Sentenza nº 169 da Constitutional Court (Italy), 20 Luglio 2018

RelatoreMarta Cartabia
Data di Resoluzione20 Luglio 2018
EmittenteConstitutional Court (Italy)

SENTENZA N. 169

ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Giorgio LATTANZI Presidente

- Aldo CAROSI Giudice

- Marta CARTABIA ”

- Mario Rosario MORELLI ”

- Giancarlo CORAGGIO ”

- Giuliano AMATO ”

- Silvana SCIARRA ”

- Daria de PRETIS ”

- Nicolò ZANON ”

- Franco MODUGNO ”

- Augusto Antonio BARBERA ”

- Giulio PROSPERETTI ”

- Giovanni AMOROSO ”

- Francesco VIGANÒ ”

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sorto a seguito della sentenza della Corte dei conti, sezione II giurisdizionale centrale d’appello, 19 dicembre 2016, n. 1354, della nota della Procura regionale per il Lazio della Corte dei conti 22 marzo 2017, prot. n. 0005627-22/03/2017-PR_LAZ-T61-P, e della sentenza della Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per il Lazio, 25 settembre 2012, n. 894, promosso dal Presidente della Repubblica con ricorso notificato il 31 ottobre 2017, depositato in cancelleria il 14 novembre 2017, iscritto al n. 2 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2017, fase di merito, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2017.

Visto l’atto di intervento di P. D.P.;

udito nell’udienza pubblica del 5 giugno 2018 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi gli avvocati dello Stato Massimo Massella Ducci Teri e Federico Basilica per il Presidente della Repubblica e l’avvocato Francesco Scacchi per P. D.P.

Ritenuto in fatto

  1. – Con ricorso depositato il 20 aprile 2017 e iscritto al n. 2 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2017, il Presidente della Repubblica, rappresentato e difeso dell’Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in riferimento alla sentenza della Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per il Lazio, 25 settembre 2012, n. 894 e alla sentenza della Corte dei conti, sezione II giurisdizionale centrale d’appello, 19 dicembre 2016, n. 1354, quest’ultima trasmessa dalla Procura regionale per il Lazio della Corte dei conti con nota 22 marzo 2017, n. prot. 0005627-22/03/2017-PR_LAZ-T61-P.

  2. – In fatto, il ricorrente premette che, in seguito ad accertamenti effettuati dal Segretariato Generale della Presidenza della Repubblica sulla gestione della tenuta presidenziale di Castelporziano, facente parte della dotazione presidenziale ai sensi dell’art. 84 della Costituzione e della legge 9 agosto 1948, n. 1077 (Determinazione dell’assegno e della dotazione del Presidente della Repubblica e istituzione del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica), sono risultati ammanchi per alcuni milioni di euro per il periodo tra il 2002 e il 2008.

    2.1.– Con nota del 27 marzo 2009 il Segretariato generale ha informato l’autorità giudiziaria, che ha avviato un procedimento penale a carico di alcuni dipendenti della Presidenza della Repubblica, poi conclusosi con l’applicazione della pena su richiesta delle parti al dipendente G. G. (Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Roma, ufficio VII, sentenza 11 aprile 2011, n. 921) e con l’assoluzione, in relazione ai medesimi fatti, dei dipendenti A. D., P. D.P. e L. T. (Tribunale ordinario di Roma, sezione VIII penale, sentenza 23 aprile-3 agosto 2013, n. 8262) .

    La Presidenza della Repubblica ha adito anche il giudice civile, dal quale ha ottenuto la condanna dei dipendenti G. G. e A. D., in solido tra loro, al pagamento di euro 4.631.691,96, nonché di ulteriori euro 100.000,00 a titolo di risarcimento del danno all’immagine (Tribunale ordinario di Roma, sezione II civile, sentenza 4 agosto 2015, n. 16997). Avverso questa sentenza è pendente il giudizio di appello, promosso dalla stessa Presidenza della Repubblica per il mancato accoglimento della domanda contro L. T., già convenuto in primo grado.

    2.2.– In relazione agli stessi fatti e sulla base di notizie giornalistiche, la Procura regionale per il Lazio della Corte dei conti ha poi avviato un’istruttoria. In seguito all’esercizio dell’azione contabile, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per il Lazio, con la citata sentenza n. 894 del 2012, ha condannato G. G. al pagamento di euro 954.222,00 e P. D.P. al pagamento di euro 477.000,00.

    Contro questa sentenza la Presidenza della Repubblica ha proposto ricorso per regolamento di giurisdizione ai sensi degli artt. 41, secondo comma, e 368 cod. proc. civ., che la Corte di cassazione ha poi dichiarato inammissibile (Corte di cassazione, sezioni unite, ordinanza 20 novembre 2013, n. 26035). In quella pronuncia le sezioni unite affermano, tra l’altro, quanto segue: «è interessante ricordare la pronuncia n. 129 del 1981 emessa dalla Corte costituzionale che ha affermato che non spetta alla Corte dei Conti il potere di sottoporre a giudizio contabile i tesorieri della Presidenza della Repubblica (e della Camera e del Senato); con riferimento ai limiti della giurisdizione contabile nel conflitto con organi costituzionali di vertice fra i quali la Presidenza della Repubblica. E ciò perché il fondamento normativo della giurisdizione contabile della Corte dei Conti posto nell’art. 103 Cost., comma 2, non risulta dotato di un’assoluta ed immediata operatività in tutti i casi. La capacità espansiva del T.U. n. 1214 del 1934 – è stato nuovamente rilevato –, incontra, infatti, i limiti dell’idoneità oggettiva delle materie e del rispetto delle norme e dei principi costituzionali (v. anche sent. n. 110 del 1970, sent. n. 102 del 1977). È stato, quindi, mediante il conflitto sollevato davanti alla Corte costituzionale a essere stato risolto quel caso; ciò dimostrando che quello è lo strumento corretto per la denuncia di situazioni costituenti materia di conflitto tra poteri dello Stato. Il Conflitto che sussiste, non solo nei casi in cui si controverte circa la spettanza di una stessa attribuzione, ma anche quando si discuta “circa l’estensione della giurisdizione propria della Corte dei conti, nel rapporto con l’autonomia organizzativa e funzionale rivendicata dai tre organi costituzionali che hanno sollevato il conflitto” (v. Corte cost. n. 129 del 1981 in motiv.)».

    Nelle more, a tutela delle proprie ragioni creditorie, la Presidenza della Repubblica ha provveduto comunque ad adottare, nei confronti dei dipendenti interessati, atti di fermo amministrativo, sequestro, pignoramento e iscrizione di ipoteca.

    La sentenza n. 894 del 2012 è stata appellata da P. D.P. e dal Procuratore Generale. Con la citata sentenza n. 1354 del 2016, la Corte dei conti ha respinto la prima impugnazione e accolto parzialmente la seconda, confermando la propria giurisdizione, condannando il dipendente G. G. (già ritenuto responsabile in primo grado) al pagamento in favore della Presidenza della Repubblica di euro 4.631,691,96 e condannando altresì P. D.P. in solido, ma limitatamente alla somma di euro 550.000,00 (ricompresa nella predetta maggiore somma di euro 4.631.691,96).

  3. – In rito, il ricorrente osserva che con queste sentenze la Corte dei conti si è ritenuta legittimata «ad agire in giudizio nell’interesse del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica», in contrasto con la sentenza di questa Corte n. 129 del 1981 che, sempre ad avviso del ricorrente, avrebbe «escluso la competenza del giudice contabile nei confronti degli organi costituzionali». Poiché la Corte dei conti si è ritenuta legittimata ad agire e a proseguire in questa iniziativa autonomamente avviata, «senza essere stata in proposito compulsata dalla Presidenza della Repubblica», sarebbe stata lesa la sfera di autonomia della stessa Presidenza, in consapevole e dichiarato dissenso rispetto alla giurisprudenza costituzionale.

    3.1.– Il ricorrente ravvisa, perciò, l’esigenza che la Corte costituzionale acclari «il corretto ambito di competenze della Corte dei conti», sottolineando che le attribuzioni presidenziali in questione, poiché discendono da norme costituzionali, non sono disponibili; che rispetto a esse non è configurabile acquiescenza, analogamente a quanto affermato in materia di conflitto tra enti (è citata, in particolare, la sentenza di questa Corte n. 369 del 2010); che a maggior ragione tale affermazione vale nel conflitto tra poteri, caratterizzato dall’assenza di termini decadenziali. Il ricorrente chiede, in particolare, «che venga ritenuta l’interferenza, da parte della Corte dei Conti, nella sfera delle competenze dell’Organo costituzionalmente garantite, con annullamento degli atti lesivi della attribuzione della Presidenza della Repubblica (della sentenza in epigrafe indicata, di quella di primo grado, nonché di tutti gli atti preordinati o comunque collegati)».

    3.2.– Il ricorso sarebbe ammissibile dal punto di vista soggettivo, pacifica essendo la legittimazione del Presidente della Repubblica a sollevare conflitto tra poteri.

    3.3.– Il ricorso sarebbe ammissibile anche dal punto di vista oggettivo, perché non sarebbe censurato un mero error in iudicando, circostanza che trasformerebbe il conflitto in inammissibile impugnazione di decisioni giudiziarie. Si chiede invece una delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali, a seguito della menomazione causata alla Presidenza della Repubblica in particolare dalla sentenza d’appello della Corte dei conti. Del resto, conflitti tra poteri aventi a oggetto atti giurisdizionali e anche sentenze definitive sarebbero certamente sempre ammissibili, non essendo previsto alcun termine di decadenza per la proposizione del ricorso.

    3.4.– In conclusione, il ricorrente ribadisce la propria richiesta a questa...

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