione dei terreni confinanti [...] delle falde acquifere sotterranee e dell'area lagunare circostante'.

Il rimettente precisa che, sempre in tesi accusatoria, gli imputati, autorizzati dalla Provincia di Venezia a 'miscelare le ceneri di pirite del deposito con altro materiale sempre a base di ceneri di pirite', avrebbero eseguito dette operazioni con modalita' tali da determinare pericolo per la salute e per l'integrita' dell'ambiente - in particolare provocando una 'prolungata esposizione delle ceneri al dilavamento delle acque meteoriche' - in violazione del disposto degli artt. 2, comma 2, e 9, comma 2, del d.lgs. n. 22 del 1997.

E' contestato agli imputati, inoltre, di non aver proceduto alla bonifica dei terreni circostanti la discarica dopo aver cagionato, o comunque incrementato, l'inquinamento delle predette aree.

Il Tribunale di Venezia precisa infine che nel processo, ormai giunto alla fase decisoria (e' stato dichiarato chiuso il dibattimento), si sono costituiti parti civili la Provincia di Venezia, il Comune di Mira ed i proprietari di uno dei fondi confinanti con il deposito in oggetto.

Tanto premesso in fatto, il giudice a quo procede ad esporre le ragioni a sostegno del sollevato dubbio di costituzionalita', a partire dalla ricostruzione del quadro normativo di riferimento, ponendo in evidenza, in primo luogo, che il d.lgs. n. 152 del 2006, entrato in vigore il 29 aprile 2006, ha inteso tra l'altro riordinare, nella parte quarta, la materia della gestione dei rifiuti e della bonifica dei siti contaminati, con espressa abrogazione delle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 22 del 1997 (cosi' l'art. 264 dello stesso d.lgs. n. 152 del 2006).

I fatti di reato contestati nel giudizio principale sono dunque disciplinati dal nuovo decreto legislativo: in particolare, il testo dell'art. 256, commi 1 e 5, corrisponde a quello del previgente art.

51 del d.lgs. n. 22 del 1997, pur con una lieve modifica nella previsione delle pene pecuniarie; diversamente, la fattispecie in precedenza sanzionata dall'art. 51-bis del citato d.lgs. n. 22 del 1997, oggi prevista dall'art. 257 del d.lgs. n. 152 del 2006, ha subito una modifica significativa, con l'introduzione, in qualita' di elemento costitutivo del reato, del superamento delle concentrazioni soglia di rischio.

Successivamente, prosegue il rimettente, in data 15 maggio 2006 e' entrata in vigore la direttiva comunitaria 5 aprile 2006, n.

2006/12/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio), che sostituisce ed abroga la precedente direttiva 15 luglio 1975, n.

75/442/CEE (Direttiva del Consiglio relativa ai rifiuti) e le successive modifiche. La nuova disciplina comunitaria, che costituisce l'attuale punto di riferimento normativo in ambito europeo per il trattamento dei rifiuti, riproduce, lasciando sostanzialmente invariati i precetti, le definizioni e le nozioni del precedente assetto normativo.

In particolare, l'art. 1, comma 1, della direttiva 2006/12/CE definisce rifiuto 'qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell'allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione di disfarsi o l'obbligo di disfarsi'. Definizione analoga e' contenuta nella norma interna, l'art. 183, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006, che qualifica come rifiuto 'qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi'.

Quest'ultima norma, nella versione antecedente alle modifiche apportate con il d.lgs. n. 4 del 2008, comprendeva anche le definizioni di sottoprodotto e di materia prima secondaria, le quali, come e' noto, non sono contemplate dalle direttive comunitarie. Per quanto di interesse nel procedimento in esame, il rimettente esamina la previsione contenuta nel testo originario della lettera n) del comma 1 dell'art. 183, che definiva sottoprodotto 'i prodotti dell'attivita' dell'impresa che, pur non costituendo l'oggetto dell'attivita' principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale dell'impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego o al consumo'. La disposizione proseguiva prevedendo che i sottoprodotti sono sottratti alla normativa sui rifiuti a condizione che si tratti di 'sottoprodotti di cui l'impresa non si disfi, non sia obbligata a disfarsi e non abbia deciso di disfarsi ed in particolare' di 'sottoprodotti impiegati direttamente dall'impresa che li produce o commercializzati a condizioni economicamente favorevoli per l'impresa stessa direttamente per il consumo o per l'impiego, senza la necessita' di operare trasformazioni preliminari in un successivo processo produttivo'.

Inoltre era stabilito che 'l'utilizzazione del prodotto deve essere certa e non eventuale [...]. L'utilizzo del sottoprodotto non deve comportare per l'ambiente o la salute condizioni peggiorative rispetto a quelle delle normali attivita' produttive'.

Dopo aver definito in via generale la nozione di sottoprodotto, il legislatore nazionale aveva previsto, nella medesima disposizione, che 'Rientrano altresi' tra i sottoprodotti non soggetti alla parte quarta del presente decreto le ceneri di pirite, polveri di ossido di ferro, provenienti dal processo di arrostimento del minerale noto come pirite o solfuro di ferro per la...

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