Sentenza nº 200 da Constitutional Court (Italy), 15 Novembre 2018

RelatoreGiulio Prosperetti
Data di Resoluzione15 Novembre 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 200

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giorgio LATTANZI Presidente

- Aldo CAROSI Giudice

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

- Giovanni AMOROSO ”

- Francesco VIGANÒ ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 21, terzo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122; dell’art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011, n. 111, come specificato dall’art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell’articolo 16, commi 1, 2, e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), promosso dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Liguria, nel procedimento vertente tra F. S. e il Ministero della difesa, con ordinanza del 13 gennaio 2017, iscritta al n. 71 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visti l’atto di costituzione di F. S., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 20 giugno 2018 il Giudice relatore Giulio Prosperetti, sostituito per la redazione della decisione dal Giudice Giovanni Amoroso;

uditi gli avvocati Umberto Verdacchi e Alba Giordano per F. S. e l’avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

  1. − La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Liguria, con ordinanza del 13 gennaio 2017 ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, per violazione dell’art. 3 della Costituzione, dell’art. 9, comma 21, terzo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122, e dell’art. 16, comma l, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, in legge 15 luglio 2011, n. 111, come integrato dall’art. l, comma l, lettera a), primo periodo, del d.P.R. 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendia1i per i pubblici dipendenti, a norma dell’articolo 16, commi l, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), nella parte in cui «dette norme non hanno previsto, nei confronti dei soggetti che sarebbero cessati dal servizio nell’arco temporale della “cristallizzazione”, la valorizzazione in quiescenza, a decorrere dalla data di cessazione del blocco, degli emolumenti pensionabili derivanti dalle progressioni di carriera conseguite durante il blocco stesso».

    Espone il giudice rimettente che S. F., ufficiale della Marina militare, è cessato dal servizio per limiti di età a decorrere dall’8 febbraio 2014, essendo stato collocato in ausiliaria dalla stessa data, ai sensi degli artt. 886, comma 1, e 992, comma l, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare). Lo stesso ha convenuto in giudizio il Ministero della difesa avverso il rifiuto opposto all’istanza di rideterminazione della pensione e ha chiesto l’annullamento del provvedimento di determinazione della pensione provvisoria nella parte in cui assume, nella base pensionabile, lo stipendio e gli altri assegni pensionabili propri del grado di ammiraglio ispettore, anziché quelli propri del grado di ammiraglio ispettore capo, grado attribuitogli a seguito della promozione conseguita il 30 agosto 2012. Il ricorrente ha lamentato di non aver avuto il trattamento economico del grado di ammiraglio ispettore capo, conseguito durante il periodo di blocco, disposto dalle predette norme, degli incrementi retributivi derivanti dalle progressioni di carriera, e di aver avuto la pensione determinata in relazione alla base pensionabile correlata al trattamento economico inferiore al grado rivestito alla data di cessazione dal servizio.

    Prosegue il giudice a quo che il Ministero della difesa – Direzione generale della previdenza militare e della leva, si era costituito contestando, in via pregiudiziale, la giurisdizione della Corte dei conti e, nel merito, chiedendo il rigetto del ricorso.

    Il giudice a quo, all’udienza del 18 novembre 2016, con sentenza parziale n. 109 del 2016, ha rigettato le eccezioni proposte dal Ministero della difesa, affermando la giurisdizione della Corte dei conti, e, dichiarata quindi l’ammissibilità del gravame, ha sollevato, con separata ordinanza, la suddetta questione di legittimità, peraltro prospettata dal ricorrente in via subordinata.

  2. − Osserva il rimettente che il periodo di efficacia del blocco degli effetti economici derivanti dalle progressioni di carriera si è concluso al 31 dicembre 2014. Conseguentemente, a decorrere dal l° gennaio 2015, il personale in servizio ha potuto godere degli emolumenti derivanti dalle progressioni di carriera conseguite nel periodo del blocco.

    Illustrate le disposizioni applicabili alla fattispecie in esame, il rimettente, nell’evidenziare che la questione dedotta in giudizio verte dunque sul quantum del diritto a pensione, assume che la pretesa avanzata nel giudizio principale dal ricorrente di vedersi determinata la pensione sulla base della retribuzione corrispondente al grado di ammiraglio ispettore capo – conseguito il 30 agosto 2012, ovvero in vigenza del blocco del correlato incremento stipendiale disposto dalle norme censurate – non può, tuttavia, essere accolta atteso il contesto normativo vigente.

    Il giudice a quo, al riguardo, deduce che – secondo la giurisprudenza della Corte dei conti – il trattamento stipendiale corrispondente alla progressione di carriera conseguita «ai fini esclusivamente giuridici» nel periodo del blocco, non essendo entrato a far parte della base retributiva e contributiva del ricorrente, non può, in assenza di un’espressa previsione in tal senso, entrare nel calcolo della base pensionabile e nella determinazione del trattamento di quiescenza. Infatti, ai sensi dell’art. 1866 del d.lgs. n. 66 del 2010 e dell’art. 53 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), la base pensionabile si determina con riferimento allo stipendio e agli emolumenti retributivi pensionabili integralmente percepiti in attività di servizio. Anche per effetto delle disposizioni in materia di ampliamento della base contributiva e pensionabile previste dall’art. 2, commi 9, 10 e 11, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), il trattamento di quiescenza va rapportato alla contribuzione versata durante il rapporto lavorativo e, quindi, agli emolumenti percepiti in servizio.

    Il legislatore, tuttavia, introducendo un temporaneo e transeunte blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera, non ha considerato la posizione di coloro che sarebbero cessati dal servizio prima della cessazione della «cristallizzazione economica», trascurando, in tal modo, che gli stessi avrebbero subito una «vanificazione» della conseguita progressione di carriera, con definitiva perdita della retribuzione discendente dalla progressione stessa.

    La mancata previsione della valorizzazione in quiescenza degli emolumenti pensionabili derivanti dalle progressioni di carriera, a far data dalla cessazione del regime di blocco, determina – secondo il giudice rimettente – il contrasto della disciplina censurata con l’art. 3 Cost., sotto il duplice aspetto della contrarietà al principio della ragionevolezza e al principio di uguaglianza.

    Infatti, da una parte tale disciplina si appalesa irragionevole a causa degli effetti definitivi che si producono nei confronti dei soggetti che, cessando dal servizio prima della cessazione del blocco, non possono godere, neanche ai fini pensionistici, degli effetti economici delle conseguite promozioni. Il sacrificio loro imposto, non avendo carattere temporaneo, va oltre la giustificata necessità di risparmi immediati per il contenimento della spesa pubblica e, quindi, va oltre la insindacabile discrezionalità del legislatore, sfociando in una arbitraria, e comunque sproporzionata, compromissione, solo per alcuni, degli interessi colpiti dalla «cristallizzazione» degli adeguamenti retributivi.

    D’altra parte, vi è una disciplina ingiustificatamente differenziata: i dipendenti rimasti in servizio possono godere degli effetti economici della progressione alla data di cessazione del blocco, mentre altri, come il ricorrente, cessati dal servizio per limiti di età nel periodo del blocco, non possono goderne neanche ai fini della determinazione della base pensionabile. Né la diversa età anagrafica o la sopravvenuta cessazione dal servizio dopo il periodo di blocco rappresentano elementi idonei a giustificare il trattamento differenziato a fronte di identiche situazioni giuridiche caratterizzate dalla stessa anzianità di servizio e dall’avvenuto conseguimento della medesima progressione.

  3. − Con atto di intervento depositato in data 13 giugno 2017, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha chiesto di dichiarare infondate le questioni di...

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