N. 295 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 maggio 2009

LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente ordinanza sull'appello n. 1124/07, depositato il 7 agosto 2007, avverso la sentenza 25 gennaio 2006, emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Rovigo. Contro Agenzia entrate Ufficio Rovigo proposto dal ricorrente: Agritalia S.p.A., via del Lavoro n. 1 - 45100 Rovigo, difeso da Toniolo Claudio - Basso Caterina - Contra' XX Settembre, 37 - 36100 Vicenza.

Atti impugnati:

silenzio rifiuto istanza rimb. IRAP 2000;

silenzio rifiuto istanza rimb. IRAP 2001;

silenzio rifiuto istanza rimb. IRAP 2002;

silenzio rifiuto istanza rimb. IRAP 2003;

silenzio rifiuto istanza rimb. IRAP 2004.

Ritenuto in fatto La societa' Agritalia S.p.A. chiedeva, il 2 dicembre 2004, il rimborso dell'IRAP versata negli anni d'imposta dal 2000 al 2004, per un importo complessivo di € 1.490.499, sulla base della asserita incompatibilita' dell'IRAP con la sesta direttiva UE del 17 maggio 1977.

Contro il silenzio rifiuto, formatosi sull'istanza di rimborso, ricorreva alla Commissione tributaria provinciale di Rovigo, sostenendo l'illegittimita' dell'IRAP perche' in contrasto con l'art.

33 della sesta direttiva CEE, n. 77/388/CEE, che vieta agli Stati membri di introdurre qualsiasi imposta che abbia le caratteristiche dell'IVA.

La Commissione tributaria provinciale respingeva il ricorso, con sentenza 25 gennaio 2006 depositata il 27 maggio 2006, e condannava la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in € 6000.

La societa' contribuente proponeva appello a questa Commissione tributaria regionale esclusivamente sul punto delle spese di lite.

Riconosciuto che la sentenza e' nel merito conforme alla pronuncia della Corte di giustizia in causa C-475/03 depositata il 3 ottobre 2006, la societa' contribuente ne lamentava l'ingiustizia relativamente alla soccombenza quanto a spese, diritti ed onorari, contestandone altresi' la quantificazione ritenuta eccessiva.

Asserita, preliminarmente, l'ammissibilita' dell'impugnativa, evidenziava in particolare come, al momento della proposizione del ricorso introduttivo del giudizio, fosse pendente dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunita' europee il procedimento C-475/03 volto a sostenere la illegittimita' dell'IRAP, in quanto imposta calcolata sul valore aggiunto della produzione con caratteristiche analoghe all'IVA.

In vista della possibilita' che la pronuncia del giudice comunitario dichiarasse il contrasto dell'IRAP con una normativa comunitaria, la societa' aveva attivato, in via cautelare per evitare le conseguenze della decadenza conseguente al decorso del termine di 48 mesi dai singoli versamenti, prima una richiesta di rimborso di quanto nel frattempo versato, inviata all'Agenzia delle entrate,

Ufficio di Rovigo; poi, viste anche le conclusioni nel frattempo presentate in sede di giudizio comunitario dall'avvocato generale, un ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Rovigo avverso il silenzio rifiuto dell'Amministrazione finanziaria.

Che si trattasse di questione di grande rilevanza e complessita' risultava anche dalla rimessione della controversia alla Grande sezione della Corte di giustizia; del resto l'incertezza della questione emergeva anche dalla circostanza che l'avvocato generale avesse depositato nel marzo del 2005 le proprie conclusioni favorevoli all'accoglimento delle tesi dell'illegittimita' dell'IRAP.

Inoltre la stessa Agenzia delle entrate aveva riconosciuto espressamente la complessita' della controversia, facendo presente in una sua circolare (la n. 9/E del 14 febbraio 2007) l'opportunita' di giungere a soluzioni transattive dei contenziosi pendenti in materia.

La necessita' di attivarsi in via cautelare, l'assenza di attivita' processuale svolta in attesa della decisione della Corte di giustizia, l'incertezza, la novita', la complessita' della questione, il parere di due avvocati generali che hanno ritenuto l'IRAP in contrasto con la normativa comunitaria, avrebbero, dunque, dovuto, secondo la societa' appellante, indurre la Commissione tributaria di primo grado ad una diversa decisione in ordine alla statuizione sulle spese del giudizio di primo grado, dolendosi, in particolare, del fatto che la sentenza di primo grado avesse liquidato, in favore dell'Amministrazione finanziaria, le spese giudiziali senza distinguere i singoli importi liquidati al titolo di spese, diritti e onorari, come invece sarebbe stato necessario, per di piu' in assenza di deposito della nota spese depositata da parte dell'Amministrazione vittoriosa.

Chiedeva quindi, conclusivamente, la riforma della sentenza impugnata nel senso sopra illustrato.

L'Agenzia delle entrate, costituendosi nel giudizio d'appello, faceva presente innanzitutto di avere a suo tempo ritualmente depositato presso la Commissione provinciale di Rovigo la nota spese.

Contestava, nel merito, la fondatezza delle ragioni dell'appellante, sottolineando come la Commissione provinciale, prima ancora di pronunciarsi nel merito della questione, avesse accolto l'eccezione preliminare sollevato dall'ufficio e quindi respinto il ricorso della Societa', ritenendo che la richiesta di rimborso dell'IRAP dovesse essere compiuta attraverso presentazione di apposita dichiarazione rettificativa di quella originaria, e non tramite presentazione di un'istanza di rimborso.

La soccombenza della societa' ricorrente si era verificata quindi anche indipendentemente dalla valutazione nel merito dei motivi di ricorso.

Faceva ancora presente, poi, che sul merito della controversia i giudici provinciali si fossero pronunciati con ampie e dettagliate argomentazioni, ben prima che sulla questione giungesse la decisione della Corte di giustizia europea.

Pienamente giustificata era, quindi, l'applicazione della previsione dell'art. 15 del d.lgs. n. 546 del 1992, che vuole che la parte soccombente sia condannata a rimborsare le spese del giudizio.

L'Ufficio concludeva chiedendo la conferma della pronuncia di primo grado e l'addebito alla parte appellante anche delle ulteriori spese relative al secondo grado di giudizio.

Con memoria depositata nell'imminenza dell'udienza di discussione, la Societa' appellante ribadiva che nel giudizio di primo grado era stata depositata una nota spese generale, stilata al momento della costituzione in giudizio e, per questo, necessariamente compilata senza tener conto delle specifiche attivita' difensive che sarebbero state svolte nell'ambito della controversia, ma unicamente in base al solo valore di questa.

La Commissione tributaria provinciale aveva, conseguentemente, erroneamente liquidato le spese di lite, riconoscendo diritti ed onorari per attivita' non svolte, come, ad esempio, per memorie illustrative mai depositate e per istanze di pubblica udienza mai avanzate, pur essendo tali attivita' state inserite nella nota spese depositata per la liquidazione.

Cio' confermerebbe, ad avviso dell'appellante, che le note sono state predisposte dall'amministrazione in modo generico e uniforme per tutte le potenziali controversie nella presente materia.

Faceva rilevare che, in base alle reali attivita' poste in essere dall'amministrazione - che era stata in giudizio, tanto in primo quanto in secondo grado, a mezzo dei suoi funzionari senza valersi dell'assistenza e della rappresentanza dell'Avvocatura dello Stato e pur applicando le tariffe professionali nell'importo massimo, la quantificazione degli importi liquidabili sarebbe stata, comunque, differente ed inferiore a quella contenuta nella sentenza appellata.

Quanto all'affermazione secondo la quale il giudice di primo grado aveva rigettato il ricorso accogliendo l'eccezione preliminare dell'ufficio sulle modalita' di presentazione dell'istanza da parte della societa', l'appellante rileva che, se pure il punto non ha formato oggetto di impugnazione per evidente carenza di interesse, l'interpretazione della commissione provinciale e' errata, risultando ormai chiarito che la richiesta di rimborso IRAP non necessita di apposita dichiarazione rettificativa e si deve invece attuare con la presentazione dell'istanza di rimborso ex art. 38 d.P.R. n. 600 del 1973.

Considerato in diritto Preliminarmente alla decisione sul merito della controversia occorre affrontare il punto della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale della norma di legge che, nella specie, dovrebbe essere applicata da questo giudice.

A questa Commissione tributaria regionale non appare, infatti, manifestamente infondata la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 2-bis, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, come modificato con il d.l. 8 agosto 1996, n.

437 (convertito in legge 24 ottobre 1996, n. 556), il quale dispone che 'nella liquidazione delle spese a favore dell'ufficio del Ministero delle finanze, se assistito da funzionari dell'amministrazione, e a favore dell'ente locale, se assistito da propri dipendenti, si applica la tariffa vigente per gli avvocati e procuratori, con la riduzione del venti per cento degli onorari di avvocato ivi previsti', in relazione agli articoli 3, 24 e 111 Cost., sotto i profili che di seguito vengono illustrati.

Sulla rilevanza.

La questione di legittimita' rileva in questo giudizio, riferendosi alla citata disposizione di legge della quale questo giudice e' chiamato a dare applicazione sulla base del contenuto dell'appello e tenuto conto delle eccezioni sollevate dall'amministrazione appellata.

Invero a questo Giudice e' stato richiesto di verificare la legittimita' della sentenza appellata, espressamente contestata dall'appellante, sulla base di uno specifico motivo di appello concernente la congruita' della liquidazione delle spese di lite, da parte del giudice di prime grado, che sarebbe stata asseritamente operata in violazione dei parametri normativi previsti dalla legge.

A tali fini, pertanto, questa Commissione tributaria regionale non puo' che fare riferimento alla previsione...

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