Sentenza nº 232 da Constitutional Court (Italy), 07 Dicembre 2018

RelatoreSilvana Sciarra
Data di Resoluzione07 Dicembre 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 232

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giorgio LATTANZI Presidente

- Aldo CAROSI Giudice

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

- Giovanni AMOROSO ”

- Francesco VIGANÒ ”

- Luca ANTONINI ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione terza, nel procedimento tra D. M. e il Ministero della giustizia, con ordinanza del 12 febbraio 2018, iscritta al n. 48 del registro ordinanze 2018 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2018.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 novembre 2018 il Giudice relatore Silvana Sciarra.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ordinanza del 12 febbraio 2018, iscritta al n. 48 del registro ordinanze 2018, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione terza, ha sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 29, 32 e 35 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53), «nella parte in cui richiede, ai fini dell’ottenimento del congedo, la preesistente convivenza dei figli con il soggetto da assistere».

    1.1.– Il rimettente espone di dover decidere sul ricorso di un agente penitenziario, che ha chiesto di beneficiare del congedo straordinario retribuito per l’assistenza al padre malato.

    Il Ministero della giustizia, dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, dopo avere riscontrato che il lavoratore e il genitore da assistere non convivono, ha rigettato l’istanza. Il ricorrente ha impugnato tale diniego con ricorso cautelare, accolto dal rimettente con ordinanza 13 luglio 2016, n. 901, poi riformata dal Consiglio di Stato, sezione quarta, con ordinanza 21 ottobre 2016, n. 4750, che ha richiamato a fondamento della decisione la «contestata sussistenza del requisito della convivenza con la persona disabile».

    Il ricorrente ha instaurato il giudizio di merito per ottenere l’annullamento del provvedimento di rigetto e ha dedotto, in primo luogo, violazione di legge, eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, motivazione errata e ingiustizia manifesta. A parere del ricorrente, l’amministrazione non avrebbe esaminato lo stato di famiglia, che dimostra come la residenza anagrafica del ricorrente coincida con quella del genitore e come nessun altro fratello benefici del congedo richiesto.

    L’amministrazione, inoltre, avrebbe violato l’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), poiché non avrebbe preventivamente comunicato il preavviso di rigetto.

    Il giudice a quo evidenzia, preliminarmente, che tale ultimo motivo di ricorso deve essere disatteso, perché l’amministrazione ha fondato il rigetto sulla mancanza di una preesistente convivenza e, a fronte di tale motivazione, il ricorrente non potrebbe addurre elementi idonei a mutare il provvedimento adottato.

    Quanto al primo motivo di ricorso, il rimettente reputa non fondati i rilievi del ricorrente, che conducono a identificare la convivenza nella mera residenza anagrafica. L’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 subordina al requisito della pregressa convivenza la concessione del congedo straordinario retribuito, che non può essere esteso oltre le ipotesi tassativamente previste dalla legge. È su tale requisito che si incentrano i dubbi di legittimità costituzionale.

    1.2.– In punto di rilevanza, il giudice a quo argomenta che la domanda dovrebbe essere respinta, poiché difetta il requisito della pregressa convivenza e la disposizione censurata non si presta a una diversa interpretazione, che superi il dato testuale e consenta di identificare convivenza e residenza anagrafica, in linea con il punto di vista del ricorrente.

    1.3.– Ad avviso del rimettente, l’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001, «nella parte in cui richiede, ai fini dell’ottenimento del congedo ivi previsto, la preesistente convivenza del figlio richiedente il beneficio con il genitore da assistere, e non consente invece che la convivenza costituisca una condizione richiesta durante la fruizione del congedo», contrasterebbe con molteplici parametri della Carta fondamentale.

    Il rimettente, dopo avere passato in rassegna la giurisprudenza costituzionale, che ha individuato la ratio del congedo straordinario nell’esigenza di garantire la continuità delle cure e dell’assistenza al disabile nell’àmbito familiare (si menzionano le sentenze n. 233 del 2005, n. 158 del 2007, n. 19 del 2009 e n. 203 del 2013), osserva che la scelta di concedere il congedo straordinario al figlio, solo quando sia già convivente con il genitore da assistere, si pone in contrasto con gli artt. 2, 3, 4, 29, 32 e 35 Cost.

    In particolare, tale limitazione sarebbe lesiva del «combinato disposto di cui agli artt. 2, 29 e 32 Cost.», che presuppone «una legittimazione della famiglia nel suo insieme – come insieme di rapporti affettivi – a divenire strumento di assistenza del disabile», in virtù del dovere di solidarietà che grava su ogni componente della comunità familiare e del «corrispondente diritto del singolo di provvedere all’assistenza materiale e morale degli altri membri, ed in particolare di quelli più deboli e non autosufficienti, secondo le proprie infungibili capacità».

    L’attribuzione del congedo straordinario ai soli familiari già conviventi rispecchierebbe «una visione statica e presuntiva dell’organizzazione familiare, che può rivelarsi incompatibile con la necessità di prendersi cura, dall’oggi al domani, di una persona divenuta gravemente disabile, nonché non coerente con il moderno dispiegarsi dell’esistenza umana». Le necessità che conducono i figli ad allontanarsi dal nucleo familiare di origine non possono «costituire ostacolo alla concreta attuazione dell’inderogabile principio solidaristico di cui all’art. 2 Cost.», giacché è proprio l’assenza di convivenza a imporre al figlio «di richiedere il congedo straordinario, non avendo altro modo di prestare assistenza continuativa al genitore disabile che si trovi nella situazione di non avere nessun altro famigliare in grado di fornire adeguato sostegno».

    Il rimettente soggiunge che il principio di solidarietà ben potrebbe essere attuato imponendo l’obbligo di convivenza durante la fruizione del congedo.

    L’assetto restrittivo delineato dal legislatore si porrebbe in conflitto anche con l’art. 3 Cost., poiché determinerebbe «un’evidente disparità di trattamento […] tra coloro che liberamente possono scegliere il luogo in cui risiedere (e dunque convivere con il genitore) e quanti, invece, per ragioni indipendenti dalla loro volontà, non possono compiere tale scelta, come avviene...

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