Sentenza nº 240 da Constitutional Court (Italy), 21 Dicembre 2018

RelatoreMarta Cartabia
Data di Resoluzione21 Dicembre 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 240

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giorgio LATTANZI Presidente

- Aldo CAROSI Giudice

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

- Giovanni AMOROSO ”

- Francesco VIGANÒ ”

- Luca ANTONINI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 55, comma 2, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52), promosso dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio nel procedimento vertente tra E. B. e la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), con ordinanza del 29 gennaio 2018, iscritta al n. 56 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visti gli atti di costituzione di E. B. e della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella udienza pubblica del 20 novembre 2018 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi gli avvocati Francesco Saverio Marini e Ulisse Corea per E. B., Paolo Palmisano per la Commissione nazionale per le società e la borsa, e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 29 gennaio 2018, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 55, comma 2, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52), in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 4 del Protocollo addizionale n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984, ratificato e reso esecutivo con la legge 9 aprile 1990, n. 98.

    1.2.– Il rimettente ha premesso di essere investito del ricorso presentato da E. B. per l’annullamento della delibera con la quale la CONSOB l’ha sospesa per un anno dall’esercizio dell’attività di consulente finanziario, ai sensi dell’art. 55, comma 2, del t.u. finanza.

    All’epoca dei fatti, tale disposizione prevedeva che «[l]a CONSOB può disporre in via cautelare, per un periodo massimo di un anno, la sospensione dall’esercizio dell’attività qualora il consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede sia sottoposto a una delle misure cautelari personali del libro IV, titolo I, capo II, del codice di procedura penale o assuma la qualità di imputato ai sensi dell’articolo 60 dello stesso codice in relazione ai seguenti reati: a) delitti previsti nel titolo XI del libro V del codice civile e nella legge fallimentare; b) delitti contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’ordine pubblico, contro l’economia pubblica, ovvero delitti in materia tributaria; c) reati previsti dal titolo VIII del T.U. bancario; d) reati previsti dal presente decreto».

    L’ordinanza riferisce che la ricorrente è imputata in un procedimento penale per il reato di cui all’art. 166, comma 1, del t.u. finanza, per avere abusivamente promosso strumenti finanziari per conto e nell’interesse di un gruppo criminale. Nell’ambito di tale procedimento il giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Firenze ha disposto l’interdizione dall’esercizio dell’attività di promozione finanziaria per la durata di un mese, con ordinanza cautelare del 27 marzo 2015.

    Peraltro, in data 9 marzo 2016 e in relazione agli stessi fatti oggetto del procedimento penale, la CONSOB ha altresì adottato un provvedimento sanzionatorio che ha disposto la sospensione della ricorrente dall’attività di promotore finanziario per un periodo di quattro mesi, in applicazione dell’art. 196 del t.u. finanza, recante la disciplina delle sanzioni applicabili ai consulenti finanziari che violano le norme del medesimo t.u. finanza o le disposizioni generali o particolari emanate in forza di esso.

    In seguito alla richiesta di rinvio a giudizio formulata dal GIP del Tribunale di Firenze nell’ambito del procedimento penale sopra richiamato, in data 12 aprile 2017 la CONSOB ha disposto la sospensione cautelare della ricorrente dall’esercizio dell’attività, per un periodo di un anno, in applicazione dei poteri a essa conferiti dal censurato art. 55, comma 2, del t.u. finanza.

    L’ordinanza riferisce che la ricorrente ritiene che il potere di sospensione cautelare, previsto dal citato art. 55, comma 2, del t.u. finanza, debba ritenersi esaurito al momento del suo esercizio, per avere la CONSOB già irrogato la sanzione della sospensione ai sensi dell’art. 196 del t.u. finanza per i medesimi fatti; sicché la successiva ordinanza di sospensione emessa ai sensi dell’art. 55, comma 2, del t.u. finanza sarebbe viziata di illegittimità.

    In subordine, la stessa ricorrente solleva questioni di illegittimità costituzionale della menzionata disposizione (art. 55, comma 2, del t.u. finanza), in quanto la misura cautelare da esso prevista, letta congiuntamente con quella dell’art. 196 del t.u. finanza, sarebbe del tutto illogica e sproporzionata e, quindi, tale da contrastare con i principi di ragionevolezza e di proporzionalità di cui all’art. 3 Cost. Sarebbe altresì violato il divieto di bis in idem stabilito dall’art. 4 del Prot. addiz. CEDU n. 7, come precisato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, nonché «l’identico principio affermato dall’art. 50 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo»: in proposito la ricorrente afferma che, letta alla luce della giurisprudenza europea di Strasburgo, la «sospensione di un anno irrogata con il provvedimento impugnato […] concreterebbe una nuova e ulteriore sanzione afflittiva e quindi “punitiva”, a prescindere dalla sua qualificazione formale».

    1.3.– Il TAR riferisce che, secondo la difesa della CONSOB, le misure di cui al censurato art. 55, comma 2, del t.u. finanza sarebbero prive di carattere sanzionatorio, trattandosi di atti di «amministrazione attiva a contenuto “cautelativo”»; nondimeno lo stesso TAR ritiene non praticabile una interpretazione della disposizione censurata «conforme alla Costituzione e al diritto eurounitario», essendo la medesima impedita dalla lettera e dalla ratio della disposizione come ricostruita dalla giurisprudenza. In particolare il giudice a quo ritiene che il potere cautelare di cui al citato art. 55, comma 2, del t.u. finanza non sia assimilabile a quello sanzionatorio di cui all’art. 196 del t.u. finanza, posto che il primo è finalizzato a evitare che lo strepitus fori derivante dal coinvolgimento del promotore in gravi vicende penali possa compromettere la fiducia degli investitori nella correttezza degli operatori del mercato finanziario (sono citate Corte di cassazione, sezioni unite, ordinanza 12 febbraio 2014, n. 3202 e Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza 10 settembre 2015, n. 4226); il secondo, invece, esprime un potere sanzionatorio riconosciuto alla CONSOB in relazione a violazioni accertate e considerate nella loro obiettiva gravità.

    1.4.– Il rimettente ritiene che le questioni di legittimità costituzionale siano rilevanti, in quanto nel giudizio a quo deve farsi applicazione del menzionato art. 55, comma 2, del t.u. finanza e l’eventuale esito positivo del giudizio di legittimità costituzionale determinerebbe l’annullamento della misura fondata sulla disposizione censurata.

    1.5.– Le questioni sono inoltre ritenute non manifestamente infondate in riferimento all’art. 3 Cost., in quanto la norma oggetto di censura determinerebbe, in primo luogo, una «irragionevole disparità di trattamento», essendo parificate le situazioni di coloro che subiscono solo la sospensione di cui all’art. 55, comma 2, del t.u. finanza e quella di coloro che subiscono anche la sospensione in applicazione dell’art. 196 del t.u. finanza, posto che non si prevede che, nel disporre la misura cautelare ex art. 55, comma 2, si tenga in considerazione l’eventuale sanzione amministrativa già irrogata in applicazione dell’art. 196 del t.u. finanza.

    1.6.– Il TAR rimettente ritiene inoltre che sia violato il divieto di bis in idem di cui all’art. 4 del Prot. addiz. CEDU n. 7 (citato come «analogo» a quello previsto dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007), in ragione del fatto che la sospensione di un anno, irrogata con il provvedimento impugnato nel giudizio principale, «concreta in ultima analisi una nuova e ulteriore sanzione afflittiva e quindi “punitiva”, a prescindere dalla relativa qualificazione formale» alla luce dei criteri stabiliti dalla sentenza della Corte EDU, 8 giugno 1976, Engel e altri contro Paesi Bassi, e richiamati dalla giurisprudenza successiva (viene citata in particolare la sentenza della Corte EDU, 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri contro Italia). Né la violazione del divieto di bis in idem potrebbe escludersi a seguito dei principi indicati nella sentenza della Corte EDU, Grande Camera, 15 novembre 2016, A e B contro Norvegia, dato che mancherebbe anche qualsiasi «connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta» che consentirebbe ai due procedimenti di essere considerati «parti di un’unica reazione sanzionatoria». Da ciò deriverebbe anche la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost. per il tramite della norma interposta di cui all’art. 4 del Prot. addiz. CEDU n. 7.

    1.7.– In conclusione, il giudice rimettente chiede, in principalità, la...

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